L’analisi chimica e l’osservazione al microscopio di due monete romane – che erano ritenute false perché riportano il nome sconosciuto di Sponsianus, che apparive nelle monete stesse come imperatore – ha portato gli studiosi, in queste settimane, a concludere che esse circolarono a lungo e restarono, poi, per secoli sotto terra. Non sono quindi falsi prodotti da qualche orafo settecentesco, secondo tecnica e iconografia dell’impero romano, con un nome inventato.
Quindi: poichè le monete sono autentiche, reale ed autentico doveva essere il personaggio che le fece coniare. Un’imperatore romano in più? Un usurpatore? E perchè il suo nome appare solo sugli aurei e non è riscontrabile su alcun documento o epigrafe?
Sponsiano, che si pensa sia vissuto attorno al 240-260 d.C. circa, fu probabilmente un ribelle che si proclamò imperatore in Dacia, negli anni dell’imperatore romano Filippo l’Arabo o di Gordiano III. La Dacia era una regione romana che corrisponde, più o meno, all’attuale Romania.
L’esistenza reale di Sponsianum si basa, ora, appunto – in mancanza di testimonianze storiche – su queste due monete che furono recuperate in Transilvania nel 1713 e che nel 1863 furono giudicate rozzi falsi moderni dal numismatico Henry Cohen della Biblioteca nazionale di Francia. Indagini chimiche e osservazioni al microscopio condotte quest’anno hanno invece dimostrato che Cohen aveva sbagliato. La prima moneta indagata è conservata all’Hunterian Museum dell’Università di Glasgow dal 1783, anno in cui fu donata all’istituzione da un collezionista. Le ricerche sono partite dalla revisione di questo pezzo. Gli studiosi, avendo avuto, in questi mesi, più evidenze scientifiche sull’autenticità della moneta conservata in Gran Bretagna si sono messi in contatto con il Museo Nazionale Brukenthal di Sibiu, in Romania, dove è esposto un secondo esemplare. Anch’esso sottoposto a test scientifici, ha dato gli stessi risultati.
Ora gli storici stanno cercando di ipotizzare chi fosse realmente Sponsiuanus. Forse un militare che cercò di ribellarsi all’imperatore. Forse – al contrario – un fedele servitore dello Stato che non avendo più notizie da Roma durante un periodo di turbolenze e di epidemie, tagliato fuori da contatti con l’Italia, avocò a sé ogni potere per resistere e proteggere la popolazione militare e civile della Dacia, provincia che fu poi definitivamente abbandonata dai romani tra il 271 e 275.