Resti del pregiato Falerno campano dei legionari romani trovati in Germania in una torre di guardia

Nella fossa trovati anche i resti di un cinghiale. Una cena con carne suina e il miglior vino per gli italici di stanza in un appostamento strategico. Identificati i timbri del vasaio. I reperti risalgono all'epoca di Augusto

Gli archeologi tedeschi hanno sorprendentemente scoperto, in queste ore, frammenti di anfore di epoca romana di 2000 anni fa nel centro di Paderborn. I resti delle anfore portano ad identificare la presenza di prezioso Falerno. L’ottimo vino era prodotto nella Campania antica settentrionale, nell’ager Falernus, corrispondente alla stessa zona in provincia di Caserta degli attuali comuni di Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Sessa Aurunca e Cellole dove oggi si produce il Falerno del Massico DOC.

Finora a Paderborn sono stati trovati solo pochi riferimenti al periodo romano, probabilmente bottino o merce di scambio dei romani con le popolazioni tedesche. I cocci delle quattro anfore, invece, potrebbero indicare – secondo gli esperti dell’Associazione Regionale di Vestfalia-Lippe (LWL) – un posto privilegiato di controllo del territorio da parte dei legionari romani nella città tedesca. Forse una torre romana, dotata di una fonte e di un magazzino. E delimitata da corsi d’acqua. Paderborn è una città di circa 150mila abitanti nella Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania.

Il team di scavo mentre recupera i fragili resti scheletrici del cinghiale e un piede di anfora.
Foto: EggensteinExca/Granzin

L’ingresso del parcheggio di 550 metri quadrati su Neuhäuserstraße/Paderstraße, dove il campus educativo del St. Johannisstift sarà presto ampliato, è stato esaminato archeologicamente da una società specializzata, coadiuvata dalla LWL. Il team, prima di arrivare al livello romano, ha scoperto per la prima volta le tracce dell’Alto Medioevo (VII e VIII secolo) e le fondamenta di un ospedale militare prussiano. Il clou del pavimento è stato rivelato solo alla fine dei lavori: frammenti di anfore vinarie indicano che un italico corpo di guardia avrebbe potuto sostare qui 2000 anni fa.

Il fatto che Paderborn abbia attratto personaggi famosi già nell’alto medioevo è risaputo: “Le tracce dell’imperatore Carlo Magno e di famosi vescovi e costruttori come Meinwerk modellano il nostro lavoro quotidiano tanto quanto i resti degli oggetti di lusso che hanno portato in città”, afferma Sveva Gai, archeologo cittadino di Paderborn. “Ma nessuno si aspettava i frammenti delle anfore vinarie romane che risalgono al tempo dell’imperatore Augusto” afferma la studiosa.

Nel laboratorio di restauro del LWL si esaminano più da vicino i frammenti delle anfore.
Foto: LWL/Michalski

Vino romano di altissima qualità e uno scheletro di cinghiale

Poiché nelle immediate vicinanze della scuola Johannisstift è nota la presenza di evidenze archeologiche, sono state necessarie indagini prima di affrontare gli interventi di ampliamento dell’istituto. Lo scavo ha dischiuso la porta al Medioevo e rivelato anche i resti di un ospedale militare del XIX secolo che fu bombardato durante la seconda guerra mondiale.

“L’ultimo giorno degli scavi ci attendeva una sorpresa speciale”, afferma il responsabile degli scavi Robert üße dell’azienda specializzata in archeologia EggensteinExca GmbH, che sta eseguendo i lavori.

“In una fossa poco appariscente profonda circa 1,6 metri, siamo stati in grado di recuperare un accumulo di carbone e cenere a forma di trogolo su cui sono stati posti i resti scheletrici di un cinghiale”. Queste sono le ossa delle zampe, dei fianchi e della dentatura, così come il canino dell’animale. Anche il bordo settentrionale di questa fossa era punteggiato da pali di legno carbonizzati a intervalli irregolari. “Li interpretiamo come i resti di un’installazione in legno che avrebbe dovuto sostenere il muro della fossa. Conosciamo questo tipo di stabilizzazione presente nei semplici pozzi di raccolta”, aggiunge Suess.

Non appena sono stati portati alla luce i grossi frammenti di quattro anfore romane, Sveva Gai ha portato, in loco, la sua collega, esperta di civiltà romana, Bettina Tremmel. “Tali anfore da trasporto non sono state, in precedenza, mai trovate a Paderborn. Ecco perché non sapevamo come datare esattamente i reperti in ceramica”, afferma il capo degli scavi Sues.

Come è entrato nella fossa il vino Falerno?

La dottoressa Bettina Tremmel,, archeologa provinciale della LWL, specializzata in archeologia e storia romana, mostra il timbro del vasaio.
Foto: LWL/Jaker

Tremmel è l’esperta che studia la presenza dei romani in Vestfalia e si dedica principalmente alla ricerca dei loro siti militari lungo il Lippe. Dopo aver esaminato i frammenti per la prima volta, tutto le è risultato chiaro: “I reperti comparativi, così come li conosciamo dagli accampamenti romani di Haltern am See o di Bergkamen-Oberaden, mostrano che i resti delle anfore di Paderborn sono parti di speciali contenitori di trasporto del vino. In essi veniva importato il Falerno di prima classe dall’Italia centro-meridionale. Più di 2000 anni fa, il vino pregiato non si beveva solo negli accampamenti romani sulle Lippe, ma anche a Paderborn”.

Grazie alla forma, al colore, al disegno e al timbro figurativo del vasaio su una base di anfora, l’esperto può fare questa affermazione con certezza. Il vino veniva dall’Italia, al seguito dei legionari.
“Non ci sono prove della presenza di una base militare romana a Paderborn. A soli undici chilometri di distanza c’era, però, il campo dei legionari romani di stanza a Delbrück-Anreppen”, dice Gai, l’archeologo della città.

“Al contrario, una presunta fontana e i resti dell’anfora indicano chiaramente che era usata dai legionari romani – forse come posto di guardia”, dice Tremmel. Ciò è supportato dalla posizione centrale del sito di ritrovamento, collocato su un rilievo alto quattro metri rispetto al piano di campagna e delimitato a nord e ad est dal Pader e dalle sue sorgenti e ad ovest dal Rimbeke. “L’area della collina non era abbastanza grande per un accampamento romano. Questo è probabilmente il motivo per cui qui c’era solo una torre di guardia romana, che avrebbe potuto anche servire da piccolo deposito di rifornimenti”, ipotizza Tremmel.

Gli archeologi valuteranno ora i risultati degli scavi e cercheranno di rispondere alle numerose domande scaturite nel corso dell’indagine preventiva dell’area.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz