A Sceaux-du-Gâtinais, prima della costruzione del futuro Museo Segeta, da parte della Comunità dei Comuni delle 4 valli, un team congiunto del Dipartimento del Loiret e dell’Inrap ha esplorato, in queste settimane, parte dell’antico agglomerato situato intorno al santuario delle Aquae Segetae, il santuario delle acque dedicato alla dea Segeta. Lo annuncia l’Inrap stesso, l’istituto nazionale francese per le ricerche archeologiche preventive.
Aquae Segetae (nota Aquis Segeste sulla tavola di Peutinger) è un’antica città termale e santuario per i culti primaverili dell’Alto Impero Romano sviluppatosi da un preesistente luogo di culto gallico. I resti dell’insieme formano oggi un sito archeologico situato a Sceaux-du-Gâtinais nel dipartimento del Loiret e nella regione Centre-Val de Loire. La sorgente termale, come dicevamo, era dedicata alla dea Segeta, dea della Loira e dea del popolo segusiavo, probabilmente divinità alla quale venivano attribuite anche funzioni terapeutiche per la sua associazione con le acque termali.
Aquis Segeste comprende il classico insieme di luoghi di culto e cultura gallo-romani incentrati su una sorgente: un santuario che ospita una sorgente sacra, bagni termali e un teatro. Questo sito particolarmente sviluppato comprende anche un isolato urbano, botteghe artigiane, una necropoli e un’area di culto e funeraria. Il tutto si sviluppa su 25 ettari, di cui 15 ettari di superficie urbanizzata.
“Questa era una delle cinquantadue città d’acqua dell’Impero Romano, che compare sulla Tavola di Peutinger (antica mappa del XII secolo, trascrizione medievale di un antico documento). – dicono gli archeologi dell’Inrap – Le indagini sul campo confermano alcune ipotesi dello studio con georadar effettuato antecedentemente all’apertura del cantiere e hanno confermato la presenza di alcuni elementi legati al santuario, all’edificio della rappresentazione, ad almeno due templi successivi e al peribolo – il recinto, ndr – dello spazio sacro, nonché come isole di habitat organizzati secondo strade regolari e perpendicolari. Futuri studi forniranno una conoscenza più precisa delle attività degli abitanti: artigianato dei metalli, botteghe alimentari, ecc”.
Ciò che colpisce è il numero elevato di cantine a servizio di ogni edificio abitativo. L’ipotesi è che qui venissero stoccati i prodotti che poi venivano immessi sul mercato attorno al santuario, alle terme e al teatro. E’ chiaro che, specie in certi periodi dell’anno, i pellegrini fossero molto numerosi. Per questo la città doveva essere molto organizzata sotto il profilo dell’accoglienza.
“In ogni abitazione sono state rinvenute una o più cantine, di diverse dimensioni e modalità costruttive – spiegano gli archeologi dell’Inrap – L’accesso avviene tramite una scala in pietra, posta su un lato o su un angolo dell’edificio. Le finestre -alcune delle quali realizzate come “bocche di lupo”, ndr- forniscono luce e ventilazione e alcune nicchie sono decorate con archi in pietra e mattoni. Queste cantine sono adibite alla conservazione di derrate alimentari e valori personali, come testimoniato dalla loro chiusura attraverso una porta nella parte inferiore. La maggior parte è stata ripulita prima di essere abbandonata, quindi spesso non rimane nulla degli oggetti che ospitavano. Tuttavia, in una delle cantine, brutalmente distrutte da un incendio, sono state rinvenute anfore bruciate, a conferma della loro funzione di deposito”.
“Le case trovate durante lo scavo di queste settimane furono costruite in parte con muratura in pietra, in altre parti con un insieme di legname e terra. – spiegano gli studiosi dell’Inrap – Le pareti sono talvolta decorate con intonaco cromaticamente uniforme o dipinte con motivi vegetali o geometrici a bande rosse. Le prime osservazioni rivelano tracce di incendio nella contrada, probabilmente nel II sec .In ogni abitazione sono state rinvenute una o più cantine, di diverse dimensioni e modalità costruttive, l’accesso avviene tramite una scala in pietra, posta su un lato o su un angolo. Le finestre forniscono luce e ventilazione e alcune nicchie sono decorate con archi in pietra e mattoni. Queste cantine sono adibite alla conservazione di derrate alimentari e valori personali, come testimoniato dalla loro chiusura da una porta nella parte inferiore. La maggior parte è stata ripulita prima di essere abbandonata, quindi spesso non rimane nulla degli oggetti che ospitavano. Tuttavia, in una delle cantine, brutalmente distrutte da un incendio, sono state rinvenute anfore bruciate, a conferma della loro funzione di deposito”.