“Oggi insieme all’Assessore alla Cultura, Pari Opportunità, Politiche Giovanili e della Famiglia, Servizio Civile della Regione Lazio Simona Baldassarre, abbiamo assistito all’apertura di una antica tomba etrusca inviolata presso la Necropoli dell’Osteria a Vulci”. ha annunciato ora il Comune di Montalto di Castro dal Parco Archeologico di Vulci. La tomba era sigillata. All’interno numerose ceramiche preziose che saranno scavate e recuperate nelle prossime ore.
Una giornata di cultura e storia che l’assessore Simona Baldassarre (nella sequenza fotografica, qui sopra) ha commentato con entusiasmo: «La Maremma laziale e l’Etruria meridionale sono un territorio ricchissimo di arte e cultura a forte vocazione turistica che la regione intende valorizzare sempre di più – ha detto – anche attraverso il finanziamento dei lavori di scavo, consapevoli che si tratti di aree che possono e devono attirare sempre più un turismo di qualità».
Insieme al sindaco Emanuela Socciarelli erano presenti l’assessore Simona Atti e il sindaco di Canino Giuseppe Cesetti.
La campagna di scavo di Fondazione Vulci è condotta dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale.
La necropoli dell’Osteria, che si trova a nord rispetto all’area archeologica di Vulci, è stata indagata nel XIX secolo, e dei suoi sepolcri più noti, la Tomba del Sole e della Luna e la Tomba Campanari, non rimangono che le descrizioni fatte all’epoca, oltre che la copia degli affreschi della Tomba Campanari, esposta al Museo archeologico nazionale di Firenze. L’uso funerario dell’area inizia con il Bronzo finale, indicato da materiali raccolti in superficie; materiali villanoviani sono documentati, su punti diversi della necropoli, sia da scavi che da ricognizioni. I sepolcri di questa necropoli erano per la maggior parte del tipo a camera. Gli scavi degli ultimi mesi stanno restituendo numerose altre sorprese.
Nei primi giorni di aprile 2023 era stata aperta, sempre qui, una sepoltura sepoltura analoga, del VI secolo, costituita da una piccola camera nella quale c’è un banco di pietra per ospitare le ceneri della defunta e una base sulla quale sono furono depositati i corredi e il braciere nel quale c’erano ancora i carboni e uno spiedo nel quale, ai tempi dell’ultima offerta, dovevano essere infilzati pezzi di carne. Il ritrovamento composto dei resti di un pranzo rituale è un fatto piuttosto raro.
Tra il corredo della tomba femminile era stato trovato, questa primavera, una fuseruola elegante, strumento usato per la filatura, oggetto che ha consentito di comprendere che il contesto è quello di una tomba femminile. La classe sociale della defunta era stata stata stabilita grazie alla sontuosità del materiale ceramico, posto alla base del banco di arenaria, sul quale è collocato il vaso delle ceneri.
Vulci, conosciuta nell’antichità come Velch o Velx in etrusco, è un’antica città etrusca situata nella tra Canino e Montalto di Castro, nella provincia di Viterbo, nella Maremma laziale. Si trovava su un altopiano di circa 120 ettari e era attraversata dal fiume Fiora, a poco più di dieci chilometri dalla costa del mar Tirreno. Questa città era una delle più importanti città-stato dell’Etruria, caratterizzata da un notevole sviluppo marittimo e commerciale ed era probabilmente parte della Dodecapoli etrusca.
I primi reperti archeologici risalgono a un periodo compreso tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro, indicando un progressivo spostamento delle popolazioni umane dalla valle del Fiora, più lontano dalla costa. Questo suggerisce una diminuzione delle esigenze difensive degli insediamenti umani in questa parte dell’Etruria.
L’età del Ferro testimonia la presenza umana attraverso tombe a pozzo e a fossa, tra cui spiccano i sepolcri dell’Osteria, del Mandrione di Cavalupo, di Ponte Rotto e della Poledra. Questi sepolcri erano originariamente associati a quattro diversi nuclei abitati che in seguito si unirono per formare l’unico insediamento di Vulci.
La presenza di ricche risorse metalliche nelle Colline Metallifere e lungo la valle del Fiora favorì lo sviluppo di artigianato locale e scambi commerciali, inclusi quelli con la Sardegna. La Tomba dei Bronzi Sardi, scoperta nel 1958 nella necropoli di Cavalupo, datata tra l’850 e l’800 a.C., è un importante testimonianza di contatto tra gli Etruschi e i Sardi. Questa tomba conteneva una straordinaria statua in bronzo di un guerriero, ora esposta nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, e numerose fibule villanoviane che sono state trovate anche in Sardegna, evidenziando gli scambi commerciali. I commerci si estesero anche verso le colonie greche in Italia, come dimostrato dai reperti di origine cumana trovati nella regione.
Vulci continuò a prosperare nel campo della ceramica e della lavorazione della pietra fino al IV secolo a.C. Contribuì significativamente al commercio con i mercanti greci importando ceramiche corinzie, ioniche e attiche. A causa di queste attività commerciali, Vulci guidò più volte la Lega delle città etrusche contro Roma.
Tuttavia, nel 280 a.C., la città subì una sconfitta per mano dell’esercito romano comandato dal console Tiberio Coruncanio. Questa sconfitta portò alla perdita di gran parte del suo territorio, che fu assegnato a Cosa e Forum Aurelii, l’attuale Montalto di Castro. Da quel momento iniziò il declino della città etrusca, che comunque ottenne lo status di municipio romano nel I secolo a.C. e divenne una sede vescovile nel IV secolo. Alla fine, Vulci fu definitivamente abbandonata a favore di Montalto di Castro nell’VIII secolo.