Una missione archeologica anfibia si è svolta sul lato nord-occidentale della baia di Ampelaki, rivelando importanti scoperte relative alla città classica di Salamina. Nel corso degli ultimi anni, questa baia è stata oggetto di una sistematica esplorazione dei resti sommersi di Salamina, tra cui spicca un porticato che si affacciava su una piazza. La scoperta è stata annunciata nelle ore scorse dal Ministero della Cultura greco. Questo luogo è nei pressi del punto in cui avvennero gli scontri armati della battaglia di Salamina (480 a.C.).
Il fulcro di questa recente esplorazione è stato un grande edificio pubblico, parzialmente sommerso, situato nell’angolo nord-ovest dell’attuale Ormos, un’area delimitata dalla diga marittima a sud ed est. Questa area era già stata oggetto di documentazione in anni precedenti, ma l’indagine ha portato a ulteriori scoperte significative.
Lo scavo di questo edificio è stata condotta utilizzando una tecnica di scavo “anfibio”, che combina metodologie sia terrestri che subacquee. Per drenare l’area di scavo, è stata installata una diga e utilizzate due pompe idrauliche, consentendo così il completo esame di una superficie marina di 60 metri quadrati.
L’edificio in questione, che ha una larghezza fissa di 6 metri e una lunghezza di 32 metri, mostra una notevole continuità architettonica nella sua porzione settentrionale lungo il litorale, mentre nella sua estremità meridionale presenta una proiezione quadrata. Dalle dimensioni, dalla forma e dalla disposizione degli spazi interni, così come da altri dettagli architettonici, è stato identificato come una stoà. La stoà, di origine greca antica e derivante dal verbo ἵστημι, che significa “collocare”, è una caratteristica struttura architettonica che consiste in passaggi coperti o portici destinati all’uso pubblico. Questi elementi sono situati all’interno di un edificio rettangolare allungato, caratterizzato da un lato lungo aperto e affiancato da colonne. Questa parte solitamente si affaccia su una piazza o una strada, mentre l’altro lato è chiuso da un muro. La copertura può variare da spioventi a terrazze, e l’edificio stesso può avere una parte superiore che ripete il modello del piano inferiore.
All’interno di questo edificio, sono stati individuati almeno 6-7 ambienti, con particolare attenzione ad uno di essi, che misura 4,7 x 4,7 metri e presenta un ampio pozzo di deposito situato nell’angolo nord-ovest. Le sue solide mura, spesse circa 0,60 metri, sono composte da grandi blocchi di pietra squadrata, dei quali oggi rimangono solo uno o due strati di pietre. Tuttavia, lungo il lato occidentale e le murature trasversali si appoggiano su una fondazione ben costruita.
I resti archeologici in questa zona sono stati in gran parte spogliati del loro materiale da costruzione, poiché questa zona è stata utilizzata per il recupero di materiale edilizio fino alla fine del XIX secolo.
L’indagine della stoà ha portato alla luce un tesoro di reperti mobili, tra cui una vasta quantità di ceramica di varie epoche. Questa ceramica include frammenti di vasi di vario tipo e ceramiche risalenti all’epoca classica-ellenistica. Di particolare importanza sono i vasi colorati e conchiglie ateniesi risalenti al periodo tardo classico (IV secolo a.C.).
Tra i reperti marmorei, due meritano particolare attenzione. Uno di essi è un frammento di colonna con una parte di iscrizione, mentre l’altro è la parte superiore di un’altra stele con una rappresentazione in rilievo che sembra raffigurare un eroe incoronante un uomo barbuto. Questi ritrovamenti sono datati al IV secolo a.C. e si collegano direttamente a una rappresentazione simile su una stele nel Museo Archeologico di Salamina, con l’eroe come figura principale nella celebre festa adolescenziale di Aianteia.
L’identificazione della stoà è di notevole importanza per lo studio della topografia e dell’organizzazione abitativa dell’antica città di Salamina. Si ritiene che questa struttura costituisse il confine orientale dell’area dell’Agorà della città durante l’epoca classico-ellenistica, invece che essere direttamente associata al porto. La sua esistenza era stata menzionata dal viaggiatore Pausania nel II secolo d.C., e l’area in cui è stata scoperta era stata già proposta come ubicazione dell’Agorà da W. Kendrick Pritchett nel 1959, basandosi su osservazioni precedenti di A. Milchhöfer e altri ricercatori.
Le ricerche sottomarine sulla sponda orientale di Salamina si sono svolte in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Archeologiche Marine (I. EN.A.E.) e l’Eforato delle Antichità Marine (E.E.A.) del Ministero delle Antichità Marine, sotto la direzione di Angeliki G. Simosi, Responsabile dell’E.F.A. del Pireo e delle Isole, e di Giannos G. Lolos, Professore Emerito di Archeologia Preistorica presso l’Università di Ioannina e membro del Consiglio di Amministrazione. dell’I.EN.A.E., con la Dott.ssa Christina Marabea come principale collaboratrice, come responsabile del campo e della documentazione, e con la partecipazione di archeologi, altri esperti e tecnici. Si tratta della prima ricerca subacquea interdisciplinare, condotta in modo intensivo (dal 2016) da agenzie greche, nelle aree dello storico Stretto, nell’area marina di Ampelaki-Kynosoura.