Askos di bronzo per vini trovato, durante gli scavi in corso, nella casa servile di 2000 anni fa presso Pompei. Vino e abitudini di mescita

Il contenitore ricorda vagamente la forma di un'anatra ed è dotato di un manico leggiadro ed ergonomico che consentiva di dosare perfettamente la mescita di vino. Le abitudini nella consumazione della bevanda. Il taglio con il miele. L'aggiunta di spezie. L'acqua fresca e l'aceto
Il contenitore appare sotto i detriti. A destra l’askos recuperato @ Parco archeologico di Pompei

di Redazione
Stile arte è un giornale di arte, cultura e archeologia, fondato nel 1995 e diretto da Bernardelli Curuz.

Un vaso antico (un Askos bronzeo a ventre allungato) originariamente utilizzato per mescere mescere vino, è stato rinvenuto nel corso degli scavi in corso presso la Villa suburbana di Civita Giuliana, sul pavimento di una stanza del primo piano del quartiere servile. Lo annuncia il Parco archeologico di Pompei.
Non siamo, probabilmente, in un’area per schiavi, ma in un punto in cui abitavano i capi della servitù che lavorava nella villa.

Di grande interesse, questo oggetto bronzeo, che, insieme ad altri indizi, lascerebbe intendere diversi livelli sociali nelle categorie servili romane. Gli appartamenti in fase di scavo erano occupati da addetti alla villa che vivevano, diremmo oggi, in una situazione piccolo borghese.

Il contenitore rinvenuto qui ricorda vagamente la forma di un’anatra ed è dotato di un manico leggiadro ed ergonomico che consentiva di dosare perfettamente la mescita di vino.

In alto la freccia indica un contenitore ceramico, in basso l’askos bronzeo @ Parco archeologico di Pompei

La civiltà romana è stata notoriamente ricca di tradizioni e stili di vita sofisticati, e il consumo del vino occupava un ruolo centrale nella società. La bevanda era considerata parte integrante del tessuto sociale, utilizzata in vari contesti e celebrata durante eventi importanti.


Viticoltura e produzione
I Romani erano maestri nella coltivazione della vite e nella produzione del vino. Le regioni come la Campania, la Sicilia e la Gallia erano famose per la qualità delle loro uve.

Varietà di vini
I Romani producevano e consumavano una vasta gamma di vini. Il “posca” era una bevanda popolare tra i soldati romani, una miscela di vino diluito con acqua e una punta di aceto. Possiamo immaginare che fosse qualcosa di simile a un lambrusco secco all’ennesima potenza. Una punta asprigna, con acqua fresca, rendeva la miscela molto dissetante.

Il “mulsum” era. invece, un vino aromatizzato con miele, spesso servito durante i banchetti e che risultava gradevole perchè possiamo immaginare – ricordando i nostri vini del contadino, prodotti fino a qualche decennio fa – che molti vini romani dovevano essere molto tannici e corposi, con un fondo denso e amarognolo.

Il “conditum” era un vino speziato arricchito con miele, pepe e altre spezie., qualcosa che poteva aver un sapore che si colloca a metà tra la sangria e il vin brulé

Cerimonie e banchetti
Il vino era centrale durante i banchetti romani, noti come “convivia”. Questi eventi erano caratterizzati da abbondanza di cibo e vino, con gli ospiti sdraiati sui triclini a godere della compagnia e dei piaceri della tavola. Il padrone di casa svolgeva spesso il ruolo di “symposiarch,” responsabile di mescere e diluire il vino.

Utensili e pratiche di consumo
I Romani utilizzavano una varietà di utensili per bere il vino. Le coppe, come le celebri “calix” o “scyphus,” erano spesso elaborate e variamente decorate. L’aggiunta di acqua al vino era una pratica comune, non solo per ridurre la gradazione alcolica, ma anche per permettere una lunga e piacevole consumazione.

Simbolismo e cultura
Il vino non era solo una bevanda, ma portava anche un significato simbolico nella cultura romana. Era associato a Dionisio/Bacco, dio del vino, e svolgeva un ruolo centrale nei riti religiosi. La bevanda rifletteva il lusso, la prosperità e l’arte di vivere dei Romani.

Mescere e mescita: cosa significano
Sino a quele anno fa, in Italia, permaneva l’espressione arcaica “mescere il vino” inteso come l’atto di versare il vino nel bicchiere. Si parlava anche di “mescita di vino” per indicare un locale, in cui veniva servita questa bevanda, con alcuni “stuzzichini” come pezzi di formaggio molto forti e perchè stagionati e quasi avariati. Mescita deriva dal verbo “mescere” che a sua volta trae origine dal latino “miscere”, che non significa tanto versare quanto, evidentemente, “mescolare”. Il significato di “mescere il vino” è legato all’antica pratica romana di mescolare il vino con acqua prima di berlo. Questa usanza aveva lo scopo di diluire il vino, rendendolo meno denso e più adatto al consumo durante i pasti e i banchetti.

La miscelazione del vino con l’acqua aveva diversi scopi, tra cui:

Riduzione della gradazione alcolica: la diluizione del vino con acqua riduceva la quantità di alcol per dose, permettendo una consumazione prolungata, senza eccessivi effetti inebrianti. Questo era particolarmente importante durante i banchetti romani, dove la convivialità durava a lungo. L’acqua, dove fosse possibile, veniva prelevata da fonti fresche. E pertanto essa aveva, specie nelle stagioni più calde, la funzione di trasformare il vino miscelato in una bibita abbastanza fresca e dissetante.

Adattamento ai pasti: il vino miscelato era considerato più adatto all’accompagnamento dei pasti. La pratica rispondeva alla concezione romana di un pasto equilibrato e armonico, in cui il vino non doveva essere troppo pesante. I vini troppo tannici possono peraltro, in alcuni soggetti, rendere difficoltosa la digestione.

Segno di raffinatezza: mescere il vino era considerato un gesto raffinato e di buon gusto. Mostrava l’attenzione del padrone di casa per il comfort dei suoi ospiti ed era un segno di ospitalità. Possiamo anche immaginare che ogni padrone di casa offrisse una propria versione del vino e che ogni famiglia mettesse a punto una propria ricetta.

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