Scoperta di rilievo, grazie alla segnalazione di un cittadino, in Friuli Venezia Giulia. Sono stati trovati e recuperati un altare funerario romano scolpito, un’urna, basamenti in marmo e un volto scolpito nel calcare. Nel Comune di San Vito al Torre, nel greto del fiume omonimo, si sono svolte le operazioni di recupero di un importante manufatto antico, un monumento a carattere funerario di epoca romana, sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo dott.ssa Serena Di Tonto della Soprintendenza ABAP FVG, alla presenza dei Carabinieri del NTPC, esponenti delle Forze dell’Ordine locali e del Commissario straordinario del Comune di San Vito al Torre. Ne ha dato notizia nelle ore scorse la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio – Friuli Venezia Giulia. Il ritrovamento del monumento e le successive operazioni di recupero sono state tenute riservate fino a ieri per la necessità di svolgere in sicurezza altre indagini nell’area circostante.
San Vito al Torre (San Vît de Tôr in friulano) è un Comune di 1197 abitanti, in provincia di Udine. Nell’epoca romana era un praedium – cioè un fondo – dipendente da Aquileia, città a circa 18 chilometri di distanza. Il defunto apparteneva a una famiglia, quella degli Apinius, che era parte dell’élite di quella città. Lo studio del materiale è evidentemente in corso, ma si può supporre che il ricco cittadino romano avesse qui, non distante, una villa. La scoperta potrebbe pertanto presagire a nuovi importanti ritrovamenti. Questi monumenti venivano spesso collocati in un punto di affaccio della proprietà su una strada di una certa importanza.
Gli appartenenti alla famiglia Apinia espressero pubblici amministratori – curatores rei publicae – di cui l’esempio più tardo è, per quanto concerne quest’area, quell’ Apinius Programmatius, curator rei publicae luliensium Karnorunm che si sarebbe occupato del rifacimento di un tratto dell’antica via per il Norico (Aquileia – Aguntum), grazie alla munificentia degli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano (373 d.C.).
Le operazioni di recupero dell’ara, che sono durate un’intera giornata, sono state rese possibili grazie al supporto logistico della Protezione Civile regionale e all’aiuto fornito dalla ditta Natison Scavi di San Giovanni al Natisone, che ha messo a disposizione un mezzo pesante che consentisse il sollevamento e il trasporto del reperto.
“Il recupero – spiega la Soprintendenza – è stato particolarmente articolato a causa delle dimensioni e del peso dell’ara funeraria, pari a 6,26 tonnellate. Dopo i primi scavi, realizzati per liberare il manufatto dalle ghiaie, per determinarne le esatte dimensioni e lo stato di conservazione e chiarire se fossero presenti altri reperti o stratigrafie archeologiche ancora conservate, si è proceduto a scavare nella zona antistante per creare un’area sufficiente a raddrizzarlo e a posizionare le imbragature di tela e lo si è quindi avvolto nel tessuto non tessuto per prepararlo al trasporto”.
“Il monumento in calcare – spiega l’ente di tutela – quasi completamente sommerso dalle ghiaie del letto del Torre, era stato fortuitamente individuato da un passante, Ervino Silvestri, che ha prontamente allertato le autorità di competenza. Grazie alla sua segnalazione è stato possibile attivare una importante sinergia fra le istituzioni, che ha consentito in poco tempo di organizzare la messa in luce dell’opera in piena sicurezza e il suo trasporto in un luogo di ricovero temporaneo, dove potrà essere pulita e restaurata, nell’ottica di una possibile esposizione futura. Sono in atto accordi con il Comune di San Vito per individuare, nel comune stesso, un luogo idoneo alla sua conservazione”.
L’ara funeraria è quasi integra, a eccezione dell’angolo in alto a destra, rotto presumibilmente in antico, ed è ora in fase di studio scientifico.
È composta da una parte frontale che presenta un’iscrizione, riferibile alla gens Apinia, posta all’interno di una cornice modanata, e da due lati, uno dei quali integro, che riportano una decorazione con Eroti alati con in mano rispettivamente una fiaccola rovesciata e un fiore di papavero, simboli del sonno eterno. Il lato posteriore è solo sbozzato e parzialmente rovinato e sfaldato, probabilmente a causa della giacitura nell’acqua per un lungo periodo.
Una prima veloce lettura dell’iscrizione, che sarà analizzata più approfonditamente nei giorni a seguire, e la tipologia della decorazione permettono di ipotizzare una datazione all’epoca alto-imperiale.
Nell’area, oltre al monumento, sono stati individuati anche un’urna funeraria in pietra senza coperchio, due basi in calcare, alcuni mattoni e pezzi di tegole e un volto maschile in calcare.