Non è una tomba. Gli archeologi cercano di capire la funzione di questa struttura romana. Cos’era?

Una singolare struttura romana in fase di definizione è oggetto di studio da parte degli archeologi francesi, dopo lo scavo in rue des Commune, ad Aoste (Isére, Francia) condotto da un’équipe di Archeodunum, guidata dall’archeologo Rodriguez.

L’intervento complessivo ha permesso di scoprire un quartiere dell’antico agglomerato di Augustum – nome dal quale discende, per contrazione, il toponimo Aoste – occupato probabilmente tra la fine del I secolo a.C. e il III / IV secolo d.C.

“Augustum – spiega Rodriguez – è uno dei principali vici – villaggi, ndr – della città di Vienne, la cui creazione risale agli anni 16-13 a.C . Il suo ruolo di crocevia stradale è attestato dalla Table de Puisinger e dal percorso Antonin. L’antica città godeva infatti di una posizione geografica privilegiata, al crocevia di importanti vie di comunicazione che da Vienne portavano all’Italia e all’altopiano svizzero”.

Il riutilizzo creativo di vecchi contenitori

Lo stesso Rodriguez, che ha analizzato palmo a palmo lo scavo, ha dedicato uno studio sul riutilizzo delle anfore e dei vasi da deposito, materiali di scarto, recuperati dai gallo-romani, che sono emersi in modo cospicuo, durante gli scavi, con diverse soluzioni creative adottate da parte degli antichi abitanti del quartiere.

“Il riutilizzo di questo tipo di contenitori, poco costosi e disponibili in abbondanza una volta consumato il loro contenuto, è un fenomeno noto nel mondo romano, in particolare in Gallia e Germania”. aggiunge l’archeologo.

Vespai per evitare risalite d’umidità

Lo studioso ha sottolineato i principali riusi emersi durante lo scavo. In molti casi le vecchie anfore e le ceramiche servivano per creare vespai per le abitazioni. L’accumulo di cocci creava un fondo drenante che interrompeva la risalita dell’umidità nei muri e che contribuiva a scaricare più rapidamente le piogge. In altri casi erano stesi accanto alle strade per rendere più rapido lo smaltimento della acque piovane.

Raccolta d’acqua piovana per artigiani

Ma ci sono altri casi nei quali gli archeologi hanno trovato vasi tagliati più o meno a metà e infissi nella terra, con il calice aperto verso l’alto, che potevano costituire depositi d’acqua per lavorazioni artigianali.

Anche l’urina veniva recuperata

Industriarsi era d’obbligo. Così poteva capitare che un orinatoio o una sorta di vespasiano divenisse utile ad alcuni artigiani, che dovevano disporre di urina per le lavorazioni. Preziosa erano pertanto le vecchie anfore.

“Segnaliamo anche l’esistenza – dice infatti Rodriguez – di un altro caso d’uso i cui resti sono abbastanza vicini ma dove il vaso si trova in uno spazio di circolazione esterno (tipo marciapiede) e dove l’uso potrebbe essere il recupero dell’urina per le follatrici (attività artigianali che offrivano servizi di lavanderia e tintoria, ndr.). .. In generale, i potenziali fini di tale riutilizzo sono molteplici e la loro identificazione problematica”.

A cosa serviva invece questa struttura?

Un’anfora elegante, collocata con l’imbocco verso il basso – quindi al contrario – e materiali di riempimento costituiscono uno dei due rebus sul riutilizzo di vecchi contenitori ceramici ad Aoste. L’intervento sembra dotato di una certa monumentalità, ma non si riferisce a uno spazio tombale. Cosa sarà mai stato. Quale funzione avrà avuto?

“Si tratta di una fossa a pianta oblunga, lunga 220 cm e profonda 95 cm e situata sul marciapiede occidentale di una strada nord-sud. – afferma Rodriguez – Il suo riempimento comprende un’anfora intera, installata all’estremità meridionale della struttura, con il collo rivolto verso il basso e senza dubbio volutamente puntellata utilizzando alcuni frammenti di modulo decimetrico. Così installata, il piede dell’anfora si estende ben oltre la cavità. (quindi doveva uscire, in parte dal terreno – Fino a metà scavo il riempimento della fossa è costituito da una matrice limosa associata ad una fitta rete di ciottoli e frammenti di TCA. Anche il riempimento sommitale presenta matrice limosa ma è in gran parte privo di arredi. All’estremità settentrionale della fossa, la presenza di un negativo il cui diametro corrisponde più o meno a quello dell’anfora installata di fronte potrebbe suggerire l’esistenza di un secondo vaso di stoccaggio recuperato. L’abbondante arredo in ceramica è databile tra la seconda metà del I secolo d.C. e la metà del II secolo , mentre l’anfora stessa (Beltran IIA) suggerisce una cronologia leggermente più ampia, con un TAQ collocato alla fine del II secolo” .

Non è certo facile capire a cosa servisse. Il vaso emergente forse favoriva lo scolo rapido, a livello del terreno, delle piogge gettate sulla strada dal pluviale di una casa e segnalava la presenza di un “tombino”?

“Nessuna spiegazione soddisfacente – conclude l’archeologo – consente attualmente di interpretare questo tipo di vestigia, la cui individuazione è destinata a costituire uno degli obiettivi delle ricerche post-scavo”.

Tanti erano quindi i riutilizzi. I contenitori ceramici venivano anche usati per nascondere tesori o per seppellire, in particolar modo, bambini.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa