Tra terra e pietre del forte degli Antichi Romani scopre una piccola dea del III secolo. Chi è la divinità, com’è stata trovata. Rispondono gli archeologi

“Scavando – dice la donna – ho visto due piccoli occhi che mi fissavano dal terreno. Ne sono rimasta avvinta. Io fissavo loro e loro fissavano me”.

Da sinistra: la volontaria e l’archeologa, che tiene il fregio tra le mani. A destra, l’ingrandimento @ Vindolanda trust

Un medaglione intagliato nella pietra che rappresenta un’antica divinità greco-romana è stato trovato a Vindolanda, in Inghilterra, a chiusura degli scavi 2024. La scoperta è avvenuta da parte di una volontaria nell’antico forte romano della Britannia, nel settore che si trova tra i reparti in cui alloggiavano, da un lato la fanteria e, dall’altro, la cavalleria.

Vindolanda, come dicevamo, è un antico forte romano situato nel nord dell’Inghilterra, vicino al Vallo di Adriano, tra gli attuali villaggi di Bardon Mill e Once Brewed, nella contea del Northumberland. Fondato attorno all’85 d.C., prima della costruzione del vallo, Vindolanda era una delle principali basi militari romane lungo la frontiera settentrionale dell’impero. Il sito ha subito diverse fasi di ricostruzione, con fortezze in legno e poi in pietra.

Oggi è celebre per i suoi ritrovamenti eccezionali, tra cui tavolette di legno contenenti corrispondenza privata e militare, che offrono una finestra unica sulla vita quotidiana nell’antica Roma. Gli scavi continuano a rivelare nuovi dettagli su questo avamposto strategico romano.

Il reperto portato alla luce ora – risalente al III secolo d.C. circa – è probabilmente la rielaborazione iconografica della Grande Madre e della cosiddetta Tyche di Antiochia, la Dea della Fortuna, dotata di un elmo turrito che appare come la rappresentazione di una città. Una statua della Fortuna con testa turrita, del III secolo, copia di un originale greco, è oggi conservata ai Musei Vaticani. Nella Fortuna – madre di tutti gli dei – confluirono anche elementi iconografici di Cibele, la Grande Madre. Quindi siamo a un punto di incontro e di sovrapposizione di elementi che portano a una Dea Madre, che presiede i giochi del mondo.

Tyche di Antiochia, la Statua che rappresenta la Fortuna. Roma, Musei vaticani.  Copy of Eutychides – Jastrow Pubblico dominio, Wikimedia Commons

La piccola testa, conformata a clipeo o scudo tondo, non fu scolpita, ma intagliata con un coltello nell’arenaria, una roccia malleabile. I segni della lama, sia nel taglio che nel lavoro di punta, sono ben visibili a livello della chioma, sulle palpebre – per delineare la sclera – e attorno al naso e alla bocca.

La scultura trovata a Vindolanda. La testa con la corona di “torri e muraglie” – originariamente la Fortuna e Cibele – diventerà elemento distintivo della personificazione dell’Italia @ Vindolanda Trust

Non è possibile sapere se il reperto si riferisse a una stanza-santuario dedicata alla dea della Fortuna e a Cibele o fosse – come probabilmente è – un oggetto di devozione privata di un militare romano. L’opera devozionale potrebbe collegare la fortuna al ritorno a casa e, pertanto, alla madre che, da lontano, consiglia, attende e veglia.

L’intaglio si è conservato perfettamente. Non è da escludere la possibilità che la consumazione della pietra, a livello dei capelli e del naso della figura, sia stato invece provocato dai reiterati tocchi del devoto. E’ invece evidente il cedimento di parte della pietra, alla nostra destra, guardando la figura.

Soltanto a Roma i templi dedicati alla Fortuna – in tutte le sue caratteristiche e peculiarità – erano 26. Esisteva, nel mondo romano, anche una Fortuna Equestris – che proteggeva gli Equites, cioè i cavalieri – quanto, per restare nel campo militare, una Fortuna redux – Fortuna reduce, inteso anche in senso estensivo cioè di chi fa ritorno felicemente a casa – pregata dai soldati in congedo e dai viaggiatori.

Fortuna Redux era un aspetto specifico del culto della dea Fortuna nell’antica Roma, associato, infatti, in particolare, al ritorno sicuro da un viaggio, spesso militare o politico. Il termine “Redux” deriva dal latino “reducere”, che significa “riportare”, e rappresentava la protezione divina che assicurava un ritorno favorevole a casa.

Questo culto era particolarmente importante per i generali e gli imperatori che intraprendevano spedizioni militari o viaggi diplomatici. Fortuna Redux veniva invocata per garantire non solo la buona sorte durante il viaggio, ma soprattutto un rientro sicuro e vittorioso. Ad esempio, dopo le campagne militari, era comune dedicare templi o altari a Fortuna Redux in segno di gratitudine per la protezione accordata durante il viaggio e il ritorno trionfale a Roma.

Un famoso esempio di questo culto è l’erezione di un altare dedicato a Fortuna Redux da parte dell’imperatore Augusto nel 19 a.C., in seguito al suo ritorno da una vittoriosa campagna militare. Il culto esprimeva quindi un senso di protezione divina sul destino del viaggiatore, simboleggiando il suo legame con Fortuna, che determinava l’esito del viaggio.

In sintesi, Fortuna Redux rappresentava l’aspetto benevolo della dea Fortuna, invocata affinché il destino guidasse positivamente e garantisse un ritorno sicuro da qualsiasi impresa importante.

Sarebbe interessante analizzare la composizione della pietra per stabilire se l’oggetto di devozione sia stato qui prodotto a partire da materiale locale o acquisito dal militare presso un tempio romano della nostra penisola. La Fortuna era considerata la Dea Primigenia, divinità-Madre di tutti gli dei e come tale veniva onorata nel grande tempio di Praeneste – oggi Palestrina – e in numerosi edifici di culto che spesso si connettevano a questo luogo. Palestrina si trova a una quarantina di chilometri da Roma.

Il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina: divinazione e Potere nella Roma Antica

Il Santuario della Fortuna Primigenia, situato a Palestrina (l’antica Praeneste), rappresenta uno degli esempi più straordinari di architettura religiosa del periodo tardo-repubblicano romano. Costruito nel II secolo a.C., questo grandioso complesso fu dedicato alle divinità Iside e Fortuna, quest’ultima incarnata nella sua forma più antica e primordiale, come “Fortuna Primigenia”. La posizione del santuario, arroccato sulle pendici del Monte Ginestro, offriva un panorama dominante sulla campagna laziale, sottolineando il suo ruolo centrale nelle pratiche religiose e politiche romane.

Fortuna, divinità associata al caso e al destino, esercitava un profondo fascino sulla mentalità romana, soprattutto in un’epoca in cui le decisioni militari e politiche venivano spesso lasciate al volere divino. Il santuario di Praeneste era rinomato per il suo oracolo, una pratica divinatoria che i Romani chiamavano sortes. L’estrazione a sorte delle risposte divine era una forma di divinazione alla quale si affidavano molti, compresi i più alti gradi del comando militare. Anche a Vindolanda i comandanti e i militari cercavano di interpretare i segni della Fortuna? E’ assai probabile. L’aleatorietà del destino del militare richiedeva l’aiuto costante da parte della Fortuna, intesa anche come Madre e pertanto assai simile a Cibele, fino – forse – a diventare una figura sola.

Cicerone, nella sua opera Sulla divinazione, sollevava dubbi sul valore di tali oracoli. Egli si interrogava sull’efficacia di questi metodi e sulla reale capacità degli dèi di comunicare attraverso la sorte. Tuttavia, nonostante i suoi scritti critici, la fiducia dei Romani nel sistema di predizione della Fortuna era profonda. Storici come Livio testimoniano quanto fosse radicata la pratica divinatoria, soprattutto tra i generali in cerca di un segnale propizio prima di una campagna militare.

Un esempio eclatante dell’importanza dell’oracolo di Praeneste si trova durante la Prima Guerra Punica. Nel 241 a.C., il comandante romano Lutatius Cerco si rivolse al santuario per ottenere un responso prima di prendere una decisione cruciale sulla strategia da adottare contro i Cartaginesi. Questo episodio dimostra quanto l’arte della divinazione fosse integrata nei processi decisionali militari. Il santuario era un centro vitale per la comunicazione tra gli dèi e gli uomini, specialmente in momenti di grande incertezza.

Generali e politici romani confidavano nei messaggi divini per giustificare decisioni cruciali, e il legame tra fortuna e successo, soprattutto in guerra, rimase una costante nella cultura romana fino alla tarda antichità.

Come avvenivano le predizioni della Fortuna
La divinazione presso il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina avveniva attraverso un particolare metodo chiamato sortes. Questo sistema prevedeva l’estrazione casuale di lotti o tavolette su cui erano scritte le risposte dell’oracolo. Ecco i dettagli del processo:
  1. Le Sortes Praenestinae: Le sortes erano tavolette o bastoncini contenenti messaggi divinatori che venivano estratti a sorte da un recipiente sacro. I devoti si recavano al santuario per consultare l’oracolo, cercando di ottenere risposte su questioni importanti, come decisioni politiche, militari o personali. La dea Fortuna, associata al destino e al caso, era ritenuta capace di guidare l’estrazione della sorte, fornendo così il responso divino.
  2. Il Paterfamilias e i sacerdoti: Il rito della divinazione veniva officiato probabilmente da sacerdoti o dal paterfamilias, che fungeva da intermediario tra il consultante e la dea. Essi preparavano il rituale e custodivano le sortes, ritenute oggetti sacri che veicolavano la volontà divina.
  3. Il Mosaico del Nilo: Un altro aspetto del santuario, legato al culto della dea Iside e alla simbologia divina, è il famoso Mosaico del Nilo, rinvenuto a Palestrina, che raffigura scene di divinazione legate all’antico Egitto. Questo mosaico ricorda l’influenza della cultura egizia sul culto di Fortuna Primigenia e sottolinea l’aspetto esoterico e mistico della divinazione.
  4. Il tempio come luogo di predizione: I pellegrini che si recavano al tempio chiedevano alla dea di rivelare il loro futuro attraverso il rituale delle sortes. Era un metodo di consultazione semplice, ma carico di significato. L’estrazione dei lotti era percepita come un mezzo per accedere alla volontà della dea, il cui potere veniva confermato dalla fiducia riposta da generali e comandanti.

La pratica della divinazione tramite le sortes a Praeneste rifletteva la credenza romana nel potere del destino e nella capacità della dea Fortuna di influenzare gli eventi umani attraverso messaggi criptici ma considerati sacri.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa