Archeologia. Cosa sono queste enormi e strane strutture? A cosa servivano? La spiegazione degli archeologi che ne hanno “catturate” tante grazie alle riprese dall’alto

Possono sembrare peduncoli di stelle o giganteschi aquiloni che appaiono, ben definiti, quando vengono osservati dai monti. Sono strutture dalle linee allungate. Le più definite hanno la forma di un grande imbuto che finisce con una profonda buca. Altre somigliano a ombre umane allungate dalla luce della sera.

Un recente studio di Fatma Sahin e Michele Massa, pubblicato su Antiquity e Cambridge University Press (2024), ha rivelato un gran numero di aquiloni del deserto nella regione di Şanlıurfa, nel sud-est della Turchia. Queste strutture in pietra, con una possibile datazione risalente al Neolitico preceramico (circa 9500-7000 a.C.), stanno sollevando importanti domande su come la caccia di massa e la costruzione di strutture monumentali possano aver contribuito ai primi fenomeni di sedentarismo umano.

Cosa sono gli aquiloni del deserto?

Gli aquiloni del deserto sono strutture di pietra a secco, lunghe anche centinaia di metri, costruite nelle aree aride dell’Eurasia. Questi manufatti, scoperti per la prima volta nel ventesimo secolo, erano originariamente considerati limitati ai deserti di Giordania e Siria. Tuttavia, grazie alla disponibilità di immagini satellitari ad alta risoluzione, è emerso che simili strutture si trovano in un’area geografica molto più ampia, che abbraccia il Levante, la Penisola Arabica, la Mesopotamia settentrionale, il Caucaso e l’Asia centrale.

Dal punto di vista strutturale, gli aquiloni del deserto sono caratterizzati da tre elementi principali:

  1. Linee guida o antenne: muri di pietra che convergono verso un’area centrale.
  2. Recinti: aree chiuse dove veniva intrappolata la selvaggina.
  3. Celle o trappole: spazi situati alla fine delle linee guida, destinati a imprigionare gli animali.

Gli aquiloni del deserto a Şanlıurfa

Il progetto Şanlıurfa Archaeological Survey Project (ŞAYA), parte del programma Taş Tepeler (“colline di pietra”), si è focalizzato sullo studio di queste antiche strutture nell’area montuosa a ovest della pianura di Harran. L’indagine ha permesso di individuare 307 aquiloni del deserto, di cui 34 non erano mai stati registrati prima. Di questi, 14 sono stati verificati direttamente sul campo, attraverso rilievi aerei e la raccolta di materiale archeologico.

Gli aquiloni di Şanlıurfa sono simili per conformazione a quelli levantini, con muri a secco di 0,5-0,7 metri di altezza e un’architettura studiata per dirigere mandrie di animali verso le trappole. Posizionati spesso vicino ai corsi d’acqua stagionali, presentano un orientamento delle strutture verso questi ultimi, suggerendo una strategia di caccia che sfruttava l’accesso all’acqua per radunare la selvaggina.

Funzione e significato degli aquiloni

Le evidenze archeologiche sembrano confermare l’ipotesi che queste strutture servissero per la caccia di massa, come suggerito da studi precedenti. La caccia, prevalentemente alla gazzella, era condotta in particolari stagioni, probabilmente tra metà estate e inizio autunno, consentendo agli abitanti della regione di approvvigionarsi di carne in quantità significativa.

La funzione degli aquiloni va, però, oltre l’uso pratico: la loro grandezza li rende infatti una delle prime forme di monumentalità conosciute, rappresentando simboli di coesione e organizzazione collettiva. La loro architettura, estesa orizzontalmente, evidenzia l’importanza della cooperazione nel costruire e utilizzare tali trappole.

Scoperte recenti e implicazioni per il sedentarismo

Il fenomeno degli aquiloni del deserto sembra legato all’inizio del sedentarismo e della domesticazione nella Mezzaluna Fertile. Il fatto che i materiali ritrovati nei siti non includano ceramiche o utensili più recenti suggerisce che l’uso di questi luoghi fosse limitato al Neolitico, indicando una trasformazione dell’economia di queste comunità.

Il progetto ŞAYA ha rilevato una notevole quantità di strumenti in selce, alcuni dei quali trovano parallelismi nei siti neolitici vicini come Çakmaktepe, ma non sono stati ritrovati artefatti posteriori a quest’epoca. La scoperta fa pensare che ci sia stata una successiva ridefinizione dell’uso del territorio e un possibile passaggio verso la pastorizia.

“Gli insiemi zooarcheologici PPNB (8500-7200 a.C.) dominati dalle gazzelle a Göbeklitepe indicano che le gazzelle venivano cacciate tra metà estate e inizio autunno, probabilmente con trappole per la caccia di massa. – dicono gli autori – Pertanto, gli aquiloni qui descritti erano probabilmente contemporanei alla fase di occupazione principale di Göbeklitepe – una antichissima città neolitica che si trova nell’attuale in Turchia e che testimonianza della ricchezza del passaggio dell’uomo alla vita sedentaria -. La breve stagione di caccia ha implicazioni più ampie per la nostra comprensione della conservazione e del consumo a lungo termine della carne e, quindi, anche per il modo in cui il miglioramento delle tecniche di conservazione e stoccaggio potrebbe aver influenzato il comportamento sedentario e completato le economie agropastorali incipienti”.

Monumentalità e simbolismo

Le dimensioni e la complessità degli aquiloni del deserto a Şanlıurfa potrebbero rappresentare una delle più antiche forme di architettura monumentale. Il loro valore simbolico è sottolineato dalle incisioni rupestri che raffigurano questi stessi aquiloni in altre regioni. Questa monumentalità, collegata alla funzione collettiva e sociale della caccia di massa, mostra come la conoscenza tecnica nella costruzione di trappole per la selvaggina potesse aver avuto ripercussioni anche su altri aspetti della vita comunitaria. E’ probabile che l’ostentazione di strutture sovradimensionate nell’alzato e nelle possibili decorazioni fossero un momento di autocelebrazione della comunità che le costruiva e un messaggio delle capacità tribali del gruppo di costruttori che doveva impressionare il viandante e i gruppi umani del circondario.

Come avvenivano le battute di caccia

Gli aquiloni del deserto hanno una struttura a imbuto chiuso, disegnata sul terreno attraverso la realizzazione di muri o muretti laterali. La parte esterna, più larga aveva la funzione di incanalare facilmente le mandrie di animali selvatici in fuga che poi finivano nella strozzatura e dovevano bloccarsi per la parte estrema dell’imbuto era senza via d’uscita. Alcuni uomini sbarravano poi la strada di ritorno alle mandrie, imprigionandole.

Le battute di caccia nel mondo antico erano elaborate e richiedevano una grande organizzazione. Nella caccia collettiva, i “battitori” giocavano un ruolo fondamentale. Questi individui, posizionati in gruppi o linee, avevano il compito di scovare e spaventare la selvaggina con rumori, urla e colpi, spesso battendo il suolo con bastoni o agitando strumenti rumorosi. E’ per questo che è rimasta la parola battitori o battuta di caccia. Lo scopo era incanalare gli animali verso un punto designato, dove i cacciatori li attendevano per l’abbattimento o per la cattura. Questo sistema permetteva di radunare la selvaggina in spazi più contenuti e quindi facilitarne la cattura.

Questa tecnica di caccia raggiunse uno sviluppo affascinante con le strutture conosciute come “aquiloni del deserto” – antiche strutture in pietra presenti in Medio Oriente e Africa settentrionale, risalenti probabilmente a oltre 5.000 anni fa. Gli aquiloni erano formati da lunghi muri di pietra disposti a forma di imbuto, culminante in recinti o fosse. Gli animali venivano convogliati lungo i muri dagli spaventi e dai suoni provocati dai battitori, che li incanalavano verso il punto di raccolta finale, dove erano catturati o uccisi. Queste strutture si estendevano per centinaia di metri e servivano alla caccia di animali di grandi dimensioni come gazzelle, stambecchi e altri erbivori che popolavano le regioni aride.

Gli aquiloni del deserto rappresentano dunque una straordinaria testimonianza della complessità organizzativa e dell’astuzia dei nostri antenati, che sfruttavano non solo il lavoro dei battitori ma anche la conoscenza del comportamento animale e delle risorse ambientali per ottimizzare le battute di caccia.

Fonte: Fatma Sahin e Michele Massa, Mass-hunting in South-west Asia at the dawn of sedentism: new evidence from Şanlıurfa, south-east Türkiye, Antiquity 2024

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa