“Un carro romano sul ghiacciaio?”. La scoperta e di un escursionista in Svizzera ai confini con l’Italia. E’ davvero romano? A quando risale? Le incongruenze? Archeologi al lavoro

Il manufatto nell’area di scioglimento del ghiacciaio @ Image Credit : Sergio Veri

Durante una camminata tra residui di neve, nell’azzurro freddo e nel blu delle zone d’ombra, si è trovato davanti uno strano “marchingegno” che si stagliava tra le pietre. Due ruote, realizzate artigianalmente, i giunti uniti da lacerti vegetali. E’ rimasto, per un po’ a guardarlo. Probabilmente – ha pensato – si sono sciolti i ghiacci da cui era sepolto. Che fare? Avvisare il servizio archeologico per una verifica? I ghiacciai sono “creature” strane. A volte restituiscono corpi e utensili antichissimi, come se fossero stati sepolti nello scorso inverno. Ricordate l’uomo di Similaun? Il senso civico, impone di salvare il manufatto e indagare per trovare una riposta sulle origini del singolare reperto.

Questo ritrovamento misterioso sta attirando l’attenzione di archeologi e appassionati di storia in Svizzera. Un carro a due ruote, apparentemente costruito con canne di bambù, è stato scoperto nei pressi del ghiacciaio Schwarzhorag, nella zona del Passo dello Spluga, vicino al confine italiano. A fare la scoperta è stato Sergio Veri, un escursionista del Ticino, che durante una passeggiata nel mese di novembre – siamo quindi nelle ore scorse – ha avvistato questo insolito manufatto e ha deciso di segnalarlo al Servizio Archeologico del Cantone dei Grigioni, considerato il fatto che esso è apparsa in un’area di scioglimento dei ghiacci.

I resti del carretto. Forse era traino umano e serviva per trasportare provviste o fieno @ Image Credit : Sergio Veri

Un carro romano o una creazione moderna?

Il carro, di costruzione semplice e dotato di due ruote, è stato realizzato con canne vegetali tenute insieme da lacci. Le canne sarebbero di bamboo, un materiale decisamente inusuale per la tradizione costruttiva europea, in particolare per quanto riguarda i veicoli. Il Servizio Archeologico del Cantone dei Grigioni ha subito avviato le prime indagini sul manufatto e, benché il suo aspetto richiami vagamente la foggia dei carri di epoca romana, le stime iniziali suggeriscono che l’oggetto sia relativamente giovane, probabilmente risalente al XX secolo. Tuttavia, la sua funzione, così come l’identità del suo creatore, rimangono avvolti nel mistero. L’uso della canna potrebbe essere stato suggerito per la leggerezza del materiale. La forma lascerebbe pensare che esso fosse utilizzato per trasportare bagagli o fieno.

La valle e la presenza romana

Il Kanton Graubünden (Canton Grigioni) si trova in una regione montuosa della Svizzera orientale, nota per i suoi paesaggi spettacolari e le antiche vie di passaggio tra l’Italia e il resto d’Europa. Il Passo dello Spluga, dove è stato ritrovato l’oggetto, ha una lunga storia di transito e commercio: in epoca romana, infatti, questa zona era strategica per i collegamenti tra le città dell’Italia settentrionale e le province del nord. Anche se la presenza romana diretta in quest’area era limitata a fortificazioni e posti di passaggio più che a insediamenti stabili, i romani utilizzavano queste vie per il commercio e per gli spostamenti militari.

Il carrello visto da un lato @ Image Credit : Sergio Veri

Il Passo dello Spluga e i territori circostanti erano quindi conosciuti e percorsi dai romani, anche se la regione non ospitava insediamenti di grande estensione. I romani costruivano strade e punti di controllo, e grazie alla loro presenza queste montagne erano parte di un sistema di rotte commerciali che attraversavano le Alpi.

Un carro di bambù: materiale anacronistico?

Il fatto che il carro sia realizzato probabilmente in bambù ha sollevato ulteriori domande. Storicamente, i romani non utilizzavano il bambù come materiale da costruzione; questa pianta, tipica delle regioni asiatiche, non era presente in Europa fino a tempi molto recenti. I romani preferivano legni locali come quercia, faggio e abete, materiali più adatti al clima e alla disponibilità locale.

Nonostante i romani fossero grandi esploratori e commercianti, in grado di scambiare merci con terre lontane, il bambù non rientrava tra i materiali importati per l’uso comune. L’assenza di bambù in epoca romana rende quindi poco plausibile l’ipotesi che questo oggetto sia davvero di quell’epoca. Piuttosto, potrebbe trattarsi di una costruzione moderna, creata per scopi ricreativi o come oggetto d’arte, forse dimenticata o abbandonata da qualche escursionista. Ma il manufatto richiede certamente diversi approfondimenti.

L’appello sui social del Cantone dei Grigioni

L’insolito ritrovamento è stato reso pubblico sui social dal Servizio Archeologico del Cantone dei Grigioni, che ha lanciato un appello alla popolazione per ottenere maggiori informazioni. “Chiunque abbia indizi sull’oggetto sconosciuto può contattare direttamente il Servizio Archeologico Grigioni,” recita il post pubblicato sui social. Le autorità stanno cercando di capire se qualcuno possa fornire dettagli sul costruttore o sull’origine del carro.

Teorie sul carro di bambù

Alcune ipotesi riguardo alla funzione del carro di bambù suggeriscono che potrebbe essere stato realizzato per motivi turistici o come parte di una performance artistica. La forma a due ruote e la scelta dei materiali potrebbero far pensare a un oggetto costruito con intenti decorativi o didattici, magari per simulare la struttura dei carri antichi.

Un’altra possibilità è che sia stato lasciato da qualche esploratore o amante della montagna come simbolo della sua presenza nella zona. In alcune culture orientali, infatti, i carri di bambù sono utilizzati per scopi simbolici o cerimoniali, e non è escluso che qualcuno abbia voluto ricreare qualcosa di simile in territorio alpino.

Ma non esistevano canne palustri europee? Se sì quali. Se sì come avrebbero potuto essere utilizzate?

Certamente, in Europa erano presenti diverse specie di piante palustri che i popoli antichi utilizzavano per vari scopi. Tra queste, alcune avevano caratteristiche simili al bambù per rigidità e resistenza, anche se non appartengono alla stessa famiglia botanica. Vediamo quali erano le più diffuse e come venivano impiegate.

1. Arundo donax (Canna Comune o Canna di Palude)

  • Descrizione: La canna comune, o Arundo donax, è una pianta molto diffusa in tutta l’area mediterranea e cresce lungo i corsi d’acqua e nelle zone umide. Questa pianta può raggiungere i 6 metri di altezza e possiede steli cavi, simili a quelli del bambù.
  • Usi antichi: La canna comune veniva largamente utilizzata in epoca romana e nei secoli successivi per una serie di scopi pratici:
    • Costruzioni: Le canne erano utilizzate come elementi di rinforzo nelle costruzioni, spesso per realizzare tetti di capanne e rifugi temporanei.
    • Stuoie e recinzioni: Erano molto utilizzate per realizzare stuoie, pareti divisorie e recinzioni leggere. Erano ideali per costruzioni temporanee, poiché facilmente reperibili e maneggevoli.
    • Strumenti musicali: La canna comune era apprezzata per la costruzione di strumenti a fiato, come flauti e zampogne. L’uso della canna nella musica è una tradizione che si è mantenuta viva nel tempo.
    • Altri usi: In agricoltura, le canne erano impiegate per creare strutture di supporto per le piante rampicanti, come i pomodori o i fagioli.

2. Phragmites australis (Canna di Palude o Canna di Fiume)

  • Descrizione: La Phragmites australis è una pianta acquatica perenne, diffusa nelle zone umide di tutta Europa. Cresce rapidamente e può formare vasti canneti, raggiungendo anche i 3 metri di altezza. I suoi steli sono flessibili ma resistenti.
  • Usi antichi:
    • Copertura dei tetti: Gli steli di questa canna erano largamente utilizzati per la copertura dei tetti delle case, soprattutto nelle aree rurali. Ancora oggi, la tecnica della copertura con canne è presente in alcune regioni, come nei Paesi Bassi.
    • Fabbricazione di ceste e stuoie: La canna di palude era ideale per intrecciare ceste e stuoie leggere, utilizzate nelle case o nelle attività agricole.
    • Erosione e contenimento del suolo: I Romani, e in generale i popoli antichi, potevano utilizzare i canneti come barriere naturali per prevenire l’erosione del suolo lungo i corsi d’acqua.

3. Typha latifolia (Tifa o Giunco)

  • Descrizione: Anche conosciuta come “mannaia di palude” o semplicemente “giunco,” questa pianta cresce nei pressi delle paludi e dei laghi. Ha steli flessibili ma non cavi come quelli delle canne.
  • Usi antichi:
    • Tessitura e intreccio: La tifa era comunemente usata per creare stuoie, corde e ceste. Anche se non era adatta alla costruzione di strutture, era perfetta per lavori artigianali.
    • Isolamento e imbottitura: Le foglie erano utilizzate come isolante naturale o per imbottire materassi e sedute.

Possibili usi per un “Carro” in epoca romana

Sebbene i romani non disponessero del bambù, la Arundo donax e la Phragmites australis avrebbero potuto essere impiegate per scopi simili. Tuttavia, è improbabile che avrebbero costruito un vero e proprio carro di trasporto con queste canne, data la loro scarsa resistenza alle sollecitazioni. Gli usi più probabili per un “carro” di questo tipo sarebbero stati:

  1. Trasporto leggero: Un piccolo carro realizzato con canne e tirato a mano potrebbe essere stato usato per trasportare materiali leggeri su brevi distanze, ad esempio legna o fieno.
  2. Scopi cerimoniali o religiosi: Data la fragilità del materiale, un carro costruito con canne avrebbe potuto essere realizzato per scopi rituali o simbolici, forse in cerimonie legate alla fertilità o ai cicli agricoli.
  3. Strutture temporanee o mobili: Potrebbe essere stato usato come una struttura temporanea, magari per scopi militari, ad esempio come schermatura o nascondiglio mobile, anche se non esistono prove dirette di questo utilizzo.

Conclusione

Anche se il ritrovamento del carro di bambù sembra più moderno, la presenza di materiali vegetali nelle costruzioni romane è documentata. Canne europee come Arundo donax e Phragmites australis erano utilizzate per vari scopi pratici, specialmente in ambito rurale. Tuttavia, la costruzione di un veicolo per il trasporto avrebbe richiesto materiali più resistenti, come il legno di quercia o faggio, integrati con metalli per dare maggiore solidità alla struttura.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa