L’accesso di Virgilio. Capire la sala azzurra scoperta a Pompei e presentata per la prima volta nella scorse ore da Alberto Angela

La stanza, di circa 8 metri quadrati, è emersa tra le strutture situate nella porzione meridionale dell'isolato. Queste strutture appartengono a un quartiere secondario di una grande domus, che fino ad ora ha restituito un quartiere termale ancora in corso di scavo e un grande salone nero affrescato che si affaccia su un cortile, con una scala che conduce al primo piano del complesso. La scoperta di questo sacrario aggiunge un nuovo livello di comprensione alla complessità e alla ricchezza della vita quotidiana nella Pompei antica, evidenziando come gli spazi domestici potessero includere aree dedicate alle pratiche rituali e al culto.

Un approfondimento pubblicato sull’e-Journal degli Scavi di Pompei descrive la scoperta di un nuovo ambiente nella parte centrale della città antica. Questo ambiente, dipinto di azzurro-blu, è stato interpretato come un sacrarium, uno spazio dedicato ad attività rituali e alla conservazione di oggetti sacri.

Perché quelle anfore a testa in già e quel blocco in primo piano, con gusci d’ostrica e ghiaia. E’ probabile che l’antico sacrarium – che potremmo paragonare a una piccola cappella familiare in cui si pregava e si facevano offerte – fosse temporaneamente utilizzata come magazzino. Non è possibile dire se l’indicazione della anfore vinarie testimoniasse, a suo sfavore, come un vano ormai abbandonato, della casa. Come dire: se i nonni avevano qui pregato, figli e nipoti, non ritenevano più quei culti all’altezza dei tempi e il vano era stato trasformato in una sorta di sgabuzzino o luogo di disbrigo. Le statuette nelle nicchie non ci sono più e non è possibile sapere se fossero state magari sottratte in vista dei lavori di ristrutturazione o se siano state rubate in tempi più più recenti  da tombaroli che qui si insinuarono strisciando il ventre a terra per recuperare materiale. La presenza dei gusci della ostriche in cima a mucchietto di ghiaia lascerebbe pensare che il sacrario fosse stato destinato a luogo di disimpegno per materiali ingombranti – le anfore vinarie – o materiali edilizi -, intanto che si procedeva nel restauro o nella ristrutturazione della casa.

Dobbiamo peraltro ricordare che i terremoti che precedettero l’eruzione disastrosa del ’79 dopo Cristo, non solo avevano creato problemi alle strutture edilizie, ma faviorito il mercato immobiliare pompeiano, con il passaggio di mano di edifici. Una nuova “borghesia” stava rastrellando, sul mercato, gli edifici che erano di proprietà del vecchio mondo.

 

Qualcosa di simile – potremmo pensare – a quello che sarebbe accaduto nel 1978- 1979-1980, quando i nuovi ricchi acquistavano ville aristocratiche o anche solo palazzetti liberty costrutito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in molti casi ristrutturandoli, cioè mutando la disposizione degli interni e intervenendo persino sulle parti decorative.

Il sacrarium, in questo caso, conservava ricordanza del mondo agricolo, sul quale, evidentemente, la nobile famiglia proprietaria aveva basato tanta parte della propria fortuna. Ma era, avvertono gli autori dello studio, tutto è filtrato dalla letteratura, che trasformava antichi sudori e infamie in glorie melanconiche.

Un ricordo di “quello che eravamo” e che “non siamo già più” e che forse “vorremmo essere ancora”. Qualcosa di simile a quanto avvenne nei palazzi di campagna della nobiltà europea, durante il periodo di rifeudalizzazione – tra ‘500 e ‘700 –  quando nobili e ricchi parevano osservare con nostalgia affreschi con paesaggi agresti dipinti,  rappresentazioni arcadiche e lontane suggestioni legate all’agricoltura. In molti casi sì, i fondi agrari, avevano una resa, ma ancor più rendevano le speculazioni, il prestito a usura, l’attività politica, le elevate prebende.

Questo ritorno al passato, attraverso il filtro della nostalgia, avvertono gli autori, passa – nel caso specifico della sala azzurra – attraverso il successo delle Georgiche e delle Bucoliche di Virgilio ( che era nato nel 70 a. C.) e che andava molto di moda ai tempi in cui furono realizzati questi affreschi. Era il Virgilio lirico-bucolico, quello che troviamo riflesso in queste stanze.


Le pareti blu di questo sacrario sono particolarmente affascinanti e mostrano una serie di figure femminili che affiancano le nicchie presenti al centro. Nelle nicchie laterali, queste figure rappresentano le quattro stagioni, note come le Horae, mentre nella parete centrale troviamo allegorie dell’agricoltura e della pastorizia. Queste allegorie sono riconoscibili grazie agli attributi iconografici dell’aratro e del pedum, un corto bastone utilizzato sia dai pastori sia dai cacciatori. Il colore azzurro ritrovato in questo ambiente è raro negli affreschi pompeiani e, generalmente, era riservato a spazi di grande prestigio decorativo, il che sottolinea l’importanza e il valore estetico di questo sacrario.

Già parzialmente esplorato durante l’epoca borbonica, lo scavo recente ha riportato alla luce una serie di oggetti che un tempo facevano parte dell’arredo della casa, temporaneamente depositati durante i lavori edilizi che interessavano l’intero complesso. Tra i reperti rinvenuti vi sono quindici anfore da trasporto e un corredo in bronzo composto da due brocche e due lucerne. Inoltre, sono stati trovati accumuli di materiali edilizi pronti per essere utilizzati nelle ristrutturazioni. Sulla soglia d’ingresso dell’ambiente è stato rinvenuto un mucchio di gusci di ostriche già consumate, che, probabilmente, venivano tritate e aggiunte agli impasti per gli intonaci e le malte. Gli intonaci con tritume ostriche non solo avrebbero potuto risultare più solidi, ma anche offrire, attraverso i riflessi argentei, elementi decorativi brillanti.

La stanza, di circa 8 metri quadrati, è emersa tra le strutture situate nella porzione meridionale dell’isolato. Queste strutture appartengono a un quartiere secondario di una grande domus, che fino ad ora ha restituito un quartiere termale ancora in corso di scavo e un grande salone nero affrescato che si affaccia su un cortile, con una scala che conduce al primo piano del complesso. La scoperta di questo sacrario aggiunge un nuovo livello di comprensione alla complessità e alla ricchezza della vita quotidiana nella Pompei antica, evidenziando come gli spazi domestici potessero includere aree dedicate alle pratiche rituali e al culto.

L’attività di scavo che sta interessando l’insula 10 della Regio IX è parte di un progetto più ampio volto alla messa in sicurezza del perimetro tra l’area scavata e quella non scavata. Questo progetto mira anche al miglioramento dell’assetto idrogeologico, al fine di rendere più efficace e sostenibile la tutela del vasto patrimonio pompeiano. Con oltre 13.000 ambienti distribuiti in 1.070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri, il sito di Pompei rappresenta una sfida continua per gli archeologi e i conservatori, impegnati a preservare e valorizzare una delle testimonianze più straordinarie dell’antichità.

In conclusione, la scoperta del sacrario con pareti blu nella Regio IX di Pompei non solo arricchisce il nostro patrimonio conoscitivo, ma offre anche nuove prospettive sugli usi e le tradizioni religiose della città. La cura e l’attenzione dedicata a questi spazi dimostrano l’importanza del culto domestico e delle pratiche rituali nella vita quotidiana degli antichi pompeiani, rivelando ancora una volta la straordinaria complessità e ricchezza culturale di questa città sepolta.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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