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Archeologia a colpo d’occhio. Se trovi questo in un scavo. Cos’è. Ha 8600 anni. Le analisi confermano ora l’ipotesi degli archeologi



All’apparenza parrebbe un coprolite. Capita, negli scavi di trovare anche testimonianze estremamente “intime” degli antichi abitanti. Scarti del processo digestivo che possono raccontare molto, in laboratorio. Ma questo reperto – evidentemente di origine organica – non appartiene alla categoria di cui abbiamo appena parlato.
Esso è stato trovato durante gli scavi nell’città anatolica di Çatalhöyük. Gli archeologi, durante uno scavo, hanno recentemente portato alla un’ampia struttura. Inizialmente, per la forma, hanno pensato potesse trattarsi di una fornace, ma un’osservazione più accurata e il ritrovamento di alcuni pezzi di materiale incombusto hanno permesso di stabilire che si trattava di un forno comunitario per la cottura di alimenti. L’interesse si è poi appuntato su uno strano residuo spugnoso, che si era conservato in un angolo del forno. Pane? La risposta è venuta dal Centro di ricerca e applicazione scientifica e tecnologica dell’Università di Necmettin Erbaken (BİTAM) che ha rivelato che stabilito che il grumo è pasta di pane fermentata, ma non cotta. Qualcuno, per motivi sconosciuti – ma è evidente che qualcosa di spaventoso dovette accadere nel circondario – l’abbandonò. E il forno, evidentemente, non fu più usato. Quell’impasto pronto a diventare un panino risale – secondo l’inequivocabile indicazione del radiocarbonio – al 6.600 a.C. Quindi – al cospetto dei suoi 8600 anni è uno dei pani conservati più antichi del mondo. Il record – almeno per ora – spetterebbe però a un reperto analogo trovato recentemente in Australia – 34mila anni-, che ha battuto in termini di “longevità” una focaccia di 14mila anni fa, prodotta da cacciatori-raccoglitori. Ma queste farine cotte non erano fermamente, mentre il pane anatolico era lievitato. Curiosa anche la pezzatura. Un pane piuttosto piccolo, molto “moderno” come pezzatura. Una pagnotta in miniatura.

Nell’area del forno, oltre al pane della cittadina anatolica – che nel momento del massimo fulgore doveva ospitare tra i 7mila e 10mila abitanti – sono stati trovati semi e piselli. Probabilmente qui venivano cotti anche cibi.