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Perché i personaggi etruschi sui sarcofagi sono sempre sdraiati sul lato sinistro. La semplice risposta degli archeologi


Il sarcofago etrusco @ Gruppo archeologico di Piansano

Il Gruppo Archeologico Piansano pone un quesito divertente. Perché sui sarcofagi antichi la figura del defunto è sempre rappresentata sdraiata sul lato sinistro del corpo?
“Il pezzo forte dell’antiquarium del Comune Di Piansano è un sarcofago fittile dipinto. – dicono i soci del gruppo archeologico – La foto che vediamo è stata scattata durante i lavori di riallestimento della piccola collezione effettuati dall’ Amministrazione comunale sotto la direzione scientifica della soprintendenza. Si vede la porzione di coperchio con il tronco del personaggio che è posizionato nella classica posa del banchettante…”
Ed ecco, quindi la risposta. Poiché la scena rappresenta sempre il defunto come un commensale, la posizione assunta da chi mangiava sui letti o triclini era quella che consentiva alla mano destra di agire per il pranzo. La destra, infatti, per la maggior parte dell’umanità è la mano dominante.

Piansano è un comune di 1 911 abitanti della provincia di Viterbo nel Lazio. Conserva numerosa vestigia etrusche come la Fontana Etrusca a Marinello, Necropoili del Macchione (sarcofago che vediamo nella foto, conservato in Comune), Tomba dell’iscrizione (nel centro storico).

Il popolamento del territorio piansanese fin dall’epoca etrusca è provato da una consistente concentrazione di sepolture di varia tipologia: a cassone, a camera, a cappuccina, disseminate in particolare lungo le strade che conducevano a Capodimonte, Valentano, Tuscania e Cellere, anche’essi abitati fin dall’epoca arcaica e custodi, allo stesso modo, di preziose tracce archeologiche. Tra le sepolture ve ne sono anche di notevoli, come quelle a camera, databili tra il IV e III secolo, che stanno a testimoniare la raggiunta floridezza dell’insediamento sotto l’influenza di Tuscania, nel suo momento di massima espansione. Ciò è provato inoltre dalla visibile affinità tecnica e artistica, riscontrata tra le suppellettili provenienti dalle tombe piansanesi e quelle rinvenute nel territorio tuscanese.

Tra le sepolture ipogee rinvenute, una delle più interessanti è quella posta sulla parete tufacea che guarda ad Est, sotto la via principale di Piansano, via Santa Lucia. La tomba venne alla luce nei primi anni ’80, durante gli scavi per la costruzione del parcheggio e del giardino davanti all’edificio scolastico. Questa è composta da due camere sepolcrali separate da un setto centrale ricavato nel banco tufaceo. La caratteristica che la rende così importante dal punto di vista archeologico è la presenza, sul fronte del setto centrale, di una iscrizione etrusca incisa nel tufo: si tratta di almeno quattro righe scritte da destra verso sinistra e accuratamente impaginate, lacunose nella parte centrale e nell’ultima riga, a causa del crollo di parte della parete. Dopo 30 anni di oblio, nel 2007, l’iscrizione è stata presa in esame dal Professor Alessandro Morandi, della sezione “Etruscologia e Antichità italiche”, Facoltà di Scienze Umanistiche, dell’Università La Sapienza di Roma. Allo studio è seguita, nel 2009, una esauriente pubblicazione che data la tomba al IV III sec a. C.e rivela come l’iscrizione sia occupata totalmente da forme onomastiche, riferibili ai defunti di più famiglie ospitati nella tomba.

Nel complesso i gentilizi dell’iscrizione trovano confronto sia in territorio tarquiniese sia in quello etrusco settentrionale in genere; tra queste ha un certo spicco il noto gentilizio Hul?nies ricollegabile con un Luvce Hul?nies A. da Musarna. L’iscrizione, secondo il prof. Morandi, ha implicazioni etnogenetiche di fondamentale portata per Piansano e unita alle altre epigrafi rinvenute nel territorio, crea un arricchimento del patrimonio culturale etrusco della zona, alquanto trascurata dalla ricerca archeologica. Scendendo a valle, sullo stesso fronte tufaceo, è visibile quel che resta di un colombaio, crollato per la gran parte, pertinente alla stessa necropoli. Sono state censite nel territorio altre tombe interessanti; alcune, di discrete dimensioni, sono dotate di copertura a spioventi concolumen centrale. Da qui provengono suppellettile varia e notevoli esemplari di urne e sarcofagi, uno dei quali recante l’iscrizione con il nome del proprietario, è esposto nell’atrio del palazzo comunale di Piansano. Dalla località Macchione, invece, proviene un bel coperchio di sarcofago in terracotta policroma di epoca tardo etrusca, oggi conservato nel Palazzo Gentili di Viterbo. Stando alle testimonianze rinvenute, la tipologia a camera, indice di un certo agio nella società dell’epoca, deve aver lasciato il posto a partire dal I secolo a.C. alle più semplici tombe a cappuccina, rivelando forse un indebolimento economico del centro in questo periodo.

L’individuazione di alcuni basoli, quel che resta degli antichi tracciati stradali, accompagnata da altre evidenze archeologiche, permettono di localizzare, con una certa sicurezza, un antico abitato sul cosiddetto poggio di Metino. Il sito sembra occupato fin dall’epoca etrusca e popolato con continuità nel periodo romano, fino al VI secolo d.C.; l’interesse verso questo pianoro è notevole, essendo coinvolto nella questione archeologica, non ancora risolta, mirata a localizzare l’antica città di Maternum, variamente identificata senza successo appunto con Piansano, Castro, Canino, Valentano. Al di là della possibile, ma non archeologicamente provata ubicazione di Maternum su tale collina, sono presenti nell’area vestigia di massicce mura etrusche e poi romane in opuslistatum e reticulatum, tagliate di accesso al pianoro, sepolture in cui sono state rinvenute suppellettili di vario genere. Ad ogni modo, se la questione di Maternum appare ancora irrisolta, resta comunque la certezza che questo territorio affondi le proprie radici molto molto lontano…Una ulteriore conferma della presenza capillare di insediamenti etruschi nel territorio di Piansano, ma anche della limitata presenza di acque sorgive, è rappresentato da un particolare edificio che si trova alle pendici del Monte di Cellere. L’archeologo P. Laspeyers, che effettuò lo scavo del monumento nel 1870 dandogli il nome di “Fontana etrusca”, lo descrive come una struttura rettangolare di 30,45 per 9,40 metri.

Le mura perimetrali sono composte da pietre ben squadrate di tufo, con i lati lunghi che si vanno ad incuneare nella collina ed il lato corto volto verso valle. Nell’angolo a nord-est scende all’interno della vasca una rampa costituita da pietre squadrate, che doveva condurre, secondo Laspeyers, al punto più vicino alla sorgente e quindi più comodo per attingere acqua. Secondo lo studioso un tale dispiegamento di forze non dovette servire semplicemente ad incorniciare una fonte; piuttosto dovette essere un luogo in cui rifornirsi di acqua e lavare in grosse vasche, in poche parole sia una fontana che un lavatoio pubblico. Per quanto riguarda la datazione il Laspeyers non si sbilancia; riferisce semplicemente della presenza di un cippo sepolcrale tardo-romano posto sopra al sito, dopo lungo tempo dall’abbandono dalla fonte; ciò significa che la fontana, che ebbe probabilmente una lunga vita, è sicuramente precedente all’epoca romana, durante la quale fu dismessa ed interrata. La struttura va quindi attribuita all’epoca etrusca, non meglio precisata in mancanza di altri elementi datanti.