Un ritratto che probabilmente lo imbarazzava. Che lo portava indietro alla relazione con l’amico Bacon. Un quadro nel quale non voleva più riconoscersi per una somma di elementi.
Il grande pittore Freud aveva combattuto per (ri)acquistare l’opera – 65 x 43 cm – acquisita all’asta da un collezionista svizzero che egli non conosceva. Il collezionista – dicono ora fonti documentate – non voleva cederla nemmeno a un prezzo triplicato. Così Freud – hanno ricostruito storici e investigatori – aveva comunicato al proprietario del dipinto, con grande nervosismo e disappunto, che egli avrebbe sempre disconosciuto il quadro. Che significa? Niente inserimento in cataloghi, niente di nulla. E – naturalmente – crollo del valore economico. Una sorta di punizione per motivi non del tutto comprensibili, poichè il quadro – tecnicamente – è un bel dipinto.
Ora tre studi indipendenti riportano a Freud la realizzazione del quadro. Le indagini sono stilistiche e si sono basate anche sul rilievo dei pigmenti e sull’uso dell’algoritmo dell’intelligenza artificiale. Il dossier messo insieme è ponderoso è raccoglie anche le testimonianze private degli anni Novanta, attorno all’opera. Pertanto il quadro – nonostante la Fondazione Freud non possa riconoscerlo, in continuità con quanto espresso dall’autore – potrà essere immesso sul mercato a decine di milioni. Alla domanda sul motivo per cui Bacon avesse lasciato il dipinto a Ginevra e fosse entrato nel mercato, l’investigatore Navarro – che si è occupato del caso – ha ipotizzato che l’opera fosse un dono di Freud a Bacon e che fosse collocata in un appartamento svizzero in cui i due si incontravano. Ma probabilmente, in seguito, i due litigarono e Bacon si disfece del quadro.