“Ritrovato un topo in un vaso proveniente dal quartiere servile della villa di Civita Giuliana, contenente una sostanza semi-liquida, forse miele. Ora il vaso e le ossa del topo si trovano al Laboratorio di ricerche applicate per essere analizzati”. Lo comunica il Parco archeologico di Pompei. – Immediato il collegamento con una simpatica barzelletta risalente alla Grecia antica, che recita più o meno così: Un abitante di Kyme sta vendendo del miele. Un amico gli si avvicina, lo assaggia e gli fa: “Wow! Ma lo sai che è proprio buono?”. “Lo so eccome!”risponde lui.’Lo mangerei anche io, se solo quel topo non ci fosse cascato dentro!'”.
Lo scavo della Villa Imperialii di Civita Giuliana rientra in un’attività che il Parco Archeologico di Pompei sta portando avanti insieme alla Procura di Torre Annunziata. Oggetto di un saccheggiamento sistematico per anni, dopo un’indagine della procura, la villa di Civita Giuliana è dal 2017 oggetto di scavi stratigrafi ci che hanno restituito una serie di nuovi dati e scoperte tra cui, le più importanti, i calchi degli ultimi fuggiaschi, il carro cerimoniale e la stanza degli schiavi.
Il progetto di scavo in corso ha una duplice finalità: da un lato cooperare nelle indagini con la Procura di Torre Annunziata, per arrestare il depredamento del patrimonio culturale ad opera di clandestini che nella zona avevano praticato diversi cunicoli per intercettare tesori archeologici; dall’altro portare alla luce e salvare dall’azione di saccheggio una delle ville più significative del territorio vesuviano.
Gli interventi in corso hanno riportato in luce una serie di ambienti del settore residenziale nord-ovest della villa, posto in posizione panoramica con vista sul golfo di Napoli e articolato intorno ad un peristilio (giardino colonnato) a pianta rettangolare delimitato sui lati nord ed est da un porticato e, lungo il lato occidentale, da un criptoportico coperto da una terrazza con balaustra.
In particolare sono stati portati alla luce tre ambienti di soggiorno, due cubicula diurna (stanze da letto) dagli eleganti pavimenti in cocciopesto con motivi decorativi in tessere lapidee, ed un oecus. Quest’ultimo vano corrispondeva ad una grande sala da banchetto, con decorazioni in III Stile e un pavimento ad inserti marmorei (opus sectile) in corso di rifacimento al momento dell’eruzione. Al di sotto della terrazza correva, come di consueto nelle ville suburbane di area vesuviana, un criptoportico, che fungeva da basis villae, lungo per la parte conosciuta circa 56 metri, il quale era stato parzialmente esplorato durante gli scavi di inizio ‘900 e negli scorsi decenni intaccato da interventi di clandestini. Qui si è individuato un piano pavimentale in terra battuta e, lungo il lato occidentale, una sequenza di piccole finestre strombate all’esterno.
Durante le attività di scavo in località Civita Giuliana, a circa 700 m a nord-ovest di Pompei, nell’area della grande villa suburbana dove già nel 2017 era stata portata in luce la parte servile della villa, la stalla con i resti di tre cavalli bardati, sono stati rinvenuti due scheletri di individui colti dalla furia dell’eruzione. Così come nella prima campagna di scavo fu possibile realizzare i calchi dei cavalli, oggi è stato possibile realizzare quelli delle due vittime rinvenute nei pressi del criptoportico, nella parte nobile della villa oggetto delle nuove indagini.
I corpi sono stati individuati in un vano laterale del criptoportico, corridoio di passaggio sottostante della villa, che consentiva l’accesso al piano superiore. Nella zona servile è stato invece ritrovato un grande carro cerimoniale a quattro ruote, con i suoi elementi in ferro, le bellissime decorazioni in bronzo e stagno, i resti lignei mineralizzati, le impronte degli elementi organici (dalle corde a resti di decorazioni vegetali), è stato rinvenuto quasi integro nel porticato antistante alla stalla dove già nel 2018 erano emersi i resti di 3 equidi, tra cui un cavallo bardato.
Un ritrovamento eccezionale, non solo perché aggiunge un elemento in più alla storia di questa dimora, al racconto degli ultimi istanti di vita di chi abitava la villa, e più in generale alla conoscenza del mondo antico, ma soprattutto perché restituisce un reperto unico – mai finora rinvenuto in Italia – in ottimo stato di conservazione.