Beati Paoli. Palermo riapre il percorso degli incappucciati, misteriosa setta che si muoveva nei sotterranei

Questi uomini, secondo la tradizione, andavano vestiti come monaci, aggirandosi liberamente nelle chiese e, fingendo di pregare, venendo a conoscenza delle situazioni di ingiustizia su cui intervenire. La notte mettevano a punto la vendetta. I loro verdetti erano inappellabili e spietati e per chi veniva condannato a morte non c’era via di scampo

La città narrata da Luigi Natoli è piena di bellezza e fascino, tra i vicoli e le chiese si nasconde un’altra storia, quella celebre dei Beati Paoli, setta legata alla devozione di San Paolo o di San Francesco di Paola. Palermo, attraverso l’associazione Terradamare, ripristina un percorso culturale, collegato al mito degli Incappucciati, che interpreta l’anima ribelle dei siciliani, rispetto agli invasori e che costituisce la trama di un governo parallelo che troviamo in modo ricorrente, nella storia dell’isola.

L’appuntamento alla riscoperta del “ventre di Palermo” è fissato per domenica 21 novembre 2021 alle 10 Tour Nel ventre di Palermo. Dal “vicolo degli Orfani”, fino a uno dei leggendari accessi usati dalla setta. La durata del percorso è di circa 3 ore. Info e ticket: 320.7672134 – 347.8948459

I Beati Paoli divennero noti in tutta Italia grazie al romanzo d’appendice dello scrittore e giornalista siciliano Luigi Natoli, firmato con lo pseudonimo di William Galt e apparso originariamente sul Giornale di Sicilia in 239 puntate dal 6 maggio 1909 al 2 gennaio 1910. Ma non tutto ciò che Natoli scrisse era frutto di invenzione. Il marchese di Villabianca, che si interessò a lungo a questa congrega – basandosi su tradizioni tramandate oralmente e trascritte negli “Opuscoli Palermitani”, riteneva che le origini della setta risalissero alla fine del XII secolo e che il gruppo fosse nato con il nome di “Vendicosi” ovvero “Vendicatori”.
Solo tra il XV ed il XVI secolo si inizia a parlare dei Beati Paoli. Anche l’origine del nome, “Beati Paoli”, è avvolto nel mistero.
Questi uomini, secondo la tradizione, andavano vestiti come monaci, aggirandosi liberamente nelle chiese e, fingendo di pregare, venivano a conoscenza delle situazioni di ingiustizia su cui intervenire.
La notte mettevano a punto la vendetta. I loro verdetti erano inappellabili e spietati e per chi veniva condannato a morte non c’era via di scampo. Veniva prelevato, incappucciato e portato al cospetto del capo. Subito dopo un “processo” sommario, la sentenza veniva eseguita: il colpevole veniva pugnalato.

Essi, come dice il Natoli stesso, “insorgevano per difendere, proteggere i deboli, impedire le ingiustizie e le violenze: erano uno Stato dentro lo Stato, formidabile perché occulto, terribile perché giudicava senza appello, puniva senza pietà, colpiva senza fallire”.
Le vicende del romanzo che poi Natoli avrebbe scritto si collocano nella Palermo della fine del 1600 e la sua potenza sta proprio nel ridisegnare una topografia della città, che si espande, soprattutto, per il quartiere del Capo.

Il gruppo di visitatori, guidato da Terradamare, partirà domenica da una delle porte monumentali della città, Porta Carini, ingresso dello storico mercato, per muoversi verso la sede del Tribunale degli incappucciati.
“Ci dirigeremo verso il Mercato del Capo, luogo cruciale del celebre romanzo siciliano – spiegano le guide – Tra le bancarelle e i tortuosi vicoli si giunge, difatti, presso Palazzo Serenario, vicino al Panificio Morello.
L’edificio architettonico appartenne al noto pittore Gaspare Serenario, ma è conosciuto come Palazzo duca Della Motta, in cui visse il protagonista del romanzo Blasco di Castiglione”.
“La successiva tappa del nostro percorso ci porterà presso la Chiesa di Santa Maria del Gesù (Santa Maruzza o “dei canceddi”) così chiamata perché sede della confraternita dei portatori di basto che utilizzavano, per i trasporti delle merci, grosse ceste dette “canceddi”. Si trova sulla piazza dei Beati Paoli. Secondo la tradizione orale e letteraria, lateralmente alla chiesa, in Vicolo degli Orfani, vi era l’accesso alle camere sotterranee utilizzate dai Beati Paoli. Infine, l’antico passaggio del Papireto e le colorate vie della città ci condurranno alle Catacombe di Porta D’Ossuna, testimonianza del primo cristianesimo in Sicilia, colme di fascino, hanno resistito alle tantissime trasformazioni di Palermo, facendosi riscoprire di recente. Un tesoro sotterraneo di immenso valore, che conduceva gli incappucciati a riunirsi tra i muri dell’antica necropoli”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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