Il recupero di capelli umani in una grotta funeraria della tarda Età del bronzo a Minorca, nelle Isole Baleari, ha fornito un’opportunità unica per sondare ulteriormente i regni medicinali e rituali degli abitanti indigeni del Mediterraneo occidentale – risalendo a 3000 anni fa – attraverso l’analisi del contenuto di alcaloidi. I risultati forniscono una prova diretta del consumo di droghe vegetali e, cosa più interessante, rivelano l’uso di molteplici specie psicoattive.
Questo emerge da uno studio pubblicato in queste ore da Scientifics reports di Nature, firmato da E. Guerra-Doce con C. Rihuete-Herrada, R. Micò, R.Risch, V. Lull e Niemeyer. Sarebbe la prima volta, da quanto risulta, che sono state individuate tracce dirette di droga sull’organismo in un contesto archeologico europeo. In precedenza, in diverse sepolture, anche in Italia, era state trovate tracce di sostanze psicoattive in contenitori, ma non era stato possibile dimostrare una correlazione diretta con il consumo.
Il contesto archeologico in cui è è avvenuta la scoperta delle ciocche è la grotta rituale e funeraria di Es Càrritx, a Minorca. In un angolo discosto, sotto l’arenaria, sono stati trovati contenitori tubolari di legno o di corno provvisti di fondo e di coperchi che sigillavano al loro interno ciocche di capelli. “I coperchi, spesso decorati con serie intagliate di cerchi concentrici perfetti, reggevano contrapposte alette forate che servivano a fissare i contenitori con l’ausilio di lacci. – spiegano gli studiosi – L’insieme era composto da sei contenitori in legno completi, quattro contenitori in corno completi, quattro spatole in legno, quattro canne in legno, un bastone in legno, tre vasi in legno, un pettine in legno, due vasi in ceramica e alcuni oggetti in bronzo (una lama, una forcina e parte dell’asta di un secondo perno). Sembra che gli oggetti siano stati volutamente nascosti insieme depositandoli in un unico evento all’interno di una fossa che era stata scavata nell’argilla naturale della cavità, e poi ricoperta con una lastra di argilla compattata”.
La completa assenza di bulbi piliferi – le ciocche di capelli venivano tagliate e non strappate -, ha impedito la determinazione del sesso, attraverso le indagini sul dna, degli individui dai quali erano stati tagliati i capelli. Ma è stato possibile indagare i capelli stessi sotto il profilo della presenza di sostanze psicoattive. I risultati sono stati sorprendenti. Le persone – forse sacerdoti o sciamani? – non avevano assunto droghe per un periodo coincidente con una possibile malattia, ma per periodi ben più lunghi. La lunghezza delle ciocche di capelli e l’analisi dei segmenti lungo tutto il fusto del capello indicano un consumo per un periodo di quasi un anno; quindi, l’assunzione di droga è stata sostenuta nel tempo.
Ma da dove venivano ricavate queste droghe?
“La flora originaria di Minorca comprende le specie psicoattive Datura stramonium , Hyoscyamus albus e Mandragora automnalis che contengono i derivati del tropano atropina e scopolamina, Ephedra fragilis che contiene il derivato della feniletilamina efedrina e Papaver somniferum che contiene una varietà di alcaloidi benzilisochinolinici, morfina e papaverina” scrivono gli studiosi. ” proseguono gli autori dello studio – Gli alcaloidi tropanici sono altamente psicoattivi, esercitando molteplici effetti sul sistema nervoso centrale. Più che semplici allucinogeni, atropina e scopolamina appartengono al gruppo delle droghe deliranti, cioè inducono delirio caratterizzato da estrema confusione mentale, allucinazioni forti e realistiche, disorientamento, alterazione della percezione sensoriale e disorganizzazione comportamentale 124 . Di solito vengono riportate esperienze extracorporeei e una sensazione di alterazione della pelle, come se crescessero pellicce o piume.”
Gli autori suggeriscono che la presenza di questi alcaloidi nei capelli potrebbe essere dovuta al consumo di alcune piante di belladonna, come la mandragora ( Mandragora autumnalis ), il giusquiamo ( Hyoscyamus albus ) o il rovo ( Datura stramonium ) e il pino comune ( Ephedra fragilis ). Gli autori ipotizzano che queste piante medicinali potrebbero essere state utilizzate come parte di cerimonie rituali eseguite da uno sciamano. I cerchi concentrici sui contenitori di legno potrebbero aver raffigurato occhi e potrebbero essere stati una metafora della visione interiore correlata a uno stato di coscienza alterato indotto dalla droga. A causa di cambiamenti culturali circa 2.800 anni fa, gli autori ipotizzano che i contenitori di legno siano stati sigillati nella camera della grotta per preservare queste antiche tradizioni.