Capo Bove. Il georadar rivela strutture – forse romane – sepolte sotto questo prato

Uno scavo nel giardino aveva già portato portato in luce un impianto termale della metà del II secolo d.C. con fasi edilizie fino al IV secolo e tracce di uso agricolo-produttivo riferibili al periodo tardo antico. Delle terme rimangono decine di ambienti, pavimentazioni a mosaico e in marmo colorato, vasche idrauliche, tubuli in terracotta, l’impianto fognario e porzioni dei rivestimenti in lastre di marmo e intonaco dipinto

La previsione di lavori di efficientamento energetico può essere utile per andare a vedere cosa sta nel sottosuolo e scoprire strutture antiche inesplorate.

E’ quanto sta avvenendo in queste ore nell’area del Complesso di Capo di Bove – nel Parco archeologico dell’Appia antica, a Roma, dove sono partiti i lavori previsti nell’intervento per il “Miglioramento dell’efficienza energetica degli immobili e degli spazi espositivi del Parco Archeologico dell’Appia Antica. Definizione di strategie di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità”, finanziato con i fondi del Piano Nazionale Complementare al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

“Sono state eseguite indagini georadar di quasi tutto il giardino con l’obiettivo principale di mappare tutte le strutture e le infrastrutture ipogee al fine di individuare i punti più idonei alla realizzazione di prese di scambio termico con la falda acquifera. – dicono gli archeologi del Parco – I dati emersi dalle ricognizioni porteranno anche informazioni fondamentali sulle strutture archeologiche ancora inesplorate, che consentiranno di programmare nuovi scavi archeologici. A presto con nuovi aggiornamenti sull’andamento dei lavori”.

Il complesso di Capo di Bove si affaccia al IV miglio della Via Appia Antica, a circa 500 m di distanza dal Mausoleo di Cecilia Metella. Si tratta di un’area verde di circa 8.600 mq con all’interno un edificio principale su tre livelli e uno minore. Quando la proprietà fu messa in vendita nel 2002, la Soprintendenza Archeologica di Roma e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali decisero di acquistarla esercitando il diritto di prelazione, dato l’interesse archeologico dell’area (come sancito anche da un vincolo specifico).

Dopo l’acquisto, è stato effettuato uno scavo nel giardino, che ha portato in luce un impianto termale della metà del II secolo d.C. con fasi edilizie fino al IV secolo e tracce di uso agricolo-produttivo riferibili al periodo tardo antico, quando la zona rientrava nel Patrimonium Appiae (vasta tenuta agricola di proprietà ecclesiastica). Delle terme rimangono decine di ambienti, pavimentazioni a mosaico e in marmo colorato, vasche idrauliche, tubuli in terracotta, l’impianto fognario e porzioni dei rivestimenti in lastre di marmo e intonaco dipinto.

Il giardino è stato ridisegnato con la piantumazione di nuove essenze arboree, la realizzazione di un articolato percorso pedonale e l’allestimento di un efficace sistema d’illuminazione.

L’edificio principale, in origine a uso abitativo, è stato adeguato dalla Soprintendenza alla nuova funzione pubblica: ospita uffici, una sala conferenze, accoglie mostre fotografiche e artistiche, eventi culturali, incontri didattici e custodisce l’Archivio e la Biblioteca di Antonio Cederna, il padre del movimento ambientalista in Italia che tanto si è battuto per la tutela della Via Appia Antica. L’edificio, che sorge sulla cisterna romana che alimentava le terme, presenta una caratteristica cortina muraria di materiali antichi di recupero, realizzata negli anni Cinquanta del Novecento.

L’attiguo edificio minore, già dépendance della casa, è stato trasformato in punto di accoglienza per i visitatori. Informazioni e orari sulle visite possono essere raccolte, CLICCANDO QUI

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz