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C’è una mano di 2100 anni fa che penzola dal portico. Uno studio decripta l’oscura scritta che reca. A cosa serviva



di Redazione
Stile arte è un quotidiano di cultura, arte e archeologia fondato nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz

20 febbraio 2024 – E’ stata pubblicata, con uno studio linguistico sulla rivista Antiquity, in queste ore, la soluzione dell’enigma posto da una mano di bronzo trovata nel 2021 nel sito archeologico di Irulegi vicino alla valle di Aranguren, nella regione settentrionale della Navarra spagnola, a circa 8 chilometri dalla moderna Pamplona. Il forte si trova sulla sommità della montagna da cui prende il nome.

La sua lunga sequenza di occupazioni e l’eccellente stato di conservazione ne fanno uno degli insediamenti fortificati più significativi dei Pirenei occidentali

La mano è stata trovata sulla soglia di una delle case non distanti dal forte che furono distrutte durante le guerre civili sertoriane – I secolo a.C. – combattute tra i Romani, con il coinvolgimento delle popolazioni locali. Qui sotto, nelle immagini possiamo vedere il contesto del ritrovamento.

In alto: Il monte sul quel sorgeva la fortezza. La lettera B nella foto A indica, con la freccia, verso il basso, il punto in cui sorgevano le abitazioni. Qui è stata trovata la mano di bronzo. Nell’immagine sotto vediamo l’abitato, non distante dalle fortezza. Con il numero 6000 è identificata la casa in cui è stata trovata la mano di bronzo @ Foto degli autori, Antiquity

Ai piedi della fortificazione sono stati scoperti i resti di un insediamento abitativo di circa 2.100 anni fa. Sulla soglia di una delle case, originariamente, era appesa questa mano. Forse direttamente con un chiodo, contro uno stipite di legno, forse oscillante da un filo, che passava da un foro.

La sequenza del ritrovamento della mano, fino al suo restauro @ Foto degli autori, in Antiquity

 

La lastra di bronzo ha una lunghezza di circa 14,5 centimetri. Analisi di laboratorio hanno rivelato che sulla lastra erano incise strane iscrizioni, sotto forma di 40 simboli distribuiti su quattro righe.

“La analisi linguistica dettagliata – affermano gli studiosi – suggerisce che la scrittura rappresenta un sottosistema grafico del paleoispanico che condivide le sue radici con la lingua basca moderna e costituisce il primo esempio di epigrafia vasconica. Il testo iscritto su questo manufatto, rinvenuto all’ingresso di un edificio domestico, viene interpretato come apotropaico, un segno di buona fortuna. I Vasconi: menzionati in fonti classiche tra cui Tolomeo ( Geographia 2.6.67; Garcia Gil e Molinero HernandoRiferimento Garcia Gil e Molinero Hernando2006 ) e Plinio ( Naturalis Historia 3.3.24; RackhamRiferimento Rackham1942 ) – erano un gruppo culturale della tarda età del ferro che occupava i Pirenei occidentali, nell’area approssimativa dell’attuale Navarra. La lingua vasconica sembra differire dalle altre lingue paleoispaniche in quanto, sebbene il numero di iscrizioni conosciute sia molto basso, sembra essere persistito durante il periodo romano e il successivo periodo germanico e, insieme all’Aquitano, potrebbe essere correlato all’attuale basco”.

La caratteristica più notevole della mano Irulegi è l’iscrizione incisa sul retro. È composto da quattro righe di testo, destinate ad essere lette orientando la mano con le dita rivolte verso il basso e con il foro in alto.

La scritta è la seguente:

sorioneku ⋅
kunekebeekiŕateŕe/ /n
oTiŕtan ⋅ eseakaŕi
eŕaukon ⋅
Car

Cosa significa questa scritta?

“La notevole somiglianza tra la prima parola del testo, sorioneku , e la parola basca zorioneko — ‘di buona fortuna’, una flessione-derivazione della sequenza zori ‘fortuna’ + (h) su ‘buono’ — potrebbe essere interpretata come una coincidenza, se non fosse per l’evidente simbolismo del manufatto e del suo ritrovamento nel cuore del territorio vasconico. – dicono gli autori dello studio – Questa parola, isolata al verso 1, potrebbe menzionare la divinità, sia essa la Buona Fortuna o un’altra divinità, a cui l’iscrizione sarebbe stata dedicata. oTiŕtan: questo potrebbe essere interpretato come il nome di un luogo. Tra le restanti parole identificate, eŕaukon è quella che ha più probabilità di essere una forma verbale, sia per la sua forma che per la sua posizione finale. La sua forma ricorda la forma basca del passato del verbo ausiliare zeraukon , usato nei dialetti orientali spagnoli; è una forma di *eradun – causativo di *edun – ‘far avere’ > ‘dare’, usato marginalmente come verbo autonomo ancora nel XVI secolo, prima del suo uso come ausiliare. Il significato di questo verbo avrebbe senso nel caso di una dedica votiva, anche se diversi aspetti sono discutibili.”

“Insomma – affermano gli studiosi – sebbene alcuni tratti restino oscuri, soprattutto al verso 2, e vi siano problemi in relazione alle parole basche addotte come parallele, l’iscrizione può essere interpretata come una dedica a una divinità nominata all’inizio ( sorioneke /-ku ), con un verbo dedicazionale alla fine ( eŕaukon ) il cui oggetto andrebbe immediatamente prima ( ese-agaŕi ). Si può anche indicare un luogo ( oTiŕtan ), lasciando nella riga oscura 2 l’espressione del dedicante e qualche altra specificazione”. Colmando i vuoti semantici la mano potrebbe richiedere favori a una dea della Fortuna

“La mano Irulegi deve essere considerata come un elemento ben integrato nel contesto culturale dell’insediamento”, ha affermato l’autore principale dello studio, Mattin Aiestaran dell’Università dei Paesi Baschi. “La mano avrebbe avuto una funzione rituale, sia per attirare buona fortuna o come offerta a un dio indigeno o a una dea della fortuna.” Tuttavia, “la mancanza di altri testi comparativi rende difficile dimostrare un legame diretto tra la lingua vasconica parlata a Irulegi e l’attuale lingua basca”.

Fonte: Antiquity