Cinquecento a Bologna, uno e due

Una mostra di disegni prestati dal Louvre conferma la teoria di una peculiarità dell'arte nella città felsinea del XVI secolo, sviluppata attraverso due polarità espressive antitetiche ma coesistenti

di Giovanna Galli

Nella Sala delle Belle Arti della Pinacoteca Nazionale di Bologna è in corso l’esposizione “Il Cinquecento a Bologna. Disegni dal Louvre e dipinti a confronto”, il cui percorso intende evidenziare l’apporto dato alla città da esperienze diverse e artisti di varia provenienza, e le caratteristiche che hanno accomunato i maestri qui attivi fra il XV e il XVI secolo. Grazie a uno straordinario prestito da parte del Museo parigino, l’evento porta in Italia un nucleo rilevante di opere grafiche: delle 103 esposte, infatti, 58 sono i disegni giunti d’Oltralpe, di cui ben 55 dalle collezioni del Louvre. Abbiamo intervistato Marzia Faietti, Direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca di Bologna, curatrice della mostra.
d_2La mostra ribadisce scelte cronologiche e taglio metodologico di quella allestita lo scorso anno al Louvre, sempre curata da lei, che si intitolava “Un siècle de dessin a Bologne, 1480-1580”. Possiamo sintetizzarne i contenuti?
Il taglio metodologico dell’esposizione parigina è ribadito in particolare dal prestito di tutti i disegni, opera non solo di artisti bolognesi, ma anche di maestri che erano attivi nella città nel periodo preso in considerazione, dagli anni finali del Quattrocento fino al 1580 circa. Ma complessivamente questa mostra offre alcune novità, in parte legate alla presenza di disegni nuovi, in parte all’aggiunta di una nutrita sezione di dipinti, scelti o perché in stretta relazione con le opere grafiche proposte, che ne rappresentano spesso la realizzazione finale, o perché portatori di un loro valore intrinseco, utili come chiave di lettura per la comprensione della personalità degli artisti, essendo prioritaria l’esigenza di suggerire un discorso unitario e specialistico relativamente, appunto, alle varie personalità analizzate. Esigenza confermata dalla struttura dell’allestimento, che non propone dipinti e disegni in sedi separate, ma li accosta, consentendone un confronto diretto.
Quali sono gli elementi comuni che hanno contribuito, pur all’interno di ricerche espressive diverse e peculiari, alla definizione di un concetto di “bolognesità”?
La ringrazio per questa domanda, perché, nonostante l’utilizzo del termine “bolognesità” possa far sorridere, è un concetto che mi è particolarmente caro. Bologna è stata un centro di fondamentale scambio culturale, crocevia di passaggio per molte personalità artistiche. Per questo motivo non ho potuto fare a meno di pormi una domanda: quali sono i tratti caratteristici che hanno marcato le diverse esperienze, contribuendo a formare un retroterra comune? L’individuazione di alcune analogie ricorrenti mi ha condotto alla conclusione che esiste una “bolognesità”, che può essere rintracciabile in due diverse polarità espressive: da un lato la corrente classicista, moderata (ad esempio, quella dell’imperturbabilità del protoclassicismo del Francia o del metafisico isolamento di Giovanni Battista Ramenghi); dall’altro una corrente più “bizzarra”, costituita da artisti eccentrici, come Aspertini, il Nosadella o Bartolomeo Passerotti, la cui ricerca si avvaleva anche di contatti importanti con l’ambiente scientifico, aristotelico (ricordiamo che Bologna era una città universitaria di antichissima fondazione e prestigiosa tradizione, il che non si rivelò privo di conseguenze per la cultura artistica). Si tratta di due polarità così dissonanti (sia pure compresenti e ugualmente proficue), che non è possibile non chiedersi come potessero coesistere due anime così diverse a Bologna, e cosa dunque avvenisse in questa città, crogiuolo di esperienze ed esistenze disparate.
Vuole indicare alcune opere in mostra che a suo avviso meritano un’attenzione particolare, sia per il valore strettamente artistico che per quello documentario e storico?
La sezione dei disegni è particolarmente ricca. Nella prima sezione vengono presentate due straordinarie tavole del Francia appartenenti alla collezione del Louvre, e, sempre da Parigi, un’interessantissima “Testa” grottesca di Jacopo da Bologna. Poi vanno senz’altro segnalati due splendidi disegni di Parmigianino, che riguardano la Pala di San Rocco, accostati allo stesso dipinto, proveniente dalla basilica di San Petronio. Inoltre la mostra suggerisce rimandi ad alcune opere conservate nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, come la “Pala di Santa Cecilia” di Raffaello, che i visitatori possono ammirare accedendo al piano superiore, direttamente nelle sale della Pinacoteca.

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