Dalle recenti scoperte di Pompei nuove informazioni sulla gerarchia degli schiavi romani. Non erano reclusi. Chi erano, come vivevano, chi faceva carriera e denaro

“Sappiamo che i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri. Quello che emerge qui è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza, anche perché mancano tracce di grate, lucchetti e ceppi. Pare che il controllo avveniva principalmente tramite l’organizzazione interna della servitù, e non tramite barriere e vincoli fisici". – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel

La nuova stanza, trovata in questi giorni a Civita Giuliana, nell’ambito del Parco archeologico di Pompei, denominata “ambiente “A”, si presenta diversa da quella già nota come ambiente “C”, ricostruita a novembre 2021 in cui erano posizionate tre brande e che fungeva al tempo stesso da ripostiglio. Quello che è emerso adesso fa pensare a una precisa gerarchia all’interno della servitù. Mentre uno dei due letti trovati in queste settimane è della stessa fattura, estremamente semplice e senza materasso, di quelli del 2021, l’altro è di un tipo più confortevole e costoso, noto in bibliografia come “letto a spalliera”. Nella cinerite sono ancora visibili le tracce di decorazioni color rosso su due delle spalliere. Oltre ai due letti, nell’ambiente recentemente scavato ci sono due piccoli armadi, anch’essi conservati parzialmente come calchi, una serie di anfore e vasi di ceramica e diversi attrezzi, tra cui una zappa di ferro.

“Sappiamo che i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri. Quello che emerge qui è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza, anche perché mancano tracce di grate, lucchetti e ceppi. Pare che il controllo avveniva principalmente tramite l’organizzazione interna della servitù, e non tramite barriere e vincoli fisici”. – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel

Acquisizione degli schiavi e ruoli occupati

L’acquisizione degli schiavi nell’Antica Roma avveniva attraverso diverse modalità. Molti schiavi provenivano da territori conquistati durante le guerre, diventando bottino di guerra e spesso trasportati a Roma per essere venduti in appositi mercati. Altri schiavi potevano essere – a loro volta – figli di schiavi, nati già in stato di schiavitù. Le famiglie in difficoltà finanziarie spesso vendevano membri della loro famiglia come schiavi per alleviare le loro condizioni economiche.

Gli schiavi ricoprivano un’ampia gamma di ruoli all’interno della società romana. Alcuni erano destinati alle attività domestiche, come servire nelle cucine, prendersi cura delle mansioni di pulizia e assistere i padroni nelle loro esigenze quotidiane. Alcuni di loro assumevano ruoli fondamentali nella gestione e nell’amministrazione della proprietà del padrone. Altri schiavi lavoravano nei campi, nell’agricoltura o nell’allevamento, fornendo risorse vitali per l’economia dell’Impero. Alcuni schiavi più istruiti potevano essere impiegati come tutori per i figli dei padroni, medici o insegnanti.

La gerarchia tra gli schiavi

All’interno della società romana, una chiara gerarchia esisteva tra gli schiavi. Coloro che avevano il privilegio di lavorare nelle case dei padroni, noti come “famuli”, godevano di uno status superiore rispetto a quelli impiegati in attività agricole o estrattive. I famuli erano spesso più vicini ai loro padroni e potevano godere di qualche beneficio, come l’accesso a cibo migliore o abiti più confortevoli. Tuttavia, la loro posizione rimaneva subordinata e sottoposta al controllo dei padroni.

La gerarchia tra gli schiavi non si limitava solo alle mansioni svolte, ma si estendeva anche al loro aspetto fisico. Gli schiavi che corrispondevano agli ideali di bellezza romana potevano ricevere un trattamento leggermente migliore rispetto a quelli che non lo facevano, riflettendo così l’importanza della bellezza nella società romana.

Libertà e ruolo dei liberti

I liberti rappresentavano una classe intermedia tra gli schiavi e i cittadini romani liberi. La loro libertà poteva essere ottenuta attraverso vari mezzi, come l’acquisto della libertà dai loro padroni – versando loro del denaro – o grazie a concessioni imperiali. Una volta ottenuta la libertà, i liberti godevano di maggiori diritti rispetto agli schiavi e potevano svolgere attività commerciali, possedere proprietà e intraprendere affari autonomamente, ma, di fatto, era preclusa a loro, la carriera politica. Questo perché, al di là delle basse condizioni sociali d’origine, erano soprattutto “stranieri”.

Molti liberti sceglievano di mantenere legami con le famiglie dei loro ex padroni, spesso continuando a lavorare per loro come dipendenti retribuiti. Questo li aiutava a preservare relazioni importanti e a garantirsi un sostegno nella loro nuova vita di libertà.

Storie di liberti famosi

Per certi aspetti possiamo sotto lineare alcuni elementi comuni tra i liberti e quella che sarebbe divenuta la borghesia medievale, attiva e spesso senza scrupoli, in grado, per accumulo di grandi sostanze, di competere con i grandi proprietari terrieri di origine aristocratica. Questi liberti potevano trovare lavoro occupando posizioni di rilievo, come medici, insegnanti o banchieri.

Alcuni liberti romani divennero famosi per le loro imprese. Tra questi ricordiamo:

Epicteto: filosofo stoico, fu liberto di Epaphrodito, un alto funzionario dell’imperatore Nerone.
Erode Agrippa I: re di Giudea, fu liberto di Giulio Cesare.
Lisia: oratore ateniese, fu liberto di un ricco mercante di schiavi.

Tra i liberti che raggiunsero il successo e la celebrità, emerge la figura di Publio Elio Aristide. Nato schiavo in Anatolia, Aristide dimostrò un’eccezionale abilità retorica e filosofica. Divenne noto per i suoi discorsi eloquenti e le sue opere filosofiche. Dopo aver guadagnato la sua libertà grazie alle sue capacità accademiche, Aristide continuò a praticare l’oratoria e a scrivere, diventando una figura di spicco nell’Antica Roma. La sua eloquenza e il suo impegno gli valsero il soprannome di “Aristide l’eloquente”.

Conclusioni

In sintesi, il sistema di schiavitù nell’Antica Roma era profondamente radicato nella società e nell’economia. Gli schiavi svolgevano ruoli diversificati, mentre i liberti rappresentavano una via attraverso la quale alcuni individui potevano emergere dalla schiavitù e perseguire il successo. Le storie dei liberti famosi, come quella di Aristide, ci offrono un’istantanea affascinante di come il desiderio di libertà, la determinazione personale e le abilità straordinarie potessero condurre all’elevazione sociale.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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