Dov’è che Piero dipinse la sua Resurrezione?
di Roberto Manescalchi
Giorgio Vasari, nel 1568, nella seconda edizione (rivista e corretta) delle sue celeberrime vite ci dice di Piero che:
1) “…e nel palazzo de’ Conservatori (dipinse) una Resurrezione di Cristo (foto sotto, prima dell’ultimo restauro), la quale è tenuta dell’opere che sono in detta città e di tutte le sue la migliore”
2) “ I libri di Pietro sono per la maggior parte nella libreria del secondo Federigo duca d’Urbino e sono tali che meritatamente gli hanno acquistato nome del miglior geometra che fosse ne’ tempi suoi.”
Insomma ed in sostanza il buon Giorgio – il più importante architetto del Cinquecento e il fondatore della storia dell’arte – ci dice che la più bella pittura del migliore fu dipinta nel palazzo dove ancora oggi si trova.
Di questo avviso non pare essere la prof. Cecilia Frosinini responsabile, per conto del fiorentino Opificio delle Pietre Dure, dell’ultimo restauro dell’affresco terminato nel marzo u.s. che ha dichiarato quanto segue:
22 Novembre 2016
La straordinaria Resurrezione di Piero della Francesca, opera iconica del maestro quattrocentesco e simbolo di Sansepolcro, non fu dipinta sulla parete della Sala dei Conservatori della Residenza, l’antico palazzo del governo (oggi sede del Museo Civico) dove si trova ora e dove faceva bella mostra di sé già a metà Cinquecento. “Ora ne siamo certi, fu dipinta altrove e poi trasportata qui”, annuncia all’Ansa Cecilia Frosinini, direttore del settore Conservazione Dipinti Murali e stucchi dell’Opificio Pietre Dure di Firenze e responsabile del progetto di restauro avviato due anni fa. Il muro originario fu tagliato e trasportato dov’è ora. Si tratta, spiega la studiosa, “di un trasporto a massello, probabilmente il primo in età moderna, realizzato peraltro con una tecnica diversa da quella che conoscevamo e che poi impiegò il Vasari”.
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Piero-della-Francesca-restauro-svela-mistero-Resurrezione-ff99191c-a859-489d-ad02-edfaa9bbf967.html
22 Novembre 2016
«Ora — ha spiegato Frosinini — ne siamo certi: la Resurrezione fu dipinta altrove. E venne portata qui utilizzando un trasporto a massello probabilmente il primo in età moderna». Una tecnica che esisteva già in età romana, usata anni dopo anche dal Vasari (altro grande ammiratore di Piero della Francesca) per spostare opere di Donatello, Ghirlandaio, Botticelli e che consisteva nel taglio della sezione del muro, nella costruzione del telaio e nel trasporto dell’opera nella nuova collocazione proprio su questo telaio. Un intervento «non facile per l’epoca», avvenuto con tutta probabilità dopo la morte di Piero (e quindi dopo il 1492), ma che secondo i tecnici «potrebbe addirittura aver migliorato la conservazione del capolavoro, rendendo più elastico il suo supporto e permettendogli di resistere a bombe, guerre e terremoti».
https://www.corriere.it/cultura/16_novembre_22/resurrezione-piero-della-francesca-sansepolcro-palazzo-governo-d84f4d5a-b0e2-11e6-b55d-c69c2623ee72.shtml
23 Marzo 2018
“Il dipinto venne spostato qui da un altro luogo- spiega Cecilia Frosinini, Direttrice del Settore Restauro Dipinti Murali dell’Opificio – E’ dunque uno dei più antichi e monumentali trasporti a massello della storia dell’arte”.
http://www.ansa.it/toscana/notizie/2018/03/23/san-sepolcro-risplende-la-resurrezione_f038f6fa-c285-43e7-99e8-772b8da09beb.html
23 Marzo 2018
“Oggi possiamo affermare con certezza quel che a lungo avevamo sentito dire: il dipinto venne spostato qui da un altro luogo, forse anche da una parete esterna sull’arengario – dice Cecilia Frosinini, Direttrice del Settore Restauro Dipinti Murali dell’Opificio – E’ dunque uno dei più antichi e monumentali trasporti a massello della storia dell’arte. Decidere di portarlo qui, nel Palazzo della residenza e nella Sala dei Conservatori del popolo”, dove un tempo si riuniva l’Assemblea cittadina “fu una scelta identitaria”.
http://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/notizie/bellezza/2018/03/23/s.sepolcro-risplende-la-resurrezione_fe635cee-4251-4c33-8f38-fbacf3c9bdab.html
Come abbiamo visto sopra, nelle quattro citazioni, da considerare naturale premessa, la prof.ssa Cecilia Frosinini ha dichiarato – che Piero non dipinse il suo capolavoro dove oggi si trova, ma che lo stesso fu dipinto altrove. Abbiamo riportato due dichiarazioni registrate dalla stampa per ognuna delle due occasioni in cui la stessa ha esternato. Lo abbiamo fatto perché i virgolettati non coincidono perfettamente anche se l’autorevolezza delle testate RAI e Corriere della Sera nella prima occasione e ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata) Redazione Toscana e Viaggi Arte lasciano pochi dubbi sul fatto che, comunque, l’affresco, secondo la professoressa, sarebbe stato dipinto da altra parte.
Noi crediamo che quanto sostenuto dalla responsabile del restauro non sia affatto vero e cercheremo di dimostrarlo. Voi potrete pensare che sia una questione di lana caprina, ma per noi (crediamo per molti) è, invece, oltremodo importante sapere dove Piero dipinse il suo affresco… la pittura più bella del mondo. Oltre a Vasari lo scrive anche Aldous Xuley nel 1921 e poi crediamo che il confronto e lo studio possa essere contributo utile a determinare la cifra reale del valore di chi sull’affresco è intervenuto.
Non ci stancheremo mai, anche a rischio di monotonia di sostenere che alla logica dignità di scienza l’abbiano data altri. Lo hanno certamente fatto i greci antichi ed è appena appena il caso di ricordare, tra i tanti: Pitagora, Eraclito, Zenone, Platone e Aristotele.
Tutti sanno (forse non è così!) del come, partendo da una proposizione e o premessa di carattere generale detta ‘maggiore’ e aggiungendo ad essa in concatenazione una proposizione o premessa ‘minore’, si possa giungere ad una proposizione e o conclusione coerente.
Mi spiego meglio, a beneficio di coloro per cui la materia risultasse ostica o che a scuola non hanno avuto voglia di studiare, con l’esempio degli esempi:
1) Tutti gli uomini sono mortali (proposizione e o premessa maggiore)
2) Socrate è un uomo (proposizione e o premessa minore)
3) dunque Socrate è mortale (conclusione coerente)
Dal sillogismo (si chiama così) su Socrate apprendiamo, senza ombra di dubbio, che ove le proposizioni maggiore e minore sono vere e corrette… la conclusione non può che essere altrettanto vera e corretta.
Perché tutta questa storia? Semplice:
1) Piero della Francesca ha dipinto la Resurrezione nel Palazzo della Residenza (o dei signori 24 se più vi piace) e questo, secondo noi (anche secondo Vasari), è certamente vero stante che l’affresco è fortemente identitario della comunità e ne costituisce l’emblema pur mantenendo ovvie connotazioni religiose. In caso contrario, in special modo al tempo di Piero, si rischiava di finire sul rogo. (questo fin dal Concilio di Verona del 1184 dove fu costituita l’ Ad abolendam diversarum haeresum pravitatem – praticamente il feto che crescendo diventerà la Santa Inquisizione. Inquisizione i cui tribunali furono aboliti in Europa solo nel XIX secolo. Tribunali che sopravvissero, bene ricordarlo, nello Stato Pontificio. Stato in cui nel 1908 la Santa Inquisizione mutò nome in Sagra congregazione del Santo Offizio e dal 1965, ancora in essere, si chiama: Congregazione per la dottrina della fede.
2) Un affresco di quella importanza e di quelle dimensioni (emblema civico) non poteva che essere dipinto nella parete principale della sala più importante del pubblico palazzo e anche questo, sempre secondo noi, è certamente vero (la parete più importante del pubblico palazzo è certamente quella di fronte all’ingresso nella prima sala. Sala da cui i signori 24 si affacciavano sull’arengario. Non crediamo che qualcuno abbia voglia di sostenere l’importanza delle pareti laterali e o di quella di contraffacciata immediatamente alle spalle di chi entra).
3) dunque la conclusione, assolutamente vera, sempre secondo noi, è che Piero ha dipinto il suo affresco con il Cristo Risorto esattamente proprio dove ancor oggi si trova.
Il distacco a Massello, che comunque non è un’invenzione e o una scoperta di Cecilia Frosinini… quelli che ci credono e/o ci hanno creduto e ne hanno parlato prima della professoressa e dei tecnici della sua squadra.
Quelli poi che oggi avrebbero scoperto il distacco a massello e la traslazione dell’affresco in realtà non hanno scoperto un bel nulla che di detto distacco parlò già negli anni cinquanta del secolo scorso il Soprintendente Ugo Procacci. Riporto da Il Mattino dell’Italia Centrale del 24.1.1952 (Procacci risponde ad un intervista di Ugo Serafini), Domanda: “È vero che l’affresco di Piero della Francesca verrà staccato?”, Risposta: “ Per quanto (già) detto sopra, tutto dipende dalla decisione del Consiglio Superiore delle Belle Arti. Comunque è bene che si sappia che se la Resurrezione di Piero della Francesca è un opera nata nell’attuale edificio che ospita la Pinacoteca, dalla lettura murale, cioè dai rilievi fatti dai tecnici, è risultato chiaro che la presente collocazione non è quella primitiva. Essa (la Resurrezione), probabilmente ai primi del 1500, fu staccata dalla parete ove la dipinse il grande artista e collocata nella sede attuale. L’affresco fu eseguito su una stola di mattoni e i tecnici d’allora segarono tutto lo spessore del muro per trasportarlo”.
In merito a Procacci è bene ricordare che, appena finita la seconda guerra mondiale nel paese ci fu un periodo di generale ricostruzione che fu quasi sempre felice anche se spesso frenetica e poco meditata. Gli aneliti di crescita e sviluppo, presenti anche in Valtiberina, portarono, tra le molte altre cose, il “restauro/ripristino” del Palazzo delle Laudi (qui sotto)
e del Palazzo del Comune (qui sotto) due, tra le più importanti, architetture della città di Sansepolcro.
Fu così che molto prima del compimento dei due recuperi ci si incominciò ad interrogare sulla destinazione futura dei due immobili. L’ eventuale destinazione di uso del Palazzo delle Laudi a Pinacoteca cittadina pose subito in essere una importantissima questione. La nuova Pinacoteca, certamente, non avrebbe potuto prescindere dal testo pittorico più importante presente in città e quindi si sarebbe dovuto prevedere il distacco dell’affresco della Resurrezione di Piero della Francesca per poterlo traslocare nella nuova sede.
Procacci fu tra quelli che caldeggiavano il trasferimento dell’affresco e, forse per questo, in totale assenza di prove e sulla base di semplici supposizioni, sostenne che lo stesso fosse già stato ‘staccato a massello’ in antico. Se non ricordiamo male la prima termocamera fu commercializzata nel 1965 e le prime applicazioni a manufatti edili (pareti) risalgono ai primi anni settanta del secolo scorso. Più o meno venti anni dopo l’esternazione di Procacci e dei rilievi (?) dei tecnici che cita.
Successivamente a parlarci del distacco a massello, nel 1996 in quaderni dell’arte n° 18, Lalli editore è il restauratore Guido Botticelli. Citiamo dal suo Gli affreschi di Piero della Francesca nel museo civico di Sansepolcro: “ da testimonianze non documentarie, e per questo motivo molto discusse, sembra che in origine la Resurrezione fosse posta su una parete provvista di caminetto, forse l’attuale retroparete. In seguito l’affresco fu staccato a massello con l’intera sua struttura muraria costituita da una stuoia di mattoni”. La stuoia di mattoni ecc… Per motivi di spazio e per non oltrepassare i limiti di parole consentiti alla citazione non possiamo continuare, ma il restauratore fornisce un disegno esplicativo (qui sotto) del presunto massello. Il modellino grafico proposto da Botticelli prevede la stesura di una stola di mattoni per ritto, di cui non abbiamo memoria nella storia dell’architettura e che perciò non ci convince affatto.
Tre anni dopo il gruppo di lavoro si consolida e, evidentemente sulla base di convinzioni pregresse, a confermare il presunto distacco a massello ci hanno provato, in cinque: Guido Botticelli, Francesca Ceccaroni, Giuseppe A. Centauro, Massimo Chimenti e Luca Menci. Il loro studio, questa volta corredato da termografia dedicata, fu presentato al Salone Internazionale del Restauro, Ferrara Fiere, nel 1999.
Abbiamo sovrapposto l’immagine dell’affresco in trasparenza alla loro termografia (qui sotto) per rilevare che, secondo noi, certezze proprio non si evincono e, soprattutto, attraverso detta termografia, non si dimostra, sempre secondo noi, alcun distacco a massello.
Infine, in tempi recenti (poco prima di Frosinini e della sua équipe), il prof. Franco Polcri sostiene, senza pubblicarlo (ne avrebbe avuto tempo che lo sostiene da anni) di essere in possesso del documento che avrebbero letto i fautori dell’antico distacco a massello e favoleggiato da Franceschini. Attendiamo la pubblicazione e la foto del prezioso reperto!
Come per la logica la scienza produce, quasi sempre, sempre molti più problemi di quanti non ne risolva se non usata con cognizione di causa (questa è bene specificarlo è nostra personalissima convinzione e affermazione di carattere generale che non stiamo chiamando in causa specificatamente nessuno)
Il distacco a Massello… quelli che non ci credono e/o non ci hanno creduto.
Uno dei primi a contrastare l’ipotesi del possibile distacco a massello della Resurrezione e a parlarne fu lo storico Gino Franceschini (docente all’ateneo di Urbino) lo fece nel 1952: “ma il documento nessuno l’ha tirato fuori sin qui (si riferiva all’entourage di Procacci e di quanti sostenevano la bontà dell’operazione trasloco dell’affresco in palazzo delle laudi sulla base di un presunto documento da cui si poteva evincere l’antico distacco a massello) e si accontentano di almanaccare intorno ai possibili significati d’una laboriosa cedula in cui si parla d’un conto pagato ad un muratore per aver fatto una fascia di mattoni, quasi morsa intorno all’affresco”. (La Nazione, cronaca di Arezzo 19, gennaio, 1952)
Sempre del 1952 contro l’ipotesi di un possibile spostamento in antico dell’affresco ricordiamo uno stupendo articolo di Roberto Papini (docente all’ateneo di Firenze) la cui lettura completa consigliamo vivamente agli odierni pinacotecai (così chiama lui quelli suoi contemporanei e va da se che il termine ci aggrada fuor di misura). Noi possiamo solo citare da La Nazione del 13 febbraio 1952: “…eppure c’è chi pensa a strappare, nientemeno l’affresco di Piero dal muro dove ottimamente è sempre stato”
Ci sarebbe poi, anche ed in aggiunta, il testo telegrafico (qui sotto) del Prof. Amintore Fanfani che fu certamente intellettuale raffinatissimo e fine connoisseur delle cose d’arte della sua terra che in un telegramma all’amico Prof. Giulio Gambassi scrive: “Assicuri popolazione che gloriosa testimonianza genio et fede Piero della Francesca non sarà rimossa parete cui fu consegnata magico pennello Fanfani”.
Si potrebbe obiettare che Franceschini, Papini e Fanfani non furono tecnici. Si ma ebbero certamente buon senso e quello, a volte, supporta!
Prima di continuare ci pare giusto ricordare che, dopo i greci antichi, certamente a confermare alla logica dignità di scienza hanno contribuito Galileo, Newton, Leibniz, Einstein e, se permettete, con tutto il rispetto possibile, trattasi di gente qualitativamente diversa da quella che oggi ruota, a vario titolo, intorno all’affresco. Perché questa nuova premessa? Perché è certamente possibile un distacco a massello, ma l’affresco è grande e il muro pesante e Archimede è morto prima che qualcuno fosse stato in grado di fornirgli la leva e il punto di appoggio per sollevare il mondo. (nella fattispecie si possono ipotizzare da 1600 a 1800 kg a metro cubo per circa 5 metri cubi e un totale approssimato di 8,5 tonnellate) C’erano, è vero, al tempo di Piero la conoscenza delle possibilità tecniche offerte dalle macchine di Brunelleschi che, per altro, il nostro aveva sicuramente ben visto a Firenze nel 1439, ma crediamo non siano mai state sottoposte a simili sollecitazioni.
Piero certamente non fu cretino e non dipinse l’affresco da un altra parte per poi segare il muro (senza rovinare il dipinto?) e portarlo dove adesso è e anche questa ci pare supposizione corretta. Se segarono il muro e spostarono l’affresco da dove era dipinto
Dal 1474 al 1478 il nostro artista fu Soprintendente alla fabbrica “ superstantibus sub moenia Residentiae” e fu certamente l’artefice delle volte della prima e della seconda sala.
La logica, la logica sempre la logica! Non vorrete mica farmi credere che la nomina a Soprintendente sia avvenuta per caso e/o lo abbiano chiamato per sovrintendere alle pulizie o per stilare l’orario dei custodi e tenere il conteggio di ferie e permessi?
La qualità estetica delle volte delle sale del palazzo, i caratteri stilistici dei peducci e le proporzioni rimandano con forza a quei precisi anni ed è Mario Salmi (1945) a sostenere quel che abbiamo già detto nel momento in cui scrive che: “esse riflettono l’altissima civiltà urbinate” (Piero Della Francesca e il Palazzo Ducale di Urbino, Le Monnier. Firenze)
La stola su cui è dipinto il Cristo Risorto è entro un telaio di travi? Se anche fosse completamente dimostrato – dalla termografia noi non lo rileviamo completamente – il telaio sarebbe servito all’elasticità della struttura (stola di mattoni su cui e steso l’affresco) – Piero non era cretino e fu il miglior geometra – che allora voleva dire molte cose – che fosse ne’ tempi suoi. Detto da Giorgio Vasari non è complimento da poco. Del resto quella stola di mattoni si è salvata, da diciassette scosse di terremoto forti, da un centinaio di media entità e da quasi un migliaio di poco conto, ma sempre oltremodo dannose e foriere di crepe per qualsivoglia intonaco.
I maligni e le malelingue sostengono che l’espediente l’abbia salvata anche dalle stridule vibrazioni del recente concerto che il compositore Salvatore Sciarrino ha dedicato al maestro rinascimentale, di cui abbiamo detto in altri luoghi, proprio sotto al suo affresco più bello (qui sotto).
Il distacco a massello, ci fosse stato, sarebbe avvenuto necessariamente alla fine del Quattrocento e più esattamente nel suo ultimo quarto. Troppo vicino a noi… Impossibile che nessun cronista, ci fosse effettivamente stato, non ne abbia reso che testimonianza. Vasari inizia a raccogliere materiale per il suo bestseller intorno alla metà degli agli anni venti del Cinquecento ed è discendente di Lazzaro, aiuto di Piero. In famiglia non sanno e non gli raccontano dell’eccezionale spostamento? Vasari è marito di Niccolosa Bacci. Niccolosa fu erede diretta di chi chi commissionò a Piero la storia della vera croce ad Arezzo e neanche dalla famiglia Bacci nessuna notizia del trasloco del muro della Resurrezione. Vasari fu amico ed ebbe per collaboratori tutti gli eredi culturali e concittadini di Piero e più precisamente: Raffaellino del Colle, Berto Alberti, Camillo Cungi, Cristoforo Gherardi che trascorse anni con lui in Palazzo Vecchio. Nessuno che gli abbia raccontato della eccezionale impresa. Vasari fu architetto granducale e fu a Sansepolcro per problemi connessi alle fortificazioni cittadine ogni cinque minuti stante la preminente importanza della città nel sistema difensivo integrato di Firenze. Questo in tempi in cui alla televisione non c’erano partite, films e o telegiornali da guardare. A tavola ci si raccontavano le cose eppure… niente!
Si favoleggia poi che la Resurrezione sia stata dipinta addirittura in altro luogo e così per portarla al livello della sala oltre che scarrellarla da una posizione ad un altra avrebbero dovuto anche alzarla per un paio di metri almeno. D’altronde i recenti fautori del distacco a massello si devono essere accorti che il muro della facciata (arengario) è più spesso di quello dove è ora l’affresco e un muro più grosso in uno più piccolo non ci sta (si mormora che per un certo periodo siano stati sicuri che Piero avesse dipinto il suo affresco sul fronte dell’edificio a mo’ di tabernacolo.)
Fin qui, comunque e in ogni caso, c’è chi ragiona in un modo e chi in un altro. Chi valuta una presunta prova in un modo e chi in un altro.
Poi ci saremmo noi, ma noi non abbiamo alcuna pretesa e certamente nessuna intenzione di contrapporci alla scienza di Cecilia Frosinini e dei suoi. Crediamo però che ci sia una cosa che, forse la squadra dei tecnici dell’ultimo restauro non sa. Crediamo non sappiano che dietro la parete dove Piero aveva dipinto la sua resurrezione uno stratosferico (nell’occasione) Cherubino Alberti un centinaio di anni dopo dipinse in affresco un meraviglioso Cristo alla Colonna. A noi è venuta in mente una foto antica dell’affresco di Cherubino (qui sotto).
Una foto di prima del suo distacco. Una di quelle foto fatte con un banco ottico che poteva avere solo lenti di Carl Zeiss di quelle fabbricate a Jena e montate da Linhof . Una foto che mostrava le grandi lesioni della parete e anche la più piccola delle crepe sull’intonaco. La foto che avevamo in testa, la conservavamo in uno dei cassetti del nostro archivio e questo, senza ombra di dubbio, Cecilia Frosinini e i suoi non potevano saperlo. Non potevano neanche sapere che nella foto si vedevano benissimo, anche le unghie della volta e che saremmo stati quindi in grado di riposizionare crepe e lesioni perfettamente alle spalle della Resurrezione (qui sotto).
L’ing. Giovanni Cangi* è stato in grado… Roberto Manescalchi si è limitato a fare il mestiere di storico e recuperare la foto. Proprio quella vecchia foto in bianco e nero ci voleva. Ora il Cristo alla colonna, staccato e restaurato non consentirebbe più alcun confronto. Giovanni Cangi ha poi effettuato l’esame comparato del quadro fessurativo , in questo eccezionale primo e, molto probabilmente unico possibile, esame del genere al mondo, ha evidenziato senza ombra di dubbio che non noi (che, come detto, contiamo poco e niente), ma la scienza delle costruzioni ci dice che non ci sono inserti nella parete e che le parti di essa sono perfettamente legate e solidali tra loro. E’ la scienza delle costruzioni che si schiera senza se e senza ma dalla parte di coloro che sostengono che l’affresco è stato dipinto li e li è sempre rimasto:
a) tutto può essere, ma sembrava particolarmente complicato segare un muro per inserircene un’altro senza far crollare la volta, anzi le volte, per altro leggermente disassate tra prima e seconda sala, che insistono sulla parete della Resurrezione. Un bell’ardire. Una sfida contro ogni regola della statica ancor oggi figuriamoci per un artefice di fine Quattrocento (figura qui sotto) La parete che avrebbe dovuto esser segata per vedere l’inserimento dell’affresco tagliato a massello è contrassegnata con la lettera A).
b) le volte sono state costruite dopo che l’affresco tagliato a massello era già stato traslocato? Cioè avrebbero costruito le volte con sotto l’affresco senza rovinarlo? tutto può essere… i mastri muratori di una volta erano più bravi di quelli di oggi, ma ci pare altamente improbabile.
c) Che Piero abbia dipinto li l’affresco dopo la costruzione delle volte? Ipotesi non priva di un qualche fascino… abbiamo sempre pensato che potesse essere l’ultima pittura e la più bella. Se la Pala di Brera è del 1971/72… l’affresco potrebbe benissimo esser datato 1475/76.
Quanto sopra in a, b e c, malgrado tutto non risolve completamente il problema anche se cozza pesantemente contro l’ipotesi del distacco a massello.
Quel che ci pare, invece, dia il colpo di grazia è l’esame comparato del quadro fessurativo generale della parete che non prevede la possibilità di alcun inserto per le due categorie di lesioni rilevate: quelle quadrate in senso verticale orizzontale evidenziate in blu che ricalcano l’apparecchio murario retrostante e quelle diagonali che nella resurrezione scendono da destra a sinistra che invece sono di trascinamento di un pannello solidale alla parete e dello stesso tipo di quelle che presenta il resto della parete (qui omesso, ma che abbiamo) evidenziate in rosso (qui sotto). Alla faccia di chi sostiene, ci pare di averlo letto o sentito, ma non abbiamo voglia di cercare il riferimento, che la parete dove è dipinto l’affresco non sia ben ancorata alle adiacenti. La foto che ha consentito il rilievo delle lesioni è una foto eseguita negli anni 90 del secolo scorso.
d) le lesioni di tipo obliquo che percorrono l’intera parete sarebbero interrotte da un eventuale telaio ligneo del massello inserito nella muratura e ciò non è affatto avvenuto
e) se la parete fosse costituita, nel suo spessore, da inserto entro telaio ligneo, materiale di riempimento e altra muratura di contenimento le evidenti lesioni non avrebbero la corrispondenza che hanno in presenza di un quadro fessurativo che parla di parete legata in tutto il suo spessore e perfettamente solidale in tutto il suo corpo.
Concludendo:
Ci pare abbia carattere di assoluta evidenza che la questione del distacco a massello e il consequente spostamento dell’affresco debba decadere nel modo più totale. L’ipotesi non cozza contro le idee altrui… nella fattispecie le nostre. Non è questione di punti di vista e non può dar adito a dialettica alcuna. La questione del taglio a massello in antico dell’affresco cozza contro la scienza delle costruzioni, la statica e tutta la storia moderna e scientifica delle lesioni parietali dovute a sismi ed è per questo, ci dispiace, che non si può in alcun modo sostenere. Purtroppo è capitato che la foto, più unica che rara, di due affreschi lesionati, dipinti in corrispondenza, sulle due facce della stessa parete consentisse La prima analisi al mondo di questo tipo su un affresco. Un’analisi unica, eccezionale, probabilmente irripetibile e, soprattutto, incontrovertibile!
*Ingegnere, Associato di Ricerca presso CNR-ITABC – Istituto per le Tecnologie Applicateai Beni Culturali -, libero professionista e autore di numerose ricerche e pubblicazioni scientifiche.
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Dov'è che Piero dipinse la sua Resurrezione? Fu staccata, allora? Fessure e altre prove dicono che…
Quel che ci pare, invece, dia il colpo di grazia è l’esame comparato del quadro fessurativo generale della parete che non prevede la possibilità di alcun inserto per le due categorie di lesioni rilevate: quelle quadrate in senso verticale orizzontale evidenziate in blu che ricalcano l’apparecchio murario retrostante e quelle diagonali che nella resurrezione scendono da destra a sinistra che invece sono di trascinamento di un pannello solidale alla parete e dello stesso tipo di quelle che presenta il resto della parete (qui omesso, ma che abbiamo) evidenziate in rosso. Alla faccia di chi sostiene, ci pare di averlo letto o sentito, ma non abbiamo voglia di cercare il riferimento, che la parete dove è dipinto l’affresco non sia ben ancorata alle adiacenti. La foto che ha consentito il rilievo delle lesioni è una foto eseguita negli anni 90 del secolo scorso