“E questo che cos’é?” Emerso da uno scavo. “E’ del II secolo e non è un piccolo elmo”. Trovato in una necropoli. A cosa serviva?

Se dovesse riemergere per caso durante lavori in un vecchio giardino o nel vigneto potrebbe apparirci come un minuscolo copricapo militare dell’antichità. O il ricordo simbolico di esso. Ma in verità esso aveva un altro uso. Questo pezzo è stato trovato in una tomba di circa 1800 anni fa.

In Moravia Centrale, vicino alla città di Olomouc, archeologi del Centro Archeologico di Olomouc hanno fatto un’importante scoperta lungo il tracciato della futura autostrada D35. Tra i ritrovamenti, uno dei più notevoli è la tomba di un guerriero germanico del III secolo d.C., il primo del genere rinvenuto nella regione. Questo guerriero è stato sepolto con un umbone di ferro, collocato al centro dello scudo, e una lancia di ferro, indicando il suo ruolo in battaglia e lo status di guerriero. Il pezzo è proprio un umbone. Poi vedremo come veniva usato.

Il sito si è rivelato straordinariamente ricco, con due grandi necropoli dell’Età del Bronzo, tra cui la più vasta della cultura di Nitra, contenente oltre 130 sepolture. Accanto agli scheletri sono stati trovati ornamenti di rame, perle di osso, punte di freccia in pietra e un caratteristico bracciale in rame a forma di foglia di salice. Le tombe mostrano anche segni di manipolazione post-mortem, suggerendo complessi rituali funerari.

L’umbone è un elemento centrale degli scudi antichi, progettato per rafforzarne la parte mediana e offrire un punto di attacco o difesa. Derivato dal latino umbo, – che significa protuberanza – l’umbone ha un design caratteristico a forma di cupola o, in alcuni casi, con una punta pronunciata, che offriva vantaggi tattici significativi sui campi di battaglia.

L’umbone veniva montato al centro dello scudo, solitamente su una struttura di legno o cuoio, e aveva una duplice funzione. Prima di tutto, rafforzava il punto in cui si trovava la presa dello scudo, proteggendo la mano del combattente dagli impatti diretti. Inoltre, con un umbone appuntito, lo scudo poteva essere usato anche in modo offensivo: il guerriero poteva colpire il nemico con la punta dell’umbone, trasformandolo in un’arma secondaria.

Umbone a punta: funzionalità offensiva

Gli umboni a punta erano una variante particolarmente diffusa, soprattutto nel mondo romano. La loro forma allungata e appuntita permetteva ai soldati di colpire gli avversari in modo diretto, sfruttando la punta per infliggere danni da penetrazione. In una mischia, un colpo dato con la punta dell’umbone poteva destabilizzare o ferire un avversario, facendo perdere l’equilibrio a chi stava affrontando il guerriero munito di scudo. Questa tecnica era particolarmente efficace quando combinata con un movimento di spinta, che consentiva al soldato di mantenere il nemico a distanza o addirittura respingerlo.

La diffusione dell’umbone appuntito si osserva principalmente nei reparti legionari e in particolari milizie romane dal II secolo a.C. circa, con un picco d’uso nelle formazioni romane fino al periodo della tarda antichità. Tuttavia, l’uso di umboni appuntiti non si limitò solo ai Romani: anche diverse popolazioni germaniche e longobarde, che entrarono in contatto con la cultura romana, svilupparono varianti simili nei secoli successivi.

Umbone di scudo longobardo del VII secolo, Metropolitan Museum of art. L’umbone, a forma di seno, veniva applicata allo scudo. Nell’umbone a punta, la parte superiore era dotata di un grosso “chiodo” che consentiva di utilizzare lo scudo come arma offensiva. @ MapMaster CC BY-SA 3.0

Gli scudi con umboni conservati in Italia

In Italia, alcuni dei più noti esempi di scudi con umboni provengono da ritrovamenti archeologici di epoca romana e longobarda, in particolare dagli scavi di necropoli e campi di battaglia. Tra i reperti meglio conservati spiccano:

  1. Scudo di Ercolano: scoperto durante gli scavi nell’antica città di Ercolano, presenta ancora tracce dell’umbone, anche se parzialmente deteriorato dal tempo. È significativo per la sua posizione centrale in quello che rimane della struttura in legno dello scudo, evidenziando il tipico design degli scudi romani.
  2. Tomba di un guerriero longobardo a Cividale del Friuli: ritrovamenti nella zona del Friuli, in particolare a Cividale, hanno rivelato scudi longobardi con umboni di diverse forme, molti dei quali appuntiti. Gli umboni ritrovati sono particolarmente resistenti, spesso realizzati in ferro, e mostrano l’evoluzione dell’umbone romano verso un design più adattato alle esigenze delle popolazioni germaniche.
  3. Scudi della necropoli di Castel Trosino (Ascoli Piceno): alcuni degli scudi trovati in questa area mostrano umboni con punte accentuate, indicativi di un’epoca in cui l’uso offensivo dello scudo era ancora fortemente praticato. Questi scudi, risalenti al periodo longobardo, rappresentano uno degli esempi più completi della tecnica di costruzione e della funzione dell’umbone nel contesto dell’Italia medievale.

Durata e declino dell’uso dell’umbone

L’uso dell’umbone sugli scudi comincia a ridursi con il declino dell’Impero Romano d’Occidente e, successivamente, durante l’Alto Medioevo. Sebbene i guerrieri longobardi e altre popolazioni barbariche abbiano continuato ad adottare umboni nei loro scudi, l’evoluzione delle tattiche di combattimento e delle armi ha gradualmente reso meno necessario questo elemento. Con l’avvento delle armature più protettive e delle tecniche di battaglia che favorivano l’uso di armi d’assalto più efficienti, l’umbone perse il suo ruolo preminente.

La produzione e l’utilizzo di scudi con umboni sopravvissero in forma ridotta fino all’VIII-IX secolo, ma già nel periodo carolingio il design degli scudi aveva iniziato a cambiare notevolmente, lasciando l’umbone come un ricordo dell’arte marziale romana e dei secoli successivi.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa