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“Gli antichi romani esportarono in Britannia anche il prurito della pelle”. Ecco cosa hanno trovato gli archeologi nel Forte


Gli antichi romani avrebbero esportato anche le cimici dei letti, nel corso della loro conquista della Britannia. E’ evidente che virus e insetti prosperano con i grandi spostamenti di massa e con le guerre. E così pare che sia avvenuto anche sul suolo britannico, probabilmente a partire dall’arrivo di Giulio Cesare. Quello che si scopre ora è che, con certezza, è che le cimici dei letti erano presenti nel forte di Vindolanda, nel 100 circa d.C. Lo rivela una ricerca condotta nel recentissimo scavo (2023) condotto nella struttura militare romana e pubblicata in queste ore. Gli inglesi l’hanno presa con un pizzico di divertimento, ritenendo che la colpa dell’introduzione del prurito sul suolo insulare sia tutta colpa dei nostri antenati “italici” e dei loro alleati. “Nonostante tutta l’igiene di cui si vantavano – commentano i britannici in queste ore – nonostante terme, bagni, profumi la realtà era un’altra”.
Il dottor Andrew Birley, direttore del team archeologico di Vindolanda, ha dichiarato: “È incredibilmente raro trovare gli insetti in qualsiasi contesto antico”. La scoperta è stata fatta da Katie Wyse Jackson, una studentessa di 24 anni dell’University College di Dublino, durante il suo master di ricerca in archeoentomologia, lo studio degli insetti nei siti archeologici. Il suolo di Vindolanda è molto particolare. E’ un terreno molto umido che isola i materiali organici, conservandoli. Un po’ come avviene nei terreni torbosi delle zone palustri.

Concentrandosi sugli strati più antichi di Vindolanda, risalenti al 100 d.C. circa, Wyse Jackson ha recuperato due toraci di insetti che si ritiene siano appartenuti alla comune cimice nota con il nome latino Cimex lectularius. Questi insetti, con il loro apparato boccale aghiforme, perforano la pelle umana per succhiarne il sangue.

“Trovare questo genere di cose aiuta a umanizzare le persone del passato”, ha commentato Wyse Jackson. Notando che Plinio, il filosofo romano, scrisse del valore medicinale delle cimici nel trattamento di alcuni disturbi, come le infezioni alle orecchie, ha aggiunto: “Allora le persone avevano ogni sorta di nozioni su ciò che gli insetti potevano fare”.

Il team di specialisti, tra cui il dottor Stephen Davis, docente di archeologia ambientale presso l’UCD, ha sottolineato che sebbene cimici simili fossero state trovate in un altro sito romano in Inghilterra (Alcester nel Warwickshire), quelle di Vindolanda sarebbero “le prime, sotto il profilo dell’antica cronologia, trovati finora in Gran Bretagna”.

Analizzando campioni di terreno, Davis ha individuato anche coleotteri che potrebbero fornire ulteriori informazioni: “Posso imparare sul commercio, sulla conservazione degli alimenti, sull’igiene, sullo smaltimento dei rifiuti da quali specie sono presenti e in che numero. Al momento sto trovando una grande quantità di parassiti del grano e di scarabei stercorari.

“Quindi non stiamo davvero guardando uno spazio pulito qui. La cosa più importante è che gran parte degli insetti che trovo sono quelli che chiamiamo sinantropici. Vivono in stretta vicinanza agli umani. I romani hanno la reputazione di essere estremamente puliti e quindi è interessante trovare tutti questi insetti contrari a ciò.” commentano gli archeologi inglesi.

Una teoria intrigante suggerisce che i romani potrebbero aver portato le cimici in Gran Bretagna nei loro materassi di paglia. Wyse Jackson ha spiegato: “È molto probabile che siano arrivati con qualunque cosa i romani stessero portando con sé. Oggi vediamo le cimici viaggiare sugli aerei, nei bagagli, nei vestiti. “I romani portavano vestiti, paglia, grano in grandi quantità mentre stavano allestendo i loro accampamenti.” Ma siamo sicuri che in Britannia non esistesse nulla del genere? Si può certamente ipotizzare che i movimenti di eserciti, che vivevano – naturalmente – in comunità fosse un incubatore-moltiplicatore di grande rilievo.

La cimice dei letti, appartenente alla famiglia Cimicidae e scientificamente nota come Cimex lectularius Latreille, 1802, è un insetto parassita ectoparassita ematofago obbligato che si nutre del sangue di esseri umani e di altri animali a sangue caldo.

Fino a poco tempo fa, questa specie, un tempo parassita comune dell’uomo, era considerata quasi estinta. Tuttavia, recentemente, le segnalazioni della sua presenza sono aumentate. Negli Stati Uniti, ad esempio, nel 2002 ci sono state solo due segnalazioni, mentre nel 2006 sono salite a 1200. L’insetto, privo di ali, si rifugia di giorno nei materassi e nelle fessure dei mobili, emergendo di notte per alimentarsi del sangue delle persone che dormono. Si ritiene che la sua diffusione sia stata favorita dalla diminuzione dell’efficacia degli insetticidi e dall’aumento dei viaggi internazionali.

Nonostante il suo ruolo come parassita dell’uomo, la cimice dei letti non è di grande importanza in parassitologia, se non per le reazioni allergiche che può causare con le sue punture. Non sembra trasmettere malattie.

Si ritiene che il parassitismo umano di questo insetto risalga ai primordi della specie umana. Fino agli anni ’40 del XX secolo, la cimice dei letti era un parassita diffuso, ma successivamente la sua presenza è diminuita drasticamente, con il possibile contributo del DDT. A partire dagli anni ’90 del XX secolo, la cimice dei letti è riapparsa in molti Paesi e ha ripreso a diffondersi in America, Europa, Australia, Africa e Asia intorno agli anni 2000.

La sua ricomparsa sembra essere influenzata da vari fattori, tra cui l’introduzione del riscaldamento centralizzato negli edifici, la globalizzazione, l’aumento dei viaggi internazionali e la resistenza biologica sviluppata dall’insetto nei confronti di diverse categorie di biocidi come piretroidi, carbammati, organofosforici, eccetera. L’attività ematofaga della cimice dei letti provoca nel corpo umano lesioni strofuloidi altamente pruriginose, causate da una reazione iperimmune a sostanze presenti nella saliva dell’insetto durante il pasto di sangue.