Alicante, maggio 2024 – Il gruppo di ricerca che sviluppa, all’Università di Alicante, il progetto “ Ladies and Heroes. Dopo l’Ilici iberica ” nel sito archeologico di La Alcudia sapeva quella zona degli antichi iberi era una delle più importanti del sud-est della penisola. “Era conosciuta per la grandezza di alcuni reperti ritrovati, tra i quali spicca senza dubbio la scultura della Signora di Elche. Bisognava però trovare dei resti architettonici che spiegassero l’importanza dei gruppi iberici, pre-romani, lì insediati e che permettessero di conoscere com’era la società dell’epoca,” spiega il professore di Preistoria dell’Università di Alicante, Alberto Lorrio, direttore del progetto di ricerca insieme al professore di Storia antica dell’Università di Murcia, Héctor Uroz. La Dama di Elche è un busto in pietra trovato il 4 agosto 1897 da un giovane operaio, Manuel Campello Esclapez, durante dei lavori edilizio nel paese di L’Alcudia, una cittadina di pianura che oggi ha circa 10mila abitanti e che si trova non distante dalla costa mediterranea.
La scultura è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Madrid. Il busto è di produzione incerta, forse greca, iberica o cartaginese. La datazione è discussa, anche se in genere viene collocata tra il V e il III secolo a.C. Di fatto siamo nell’epoca in cui, in Italia, dominano gli etruschi che, attraversando un periodo orientalizzante e sempre più collegato al mondo greco e mediorientale, affrontano un percorso parallelo agli iberici, con i quali entrano anche in contatto.
L’archeologo Giovanni Becatti colloca la manifattura della Dama al IV secolo a.C. e ne attribuisce l’alta qualità scultorea alla maggior aderenza ai modelli dello stile severo della scultura ellenica. Alcuni ricercatori pensano che potrebbe trattarsi di un monumento funerario che poteva custodire oggetti di valore, poiché la Signora presenta una cavità nella parte posteriore, sulla schiena.
Ma com’era la città in cui la Signora era custodita? Le indagini condotte dal 2017 avevano già permesso di scoprire il muro di fondazione del sito iberico che risale al 500 a.C. e alcuni ambienti, appartenenti a resti di abitazioni del protourbanesimo cittadino. “Informazioni – dicono fonti universitarie – che nelle ultime campagne archeologiche si sono moltiplicate esponenzialmente, tanto che attualmente si conoscono fino a otto appartamenti, alcuni appartenenti alla stessa casa, che sono addossati al muro di fondazione e che rappresentano la prima traccia conosciuta degli Illici iberici, una delle più importanti città della Contestania iberica, un vasto territorio tra le attuali province di Alicante, Murcia, Albacete e il sud di Valencia”.
La dama di Elche venne chiamata dagli archeologi con il nome di un’altra città della regione, Elche, appunto, (Elx in valenciano) – un Comune di 230.822 abitanti situato nella comunità autonoma valenciana – anch’essa fondata dagli Iberi e ampliata dai Romani che la chiamarono Ilici Augusta, motivo per cui i suoi abitanti si chiamano ilicitani. Un capoluogo culturale, insomma. Ma la più piccola La Alcudia, luogo in cui emerse la statua, doveva avere, sotto il profilo culturale le stesse caratteristiche del grande centro.
La scoperta della zona di fondazione della città di La Alcudia ha permesso di “contestualizzare le élite iberiche che commissionarono sculture come la Signora di Elche”, dice Lorrio, che assicura anche che “questi reperti hanno molto più valore per la conoscenza del sito in termini storici e archeologici, oltre ad aver ritrovato un’altra scultura di dama.”
L’enclave scoperta a La Alcudia è la prima metropoli, la prima grande città iberica della Contestania e la più antica. Non ce n’è uno più vecchio di questa portata”, afferma il professor Uroz. Ciò significa che, molto probabilmente, il nucleo fondante di questa cultura partì da qui. E’ assai probabile, data la relativa vicinanza alla costa, che il luogo si collocasse come un centro di interconnessione commerciale tra la vasta regione iberica e il mare, dove le navi viaggiavano ad ampio raggio. Un meccanismo, che, precedentemente e nello stesso periodo, faceva crescere le città etrusche.
Una delle caratteristiche più rilevanti è il buono stato di conservazione dei resti monumentali. La spiegazione è che “i suoi abitanti decisero di abbandonare quella zona a causa delle continue inondazioni di cui soffrivano e scelsero di trasferirsi in una zona più alta, non prima però di aver riempito l’interno delle vecchie case precedentemente abbandonate”, spiega il professor Alberto Lorrio.
Questo fatto eccezionale ha permesso di documentare le tecniche costruttive dei primi iberici che abitarono La Alcudia con l’uso, nel muro e negli spazi domestici, di un’architettura mista con plinti in muratura e prospetti di adobe o argilla impastata, tecnica utilizzata anche per la realizzazione di altri elementi come panche o supporti. Gli studiosi hanno rinvenuto gli elementi architettonici “quasi in perfetto stato di conservazione, mentre sono pochi i ritrovamenti di contenitori in ceramica o altri elementi materiali dell’epoca, poiché, a causa del trasferimento della comunità, furono lasciati solo gli oggetti dimenticati o persi all’interno delle abitazioni più antiche”, sottolineano i ricercatori.
I reperti edilizi, che hanno sorpreso per la loro monumentalità e livello di conservazione, sono in linea con “il potere che dovevano avere ai loro tempi le élites della Contestania”. Le soluzioni architettoniche e le dimensioni del muro – per il quale è stata ipotizzata un’altezza di almeno cinque metri – rispondono all’interesse di mostrarne la potenza”, sottolineano. Potenza e difesa. Percxhè questa poteva essere una città-mercato.
Il muro, come già documentato in passate campagne, presenta “sistemi antisismici individuati solo in questo sito”, il che implica una conoscenza preventiva di questo tipo di costruzioni difensive e del loro adattamento al territorio, spiega Lorrio, il quale sottolinea che, a causa per le sue caratteristiche e complessità “questa costruzione, così come la connessa pianificazione urbanistica, rispondono ad un disegno prestabilito e perfettamente pianificato, in conformità con l’importanza dell’insediamento”.
Chi erano gli Iberi?
Le nostre parentele
Gli Iberi o Hispani erano gruppi di popolazioni, legati linguisticamente tra loro, che abitavano la parte orientale e meridionale della penisola iberica durante il I millennio a.C. ma con il termine “Iberia” venivano identificate spesso anche l’area geografica del nord-ovest dell’Italia e del sud della Francia, quindi un territorio che si affacciava sul bacino nord-occidentale del Mediterraneo.
A partire dal V secolo a.C., i soldati iberici furono spesso schierati nelle battaglie come mercenari in Italia, Grecia, Sardegna e soprattutto in Sicilia per le loro qualità militari.
Con ogni probabilità, i popoli iberici sono di origine autoctona e il loro sviluppo culturale e politico si deve al contatto con gruppi etnici, portatori di civiltà più avanzate, presenti nella penisola. Ricordiamo, a questo proposito, i Fenici e i Greci, stanziati con proprie colonie commerciali in terra ispanica fin dall’VIII secolo a.C.
Gruppi iberici si diressero inoltre nell’attuale Francia. Il geografo greco Strabone affermava che parte della Gallia meridionale era abitata da genti di origine iberica, come testimoniavano la lingua e i tratti somatici dei popoli ivi stanziati, diversi da quelli dei Galli. Secondo taluni, nuclei di Iberi raggiunsero, in epoca preistorica (cultura del vaso campaniforme), anche la Sicilia, la Sardegna, l’Europa centrale e le isole britanniche.
“Non c’è nessun’altra zona di La Alcudia dove sono state identificate l’ultima e la prima fase con l’intera sequenza intermedia. Qui troviamo l’evoluzione completa di uno dei giacimenti più importanti della Spagna”, afferma il professor Uroz.
LA SCULTURA. Il possibile significato
Il ritrovamento di un’altra scultura, analoga, in scavi della regione (1987) consente di affermare che tutte le speculazioni sulla Dama di Elche come invenzione moderna sono destituite d’ogni fondamento. La Dama di Elche era probabilmente una scultura funeraria e doveva rappresentare una dea che forse accompagnava il defunto nell’Oltretomba. Il suo volto, come è ben evidente nella rappresentazione artistica, è carico di muto dolore. Ciò che indossa la Dama è in qualche modo collegato al suono e alla vita. Le due rote che porta a livello degli orecchi sono probabilmente rappresentazioni del sole o della luna ma, al tempo stesso – nella figura divina di riferimento – dovevano risuonare, come cembali dotati di campanelli. Anche le sfere appese al copricapo dovevano essere sonagli. Le collane, con pendenti a forma di bulle potevano contenere semi che anch’essi si spostavano rumorosamente al transito della dama. Tutto l’incedere di questa figura doveva essere caratterizzato dal tintinnio. E la vittoria del suono sul silenzio della solitudine o della morte.