79 della nostra era. Il Vesuvio riprende vita, lanciando sui paesi vicini lapilli, cenere bollente. Poi flussi piroclastici di materiale incandescente si abbattono, con esplosioni e boati spaventosi, anche sui centri abitati. Mentre nelle ore precedenti piovevano lapilli, come grandine, nelle ultime ore le esplosioni aumentano. Tanti fuggiaschi si assiepano sulle spiagge per sfuggire al fuoco e per attendere soccorsi dal mare. Hanno portato con sè denaro e gioielli.
Si riparano sotto qualche portico, vicino all’arenile. Qualcuno, in ritardo, dopo aver cercato di recuperare il possibile, probabilmente sta cercando di raggiungere gli altri vicino al mare, sotto le tettoie dei pescatori. Ma all’improvviso, un fiume di fuoco che muove un vento incandescente li raggiunge e li uccide all’istante.
Lo scheletro di uno di loro è stato trovato nelle scorse settimane a Ercolano. L’uomo, un giovane vigoroso, portava con sè una borsa di stoffa, all’interno della quale c’era uno scrigno di legno contenente gioielli e denaro. La presenza di oggetti preziosi – come anelli – e monete è stata rilevata nei giorni scorsi da uno strumento endoscopico. Finito il lavoro archeologico in loco, la borsa e la casetta saranno portati in laboratorio per un micro-scavo sull’oggetto stesso. Ogni oggetto sarà così recuperato, pulito, restaurato, studiato.
Il giovane dava le spalle al mare e guardava la città. Quindi morì vedendo l’onda di fuoco che stava sopraggiungendo.
“La vittima rinvenuta sull’antica spiaggia della città è un maschio adulto dalla corporatura robusta. Data la posizione del corpo, sospeso nel deposito di cenere vulcanica, l’uomo doveva essere in piedi al sopraggiungere del primo flusso piroclastico. Rivolto verso la città, di certo vide arrivare l’enorme nuvola di cenere e gas bollenti, un attimo prima di essere ucciso all’istante e abbattuto dall’ondata di calore che scendeva dal vulcano a centinaia di chilometri l’ora. dice Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, chiamato dal direttore degli scavi e del Parco, Francesco Sirano – Il cranio e le ossa della vittima sono fortemente annerite e recano numerose fratture indotte dal calore”.
L’analisi antropologica dello scheletro, al pari delle caratteristiche del contesto archeologico e vulcanologico, stanno fornendo informazioni cruciali per ricostruire gli ultimi istanti di vita e della morte di questo antico ercolanese e, più in generale, il quadro d’insieme di ciò che accadde in quel fatidico giorno del 79 d.C.
“Si tratta di uno scavo moderno – dice il Direttore Francesco Sirano – impostato come un laboratorio all’aperto, multidisciplinare, ove il lavoro simultaneo di più professionalità ha consentito di esplorare, documentare, rilevare* tridimensionalmente e sistematicamente ogni fase di scavo dell’area dell’Antica Spiaggia e offrire un’istantanea della tragedia, con il contesto perfettamente preservato e il corredo in situ. Gli averi della vittima restano visibili vicino al suo scheletro, così come si trovavano, ed è possibile per gli archeologi, antropologi, restauratori, intervenire in maniera sinergica sulla lettura e interpretazione di una scoperta scientifica che emoziona”.
Sull’antica spiaggia oltre allo scheletro sono stati ritrovati in questi mesi moltissimi reperti di legno trascinati dal flusso piroclastico. Arbusti, radici di alberi ad alto fusto, grandi travi, frammenti di cornici e pannelli appartenenti probabilmente a controsoffitti e alle coperture degli edifici, oltre ad assi di legno, puntoni e altri elementi forse di barche. Tutto questo rende gli scavi di Ercolano unici al mondo.
“La vittima è un uomo di circa 40/45 anni di età. – dicono gli archeologi – Tutti gli elementi fanno pensare ad un corpo trascinato dalla forza dell’eruzione perché i resti si trovano all’interno di un flusso piroclastico, circondato e coperto da materiale della città antica trasportato giù verso mare. Si trovava probabilmente in riva al mare o nelle aree della città soprastante. Sul perché si trovasse lì e non nei fornici dove è stata scoperta la maggior parte delle vittime possiamo fare solo ipotesi. Lo scavo in laboratorio della cassettina di legno che lo accompagnava ci aiuterà a comprendere meglio. Il fuggiasco è stato trovato in posizione supina, con la testa rivolta verso la città. Il suo corpo, che riporta numerose fratture dovute agli effetti dell’eruzione, cadde sotto la spinta del primo flusso piroclastico e galleggiò tra i flutti insieme ai legni che provenivano dagli edifici della città, anch’essi trascinati sull’antico litorale. All’impatto la vittima subì lo stesso destino delle altre 330 già ritrovate negli anni addietro. Le altissime temperature del flusso che lo investì provocarono l’evaporazione immediata dei tessuti e lo scheletro fu imprigionato nella massa di cenere, gas e detriti trascinati.
Per esigenze conservative, al termine dello scavo dello scheletro, il reperto, un piccolo contenitore in legno conservato probabilmente in una sacca di tessuto, sarà prelevato con il pane di terra nel quale è imprigionato per proseguire lo scavo del suo contenuto in laboratorio.