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di Stefania Mattioli
Stile arte ripropone l’intervista a Pier Gorgio Pasini che curò “Guercino ritrovato. Collezioni e committenze riminesi 1642-1660”. In fondo alla pagina i risultati d’asta dell’artsta.
La mostra, offrendo l’opportunità di conoscere l’ultima produzione del Guercino, presenta per la prima volta alcuni dei dipinti commissionati da Francesco Manganoni (il suo maggior collezionista riminese) direttamente al pittore ormai settantenne. Quali sono le caratteristiche peculiari di questa raccolta?
E’ una collezione molto differenziata. Essa propone una serie di quadri che, divisi in quattro gruppi ben distinti, presentano scene che spaziano dal sacro al profano. I dipinti ritrovati sono circa la metà dell’intera raccolta, che in origine comprendeva venti opere (ad essere dispersi sono i soggetti profani). Fra le tele riscoperte, almeno quattro sono autografe e realizzate nello stesso anno, il 1659. Qui il Guercino si rivela capace di libertà pittoriche dal carattere profondamente intimista, d
evozionale e privato, mostrandoci un aspetto nuovo, sino ad oggi sconosciuto, della sua produzione.
Per l’occasione queste opere hanno subito un accurato intervento di restauro. Dal punto di vista tecnico-pittorico, quali sono le rivelazioni più significative?
I dipinti erano interessati dalla patina del tempo e danneggiati da strappi e svelature. La pulitura ed il consolidamento delle tele hanno restituito alla superficie pittorica il suo originale splendore. Tuttavia, dal punto di vista tecnico non vi sono novità di rilievo: il restauro ha confermato ciò che già si conosceva. Fra l’altro, il Guercino non doveva essere particolarmente attento agli aspetti, per così dire, preliminari: la preparazione della tela infatti, in molti casi e negli anni si è mostrata inadeguata.
Lei ha affermato che probabilmente la collezione sostituiva per il Manganoni “la Galleria dei ritratti degli antenati”, all’epoca tradizione consolidata nelle dimore gentilizie. Quale, nello specifico, il significato iconografico-simbolico delle opere in relazione al committente?
Il committente, certo molto devoto, era un moralista, scapolo e solitario. Le opere profane con ogni probabilità alludevano all’amore sensuale e materiale: le tre scene erotiche simboleggiano infatti il trionfo e l’esaltazione dello spirito sui sensi. Le scene sacre sono più difficili da codificare: la presenza costante dell’acqua, sia nel “Battesimo” che nella “Samaritana”, si riferisce alla penitenza, mentre “Salomé” e “San Pietro” rappresentano il trionfo della vita sulla morte. Diversamente, i “Santi” sono stati interpretati come i protettori della casa: portano infatti i nomi dei familiari del collezionista. Nell’insieme, queste immagini diventano una eccezionale galleria di ritratti edificanti, ideali ma non astratti; le figure, per quanto gesti ed espressioni siano ripetuti, non sono mai repliche, piuttosto variazioni sul tema, dimostrando la straordinaria capacità di Guercino nel saper trovare nuove soluzioni per affrontare gli stessi soggetti.
Osservando le raffigurazioni dei “Santi”, soprattutto le quattro opere inedite definite da Denis Mahon “di grande bellezza e qualità”, si percepisce una particolare sensibilità intimista, pittoricamente risolta mediante raffinate vibrazioni luminose…
E’ vero. Ciò che colpisce maggiormente è la spontaneità di tali quadri: sembra quasi che il Guercino, libero da ogni condizionamento, abbia dipinto solo per se stesso, senza pensare al pubblico. In questo caso, talvolta, la sua pittura appare come non finita, staccata da ogni forma di accademismo. E’ come se l’artista avesse scelto la strada del sentimento: le immagini di “San Francesco” e di “Santa Cecilia” lo dimostrano. Esse non si distinguono per la particolare finitezza, bensì per l’espressione dei personaggi, per la ricerca introspettiva e psicologica affrontata con devozione dall’autore. Nell’ultima fase della sua produzione, scopriamo un Guercino dedito ad una più semplice meditazione sui problemi dell’arte ed attento alla rappresentazione dei moti dell’animo. Sicuramente fra lui e il committente si doveva essere instaurato un rapporto di fiducia, basato su una sorta di affinità elettiva che gli consentiva grande libertà d’interpretazione.
Un’esposizione singolare quanto preziosa, che valorizza dunque aspetti inediti di questo pittore.
La mostra consente di comporre meglio l’intricato mosaico della produzione emiliana del Guercino. Anche se il ritrovamento della collezione risale a quasi dieci anni fa, è solo oggi che il pubblico ha la possibilità di apprezzare ciò che gli studiosi del ’700 definirono un vero e proprio “tesoro della pittura”. E molto probabilmente non era l’unico: forse esistono altre raccolte come questa, che solo il tempo potrà restituirci.
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