Leonardo e la copia della Gioconda. Nuovi approcci alle pratiche di studio dell’artista
Museo Nazionale del Prado. Madrid
28/09/2021 – 23/01/2022
A cura di Ana González Mozo, responsabile del Dipartimento di Conservazione del Museo del Prado, è stata aperta, a Madrid, la mostra “Leonardo e la copia della Gioconda. Nuovi approcci alle pratiche dello studio dell’artista”, risultato di un ambizioso progetto di ricerca che il Prado ha intrapreso in parallelo e in collaborazione con altre istituzioni internazionali, come il Musée du Louvre, il Laboratorio di Archeologia Molecolare alla Sorbona e la National Gallery di Londra.
La presenza in mostra di un selezionato gruppo di opere dipinte da allievi e seguaci di Leonardo offre un’occasione unica per fornire pubblicamente i risultati delle più recenti ricerche sui collaboratori più vicini all’artista – e in particolare uno di essi, del quale non si è ancora stabilita, con certezza l’identità, autore di almeno tre copie a partire da quella della Gioconda – e ad analizzare i metodi didattici e la produzione pittorica nell’ambito delle botteghe italiane tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Fondamentalmente la conclusione è la seguente: Leonardo favorì la trasmissione delle proprie conoscenze tecniche in modo anticonvenzionale a un gruppo di allievi che, spesso, lo sostituirono a fronte dei numerosi impegni multiformi del maestro, che comunque continuava a coordinare e a controllare i lavori di allievi e collaboratori. Diverse sarebbero pertanto le copie che i suoi allievi ricavarono, sotto la direzione del maestro stesso. E queste copie, a giudizio dei ricercatori del Prado, furono ricavate nella bottega di Leonardo e in sua presenza. Un copista esterno, infatti, non avrebbe seguito gli stessi stadi di preparazione presenti nelle opere di Leonardo, ma avrebbe copiato solo la superficie visibile e avrebbe cercato di rendere il lavoro più simile all’originale, in superficie. Il motore occulto dei dipinti – la preparazione, il fondo e la realizzazione degli elementi pittorici intermedi – è uguale, negli originali e nelle derivazioni fatte dagli allievi. Ciò che colpisce, secondo gli autori dello studio, è la libertà d’azione e di stile che Leonardo lasciava ai propri allievi, durante la copia, come se non volesse schiacciare le inclinazioni dei singoli, ma correggesse solo errori evidenti o indicasse possibilità di migliorie.
“Studi tecnici – dicono al Prado – hanno confermato che le copie delle opere più ammirate di Leonardo – la Gioconda di Madrid, la “versione Ganay” del Salvator Mundi (nella foto qui sotto) e la Santa Ana dall’Hammer museum sono state realizzate dal in sua presenza e sotto la sua supervisione.
Sono tutti eseguiti con molta cura utilizzando materiali costosi e conservano la personalità dell’artista ancora non identificato che li ha dipinti”. Due di essi riproducono – nella parti sottostanti al film pittorico, quindi sotto la parte evidente – gli stessi stadi intermedi che caratterizzarono la lenta produzione degli originali di Leonardo,. Durante queste lente fasi esecutive dei fondi e la risalita verso la superficie, si registrano poi eccezionali virate, “provocate dalle riflessioni e dalle correzioni compiute dal maestro durante la loro creazione”.
Un’analisi comparativa del riflettogramma a infrarossi della Gioconda al Louvre e la sua copia del Prado rivela dettagli identici nascosti sotto le loro superfici. Ciò confermerebbe a giudizio degli studiosi del Prado che i due artisti hanno lavorato in parallelo e che il copista ha riprodotto gran parte del processo creativo dell’originale senza cercare di imitare pedissequamente il modello del maestro, sotto il profilo stilistico. Molte modifiche invisibili nella Gioconda di Parigi sono ripetute nell’opera di Madrid. Quest’ultimo mostra anche correzioni e linee libere di disegno estranee all’originale, che riflettono i dubbi del pittore e suggeriscono un processo di rielaborazione più complesso di quello di una semplice copia.