Sopra Credito fotografico: Kit Haigh
Vindolanda, il sito archeologico dell’antico forte romano, presso il vallo di Adriano, in Gran Bretagna festeggia ogni anno i Saturnalia, attraverso un’esposizione di oggetti antichi e di moderni rifacimenti, pensati per i visitatori.
Una delle più famose, e forse la più popolare, delle feste fisse degli antichi romani erano i Saturnali, che tanto avrebbero poi riversato – a livello di usi e costumi – nella celebrazione de al Natale. I Saturnalia venivano celebrati dal 17 al 23 dicembre del calendario giuliano, e probabilmente ebbero origine come festa contadina per segnare la fine della stagione della semina, e divennero più elaborati quando Roma divenne più potente e sicura di sé.
Il 23 dicembre, giorno conclusivo dei Saturnali, era tradizione fare doni, solitamente piccoli, semplici ed economici pegni, che i più potevano permettersi, per non distinguere i ricchi dai poveri. I regali includevano pettini, candele, borsette, piccole lampade, statuette di cera e ceramiche economiche. Questi doni erano chiamati sigillaria e nei giorni che precedevano il festival i negozi si riempivano di ninnoli economici venduti appositamente per Saturnalia.
I Saturnali erano un ciclo di festività della religione romana, dedicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell’oro. I saturnali avevano inizio con grandi banchetti e sacrifici. I partecipanti usavano scambiarsi l’augurio “io Saturnalia”, accompagnato da piccoli doni simbolici, detti strenne.
Il sostantivo strènna – in latino strēna – significa «regalo di buon augurio» e deriva probabilmente da una voce di origine sabina. La strenna, insomma, non è un regalo qualsiasi. Pur piccolo, deve portare fortuna e luce.
Durante questi festeggiamenti era sovvertito l’ordine sociale: in un mondo alla rovescia, gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e potevano comportarsi di conseguenza; veniva eletto, tramite estrazione a sorte, un princeps – una sorta di caricatura della classe nobile – a cui veniva assegnato ogni potere. Un periodo di festa, che tendeva all’annullamento delle distanze sociali e e che assumeva anche la caratteristiche del nostro Natale. Il “princeps” era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti, tra i quali spiccava il rosso (colore degli dèi). Era la personificazione di una divinità infera, da identificare di volta in volta con Saturno o Plutone, preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti.