Nella loro ricerca del minerale d’argento, i romani stabilirono due accampamenti militari nell’area di Bad Ems vicino a Coblenza, nell’attuale Germania, nel I secolo d.C. Cercavano la vena giusta per estrarre dalla collina enormi quantità d’argento.
Le prove di presenza del minerale non solo erano rilevate soltanto nei depositi luccicanti del fiume, ma da alcuni saggi minerari condotti dai genieri.
I romani, pregustando un successo strepitoso, impostarono un grande accampamento – e diciamo impostarono perché non lo conclusero – che avrebbe dovuto ospitare 300 soldati, protetti da alti recinti e da 40 torri. I 300 soldati arrivarono, ma dormirono nelle tende in un forte che doveva essere concluso, ma che non fu mai portato a termine.
A un paio di chilometri di distanza, protetta da palificazioni acuminate, agiva l’unità di scavo. (nella foto)
La ricerca dovette durare un tempo limitato. I Romani, per pochi metri, sbagliarono il filone giusto, dal quale, nei secoli successivi, furono recuperate 200 tonnellate d’argento. Con questo “buco nel vuoto” gli italici decisero di dar fuoco agli accampamenti – per evitare che finissero nelle mani del nemico – e si ritirarono . Questo è il risultato di una ricerca condotta nell’ambito di uno scavo didattico durato diversi anni – le conclusioni sono dei giorni scorsi – svolto dal Dipartimento di Archeologia e Storia delle province romane della Goethe University in collaborazione con lo stato federale della Renania-Palatinato. Durante le indagini archeologiche sono state fatte diverse scoperte sorprendenti. La ricerca ha fatto guadagnare al giovane archeologo Frederic Auth il primo posto al Wiesbaden Science Slam.
Quando il prof. Markus Scholz, che insegna archeologia e storia delle province romane alla Goethe University, è tornato a Bad Ems verso la fine dei lavori di scavo, è rimasto sbalordito: dopo tutto, tutte le foto inviate dal suo collega Frederic Auth mostravano solo un pochi pezzi di legno. Non sorprende che Scholz non si aspettasse ciò che ha visto dopo: una costruzione difensiva in legno composta da pali affilati, progettata per impedire l’avvicinamento del nemico. La struttura dall’aspetto militare aveva lo scopo di dissuadere chiunque dall’attaccare il campo. Tali installazioni – paragonabili, se vogliamo, al moderno filo spinato – sono citate nella letteratura dell’epoca. Cesare, per esempio, li menzionò. Ma fino ad oggi, nessuno di questi sistemi era stato trovato. Il terreno umido della zona di Blöskopf fornisce ovviamente le condizioni ideali per la conservazione: le punte di legno, che probabilmente si estendevano per l’intero fossato rastremato verso il basso intorno al campo, sono in buone condizioni.
La grande sorpresa per gli archeologi è avvenuta durante gli ultimi giorni della campagna di scavo: nel terreno umido della collina “Blöskopf” era stata conservata una costruzione di punte di legno, destinata a scoraggiare potenziali aggressori.
Due accampamenti militari romani
precedentemente sconosciuti
La ricostruzione del ritrovamento è compiuta dalla Gohete University: “Il lavoro degli archeologi di Francoforte e del dott. Peter Henrich della Direzione generale per i beni culturali dello stato federale tedesco della Renania-Palatinato, ha portato alla luce due accampamenti militari precedentemente sconosciuti nelle vicinanze di Bad Ems, situati su entrambi i lati della valle di Emsbach. Gli scavi sono stati innescati dalle osservazioni fatte da un cacciatore nel 2016, che, da un punto rialzato, ha individuato differenze di colore nel campo di grano, indicando l’esistenza di strutture sotterranee. Una foto scattata da un drone ha confermato la tesi: il campo era attraversato da una pista che sembrava originata da un enorme trattore. (eccola, qui sotto, ndr)
In realtà, però, si trattava di un doppio fossato che inquadrava un accampamento romano. La prospezione geomagnetica ha successivamente rivelato un campo militare di otto ettari con circa 40 torri di legno. Gli scavi archeologici, condotti in due campagne sotto la direzione locale del Dr. Daniel Burger-Völlmecke, hanno rivelato ulteriori dettagli: il campo non fu mai completato. Vi si trovava un solo fabbricato stabile, costituito da magazzino e ripostiglio. I 3.000 soldati che si stima siano stati di stanza qui probabilmente hanno dovuto dormire in tenda. I segni di bruciatura mostrano che il campo è stato distrutto dal fuoco dopo pochi anni. Ma perché?”
È stata la squadra studentesca, guidata da Frederic Auth, a individuare il secondo campo, molto più piccolo, situato a circa due chilometri di distanza in linea d’aria, dall’altra parte della valle di Emsbach. Un secondo campo, fondamentale per comprendere le anomalie – e la funzione – del primo. Il “Blöskopf” non è una tabula rasa quando si tratta di archeologia: gli scavi esplorativi effettuati nel 1897 hanno portato alla luce minerale d’argento lavorato, sollevando l’ipotesi che un tempo vi si trovasse una fonderia romana. La tesi è stata ulteriormente avvalorata dal ritrovamento di fondazioni murarie, resti di fuoco e scorie metalliche. Per molto tempo si è ipotizzato che le fonderie fossero collegate al Limes, costruito circa 800 metri a est intorno al 110 d.C. Queste ipotesi, ritenute valide per decenni, sono state ora smentite: la presunta fornace si è infatti rivelata essere una torre di avvistamento di un piccolo accampamento militare che ospitava circa 40 uomini. Probabilmente è stato deliberatamente dato alle fiamme prima che la guarnigione lasciasse il campo. La spettacolare struttura difensiva in legno è stata scoperta letteralmente il penultimo giorno degli scavi, insieme a una moneta coniata nel 43 d.C., prova che la struttura non poteva essere stata costruita in connessione con il Limes.
Cunicoli romani situati
sopra il deposito d’argento
Ma perché i romani non riuscirono a completare il grande accampamento, scegliendo invece di abbandonare entrambe le zone dopo pochi anni? A cosa servivano le strutture? “Gli archeologi – risponde la Goethe University – hanno trovato un possibile indizio negli scritti dello storico Tacito: descrive come, sotto il governatore romano Curtius Rufus, i tentativi di estrarre minerale d’argento nell’area fallirono nel 47 d.C. Il rendimento era stato semplicemente troppo basso. Il team di archeologi di Francoforte è stato infatti in grado di identificare un sistema di pozzi-tunnel che suggerisce origini romane. Il tunnel si trova a pochi metri sopra il passaggio di Bad Ems, che avrebbe consentito ai romani di estrarre quantità enormi di argento, proseguendo sino a 200 anni fa, se la storia gliel’avesse concesso”.
“L’argento fu estratto solo nei secoli successivi. La speranza dei romani per una redditizia operazione di estrazione di metalli preziosi spiega anche la presenza del campo militare: volevano essere in grado di difendersi da incursioni improvvise, uno scenario non improbabile dato il valore della materia prima. “Per verificare questa ipotesi, tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche”, afferma il prof. Scholz. Sarebbe interessante sapere, ad esempio, se anche il grande accampamento fosse circondato da ostacoli destinati a ostacolare l’avvicinamento del nemico. Finora non sono state trovate punte di legno lì, ma le tracce potrebbero forse finire per essere scoperte nel terreno molto più arido!.
Miniere d’argento riservate ai secoli successivi
Se avessero saputo che secoli dopo, in tempi moderni, 200 tonnellate di argento sarebbero state estratte dal terreno vicino a Bad Ems, forse non si sarebbero arresi così in fretta. I soldati a cui era stato ordinato di scavare le gallerie evidentemente non erano stati troppo entusiasti del duro lavoro: Tacito riferisce che essi scrissero all’imperatore Claudio a Roma, chiedendogli di consegnare in anticipo le insegne trionfali ai comandanti.
Un’entusiasmante storia di ricerca, che anche Frederic Auth, che dal 2019 guida gli scavi a Bad Ems, sa raccontare in modo coinvolgente. Il suo racconto ha vinto il primo premio in un campo interdisciplinare di candidati al 21° Wiesbaden Science Slam all’inizio di febbraio.
La ricerca a Bad Ems è stata condotta in collaborazione con la Direzione dell’archeologia statale presso la Direzione generale per i beni culturali della Renania-Palatinato, l’Istituto di preistoria e protostoria dell’Università di Erlangen-Norimberga e l’Università di scienze applicate di Berlino. Sono stati coinvolti anche il ricercatore e conservatore onorario dei monumenti Jürgen Eigenbrod e il suo collega Hans-Joachim du Roi, nonché diversi metal detector con i necessari permessi delle autorità dei monumenti storici. Il progetto è stato finanziato con il sostegno della Gerhard Jacobi Stiftung, della Società per l’archeologia del Medio Reno e della Mosella e della Fondazione tedesca per la ricerca (Deutsche Forschungsgemeinschaft, DFG). Le punte di legno sono state nel frattempo conservate al Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Magonza.