di Roberto Manescalchi
Conosciuto anche come “Tavola di Acerenza” e o “Ritratto di Acerenza” è una tempera grassa su tavola di pioppo di 59,6 x 43,9 cm in collezione privata. Scovata, nel 2008, dallo storico Nicola Barbatelli che mi pare allora fosse (forse lo è tuttora) direttore del “Museo delle Antiche Genti di Lucania”, in quel di Salerno, presso una famiglia originaria di Acerenza donde alcune varianti del nome con cui la tavola è conosciuta. Per la storia, tuttavia, suggeriamo il preciso e documentato articolo di Federico Giannini ed Ilaria Baratta del 28/5/2017 su Finestre sull’Arte. Pochi dubbi sul fatto che l’uomo ritratto sul pioppo di Acerenza abbia il sembiante del genio di Vinci… basta all’uopo il confronto con il ritratto del genio eseguito dal suo allievo prediletto Francesco Melzi oggi conservato nelle collezioni reali inglesi a Windsor Castle
e o il confronto più pregnante con il seppur tardo (seicentesco) ritratto del genio nella collezione fiorentina degli Uffizi in catalogo con il numero di inventario 1717 qui in una vecchia foto Alinari.
Che si tratti dell’effige di Leonardo è testimoniato, del resto, da una lunghissima tradizione che va dal legno della xilografia di Cristoforo Coriolano che propone il ritratto del Vinci per le vite di Vasari 1568.
all’ultima, dopo varie centinaia, anonima stampa ottocentesca.
Se è certo che si tratti del ritratto di Leonardo è altrettanto certo, a nostro modesto avviso, che la più che modesta tavola dipinta da anonima mano, oggetto di studio, di tutti possa essere fuorché dell’ineffabile sinistra mano. Ritratto dunque, ma, ci dispiace, niente autoritratto! Ma è su tavola di pioppo? Sì sì, ma non tutte le tavole di pioppo sono state dipinte da Leonardo che ci sono folte schiere di pittori sconosciuti alla storia dell’arte e proprio a motivo della loro irrilevante opera. Ma il carbonio 14 dice che il periodo di datazione della tavola è congruo con il periodo che vide l’operare del genio? Sì sì, ma vi dice anche di aver visto il genio, pennello in mano, stendere velature di colore proprio su quella tavola? Fidatevi o non fidatevi, se più vi aggrada, che poco mi interessa… questo dipinto è quanto di più lontano dal modus operandi del genio ci possa essere. E poi: non ci risulta, non abbiamo trovato documentazione di una pulitura e o di un restauro reale della tavola e ci domandiamo come si possa passare dalla prima foto a sinistra alla terza a destra.
Si tratta di un ritratto del genio dei geni o di una foto di Claudia Schiffer? La famosa tedesca è notevolmente più bella di questa tavola, ma per esigenze professionali potrebbe necessitare di ulteriori restauri d’immagine… che so, magari ha mangiato troppa cioccolata e gli è uscito un piccolo brufolo? Sappiamo di culi che dimorano tra le stelle, migliorati dal Santo Restauratore digitale.
per poter indossare e presentare le mutande di Roberta, ma qui? Il restauro virtuale, che ci parrebbe essere stato eseguito, è pratica scientifica? Ma sul retro della tavola c’è scritto pinxit mea (l’ho dipinto io) e il grafologo di riferimento avrebbe attribuito la scritta a Leonardo che però si sarebbe dimenticato di firmare il recto… i casi strani della vita! E la spettroscopia a raggi x? I pigmenti compatibili con pigmenti in uso all’epoca del Genio? Vi rispondo con un vecchio adagio toscano in versione assolutamente volgare che al tempo del genio la fiorentinità era spesso anche sinonimo di trivialità. Per una corretta analisi delle cose è un dato che non va sottaciuto. “se una delle mie due nonne avesse avuto i coglioni… avrei avuto tre nonni”. Naturalmente… Tutto può essere fuorché “l’homo pregno” altro detto che sa di triviale e maschilista, ma di questi tempi e stante quel che ci propinano, poi non sarei più tanto sicuro neanche di quello! I carabinieri? Saranno stati impegnati a sequestrare un qualche falso Modigliani? Non in questo caso… Giannini e Baratta, attendibilissimi studiosi, ci informano anche di un’indagine congiunta di Università di Chieti e Dipartimento scientifico dell’Arma dei Carabinieri che avrebbe evidenziato un’impronta digitale, sulla tavola di Acerenza, che sarebbe stata ritenuta compatibile con un’impronta già rilevata nella Dama dell’Ermellino. Possibile che sia del genio di Vinci o che al genio un oscuro artefice abbia avuto l’ardire di mostrare la povertà della sua opera e che il genio abbia tenuto, sicuramente per poco, l’opera in mano? Le parole hanno tutte semantica e significato ben preciso e va da sé che leggendo il vocabolario si possono apprendere le diversità che intercorrono tra compatibilità e identità e questo malgrado le indicazioni di Arma e Università che in questo caso sembrerebbero essere indirizzate ad avvalorare la tesi del presunto autoritratto.
Il Leonardo Lucano non è purtroppo un amaro. Dalle impronte digitali al restauro digitale
Possibile che sia del genio di Vinci o che al genio un oscuro artefice abbia avuto l’ardire di mostrare la povertà della sua opera e che il genio abbia tenuto, sicuramente per poco, l’opera in mano? Le parole hanno tutte semantica e significato ben preciso e va da sé che leggendo il vocabolario si possono apprendere le diversità che intercorrono tra compatibilità e identità e questo malgrado le indicazioni di Arma e Università che in questo caso sembrerebbero essere indirizzate ad avvalorare la tesi del presunto autoritratto