Immagini courtesy Muzeum T. G. M. Rakovník
Il cercatore dilettante si aggirava nel bosco con il suo metal detector. Una giornata di svago per l’appassionato che pensava, comunque, di passare qualche ora all’aperto accanto al fratello con il quale condivide la passione per le ricerche con il metal detector, che, in Boemia, sono ammesse. Improvvisamente la strumentazione ha iniziato a suonare in modo pieno. L’uomo – lo vediamo nell’immagine di copertina, accanto a un giornalista e al fratello, nel punto del ritrovamento – ha delicatamente scavato una minuscola buca verticale di circa 50 centimetri, sotto il muschio, e ha trovato gioielli antichi particolarissimi. Un anello d’oro con pietre dure – granati e almandini dell’Oriente – e parti di una fibbia d’oro spezzata in tre segmenti. Proprio lì, sul bordo del sentiero.
Correttamente, secondo la legge della Repubblica ceca, ha avvisato le autorità competenti – ha chiamato, nello specifico, la direttrice del locale museo, la dottoressa Blažková e i suoi collaboratori – alle quali ha segnalato il punto del ritrovamento, che è stato mantenuto segreto, in vista di scavi approfonditi e di ricognizioni professionali.
La notizia è stata data nelle scorse ore dalle autorità ceche, dopo un periodo di riservatezza assoluta, durante il quale gli archeologi hanno sondato l’area di Rakovník – una cittadina di 16mila abitanti, nella Boemia centrale – e studiato i gioielli, con l’aiuto di alcuni specialisti dell’Università parigina della Sorbona.
Le opere di oreficeria sono state sottoposte ad indagini serrate con scansioni a raggi X, tomografia computerizzata, microscopi e spettrometri, sia per rilevare la natura della pietra – identificandone l’origine di cava – che per osservare la modalità di montaggio del castone.
Che ci facevano pietre dure dell’India o dello Sri Lanka accanto a una strada antica della Boemia centrale, poi dismessa e rimasta come un sentiero nel bosco? Commerci con l’estremo oriente o segni di un’antica migrazione? Anello e parti di fibbia presentano però analogie stilistiche e costruttive con gli oggetti della tomba del re franco Childerico I in Belgio, morto nel 481 d.C. Insomma: un bel rebus, che potrebbe essere risolto se inserito nel clima corrusco dei tempi successivi alle migrazioni di massa che segnarono la fine dell’impero romano e che proseguirono per secoli.
Non solo spostamenti tranquilli. Ma soprattutto movimenti di popoli e di eserciti. Con rapine, furti e violenze. Città messe a ferro e fuoco, esecuzioni sommarie, antichi palazzi incendiati. Bottini nascosti durante gli spostamenti. abitanti in fuga che, a loro volta, nascondevano i preziosi per evitare di essere rapinati e uccisi. E che non poterono più tornare sui propri passi.
Gli archeologi – che hanno scoperto anche una cavezza per cavalli placcata in oro risalente alla fine del VI secolo, a un paio di chilometri dal punto in cui dove sono stati portati alla luce l’anello e la fibbia d’oro – ritengono che questi materiali fossero frutto di bottini.
Per questo le autorità ceche ritengono utile l’attività dei cercatori di superficie con metal detector. Ben guidati, essi possono ripercorrere le tracce delle dispersioni originarie. Il lavoro proseguirà nei prossimi mesi per far luce sul cosiddetto periodo migratorio del V e VI secolo. In prima linea anche Jakub Sláma, con il fratello, al quale le autorità hanno riconosciuto un ruolo importante nell’individuazione del materiale di studio, correttamente segnalato.