In quest’intervista Maurizio Bernardelli Curuz, specialista del Caravaggio, mette in luce le nuove acquisizioni compiute dal proprio gruppo di ricerca nell’ambito delle criptofigure in Caravaggio, individuandone una funzione espressiva e il ruolo semantico. Evidenzia la forte connotazione eterosessuale del materiale recuperato. Indica poi, una linea di continuità tra la massima presenza di figure erotiche ambigue nei dipinti e le opere che furono collezionate dal Marchese Vincenzo Giustiniani, sottolineando una possibile funzione attiva del collezionista stesso nel sostegno del pittore lungo un precisa linea espressiva. Bernardelli Curuz sottolinea un possibile collegamento tra il materiale individuato e la filosofia ermetica.
Un grande amore per le donne. Il sesso raccontato da Caravaggio non è quello che ci avevano abituato a pensare, attraverso il filtro di Pasolini. I quadri che si avevano abituato a guardare, Bernardelli Curuz, non erano come volevano che li guardassimo…
Le operazioni longhiame e post-longhiane tendevano a portare Caravaggio in un’area di vaticinatore del comunismo. Negli anni di Pasolini, lo scrittore corsaro assunse atteggiamenti di modulazione di se stesso, rispetto all’idea che s’era fatto di Caravaggio. Un’idea erronea. L’idea erronea è che Caravaggio fosse antesignano del neo-realismo cinematografico, antesignano del cattocomunismo e del rapporto tormentato tra omosessualità e morale cattolica. Gli studi che, negli ultimi anni, ho portato avanti, sia nel campo delle criptofigure di preparazione delle opere che su macrostrutture ambigue, dimostrano un’inclinazione assolutamente eterosessuale nel “guardare le donne”. L’esercizio costante dell’occhio che scava e che ama il mondo e il sesso femminile.
A me ha fatto molto impressione questo. Lo abbiamo pubblicato qualche mese fa.
Sì, impressionante.
Inquietante. Un particolare descritto con potenza icastica. E perchè Caravaggio avrebbe inserito una cosa del genere? E perchè abbiamo guardato milione di volte questo dipinto ma questa cosa non l’abbiamo còlta…?
Rispondo subito alla seconda domanda. Perchè non vediamo quello che c’è. Vediamo, in letteratura, la gobba di Leopardi, sentiamo le lacrime del deforme. Null’altro. Vediamo, a causa di Longhi e del Pci, Caravaggio come se fosse Pasolini, come se fosse Testori. Lo vediamo girare un film neorealista, fare i conti tra la propria radice cattolica e la pulsioni sessuali non conformi, andare su una spider a ritirare ragazzi di vita, alla stazione Termini. Normalmente la scuola ci insegna cosa guardare e cosa non guardare. Come guardare e per quanto tempo. In quale preconcetto inserire una visione. Siamo molto prigionieri della dittatura dello sguardo incardinato a una dottrina. L’esercizio scolastico dello sguardo è un costante lavoro di sottomissione che individua l’istituzione scolastica come produttrice di sguardi conformi e, pertanto, di conformisti, che sono utilissimi servitori dello Stato.
La scuola e l’Università, la critica impongono un modo di vedere e pertanto, contemporaneamente, un modo di non vedere. E’ chiaro che questo discorso riguarda ogni settore della vita.
L’inganno visivo è inganno politico. Pensiamo quindi al modo in cui ci ingannano, se ci hanno ingannato impedendoci di vedere queste macro-figure, in Caravaggio. Credo che la storia dell’arte e la storia della visione siano fondamentali alle aggregazioni umane proprio perchè, nella parte fisiologica, permettono di dominare la visione stessa e di non soggiacere a convenzioni autoritarie della visione, nella nefasta connotazione liberticida. Così nessuno – o quasi – dice che i quadri di Caravaggio non sono i film di Pasolini, ma che sono quadri di Caravaggio, sommo pittore del primo Barocco, in una tensione di ribellione costante rispetto all’autorità. Ma dobbiamo aggiungereun particolare. Caravaggio sapeva come e dove portare lo sguardo, agendo su elementi selettivi della percezione. Linee oblique o lumi molto intensi ingannano la vista, mantenendola ad un livello di percezione molto superficiali
E nessuno s’accorse, ai tempi di Caravaggio stesso, che i quadri del pittore contenevano provocazioni erotiche?
In diversi casi, qualcuno dovette intercettare queste verità. E le opere furono rifiutate non solo perchè erano eccessivamente realistiche e i santi avevano i piedi sporchi. Qualcuno intercettò, probabilmente, un insieme che conferiva ai dipinti una diffusa gravità peccaminosa.
Ad esempio?
E’ noto che la prima versione di San Matteo e l’Angelo – quella distrutta o, comunque scomparsa, nel Novecento, nella Berlino bombardata – fu rifiutata. Questa è un’opera palesemente erotica, sia nelle immagini palesi che nei costrutti ad incastro. Caravaggio non componeva in modo lineare, come abbiamo raccontato fino ad oggi. Componeva dai quattro lati e faceva ricorso a centinaia di immagini ambigue. Qualcosa di più evoluto, rispetto ad Arcimboldo – che abita a Milano, nella stessa epoca e che probabilmente Merisi frequenta -, ma su quella linea. Un’immagine è formata da altre immagini. Si rivela illusoriamente per una cosa è invece è quella cosa, ma al tempo stesso un’altra.
Torniamo alla prima versione – quella bocciata di San Matteo e l’Angelo. Il motivo principale del rifiuto risiede certamente nel contatto tra Matteo e l’angelo bambina. Era una bambina evidentemente, non un maschietto, quella che impersonava l’angelo. Una bambina in età prepuberale. Concordo pienamente con la collega Claudia Renzi, quando dice che l’angelo, qui è una bambina. E aggiunge, Claudia Renzi – dopo un interessante rilevamento antropometrico del volto – che molto probabilmente quella ragazzina era Artemisia Gentileschi. In quel caso, Caravaggio fu troppo esplicito. Lei è in posizione di tenera seduzione; si torce, argomenta come una bambina e si muove come una giovane donna; lui ne accoglie il corpo. Ci sono precedenti, nel topos di questa postura – anche in Peterzano, il maestro del Caravaggio – ma la soluzione, qui, è altamente torbida, sotto il profilo del desiderio e dell’equivoco. E’ un quadro equivoco, che genera equivoci. Bellissimo, ma equivoco. L’opera fu bocciata e non venne esposta in San Luigi dei Francesi. Il quadro, in effetti, è inquietante, anche guardando altri particolari come possiamo vedere, qui sotto. Lui offre un particolare davvero estremo, eccolo, qui sotto. Teniamo conto che Caravaggio opera spesso su 4 lati. E nel lato inferiore inserisce il mondo ribaltato, quello del Peccato, che fa da contraltare alla virtù superficiale.
E nella seconda versione?
Be’, nella seconda versione, troviamo particolari meno torbidi, ma giganteschi quanto un insulto erotico. La biografia del Caravaggio ci rende chiaro il fatto che il pittore non accettava alcuna forma di sopruso o di obbedienza.
Sembra una vendetta per il rifiuto del primo dipinto… Sembra il piatto lanciato contro al cameriere che, in una taverna romana, gli aveva risposto in modo maleducato
Chissà, probabilmente sì. Diciamo che è una violenta affermazione di personalità, attraverso immagini sessuali. Questo certamente non è un piede
Come questo non è certamente un polso. Caravaggio dipinge così il polso di San Matteo
Sì, ufficialmente è un polso… ma nessuno avrebbe mai dipinto un polso in questo modo. Il controcanto potrebbe essere stato, pure, originato una narcisistica e virtuosistica sfida del pittore ai committenti, attraverso l’inserimento di immagini sessuali o violente, all’interno di spazi di devozione, senza che i committenti stessi se ne potessero avvedere. Vendetta e virtuosismo.
Qual è il quadro che contiene il maggior numero di immagini erotiche, in Caravaggio?
L’Incoronazione di spine, conservata a Vienna,contiene, probabilmente, il più alto concentrato di elementi erotici macroscopici, rispetto a tutta la produzione di Caravaggio. Negli altri dipinti non mancano elementi erotici, ma non si raggiunge un livello così ardito, una violenza così dirompente e vasta, una reiterazione così spaventosa. Qui il pittore riversa infamie sessuali sullo spettatore. Lo contamina, lo provoca.
Ipotesi su questa scelta?
In un primo momento, durante il rilievo, avevo pensato che Caravaggio avesse riversato la propria rabbia nei confronti del committente. Avevo ipotizzato che il pittore, durante la fase di discussione preliminare, fosse entrato in conflitto con il committente…Ma analizzando la storia della committenza, mi sono ricreduto. Ora penso che il committente stesso avesse chiesto a Caravaggio una cosa di questo tipo. Faceva parte, probabilmente, di quelle opere nascoste sotto una doppia tendina.
Cosa intendi dire quando parli di una doppia tendina?
Un tempo i dipinti era protetti da un coperto (le tavole) o da una cortina di stoffa. Un tendina che restava quasi sempre chiusa, per proteggere l’opera – si dice – dalla polvere e la luce ma – io ritengo – soprattutto che la presenza delle tendine fosse collegata al rito e alla liceità del vedere.
Il rito contemplava la chiusura – le opere con nudità e soggetti pagani erano disdicevoli ed erano, in qualche modo, blindati e confinati nelle stanze da letto o nei camerini, pur coperte; per questo parlo di tendina doppia – ; poi, in genere, i dipinti andavano scoperti solo in certe circostanze, disvelati, esibiti davanti a un ristretto numero di amatori, attraverso un rito di scoperta. Un rito di fruizione. La pittura era cioè offerta come spettacolo teatrale. Il rito del disvelamento è rimasto, per molto tempo, centrale nel corso dell’inaugurazione di pubblici monumenti, ad esempio. Un rito di gestione della sorpresa, che ha radici antiche. Torniamo in casa Giustistiani, come nelle case dei collezionisti dell’epoca. Dobbiamo presumere che nei palazzi solo alcune opere restassero aperte alla visione – le opere devozionali, ad esempio, restavano, certamente, aperte perchè avevano una funzione di protezione dell’abitazione e della famiglia -. Anche i ritratti degli antenati, probabilmente, erano scoperti. Ma la seconda tendina – simbolica – era quella applicata a soggetti equivoci, improponibili alla libera visione. Queste opere venivano esibite, alla presenza del padrone di casa che diveniva ministro del culto estetico, solo a chi fosse in grado di poterle vedere ed apprezzare. Probabilmente il rito avveniva con l’uso di candele o di specchi. Le candele avevano il potere di mostrare, a guizzi, figure in rilievo o in in incisione. Le tele del Caravaggio hanno pochissima materia, ma sono crivellate, incise, rilevate. Il motivo per il quale la superficie in Caravaggio è accidentata programmaticamente risiede nel fatto che il pittore ha previsto il comportamento di disvelamento di particolari – che avevano anche una funzione cinetica, creando movimento nella tela – attraverso l’uso di candele. Nel suo giudizio sui paesaggi di Tiziano e dei Carracci, Vincenzo Giustiniani aveva mostrato la sua sensibilità per l’estetica delle “macchie”, cioè per uno stile che antepone luci e ombre al contorno ed è concepito per essere osservato da lontano piuttosto che da vicino. Egl aveva costituito la propria galleria di statue e dipinti, proprio per assecondare il movimento della macchia e ciò che essa poteva suscitare, a livello di percezione, a distanze diverse. L’osservazioni dei dipinti prodotti da Caravaggio conferma che anche il pittore, componendo, seguiva questa necessità. Vista da un punto distante l’opera appariva come qualcosa di diverso da sé e mutava, avvciinandosi.
Caravaggio era noto ai propri concittadini caravaggini come un pittore abilissimo, nei giochi della fantasia, cioè un grandissimo inventore di capricci. Fino ad oggi la natura capricciosa dei dipinti di Caravaggio non era mai stata posta in luce, al punto che la dichiarazione dei suoi concittadini residenti a Roma – che gli avevano commissionato una pala – sembrava una stranezza. Invece no. Caravaggio crea capricci e pittura illusionistica. Era quello il nodo conosciuto dai suoi concittadini. I caravaggini sapevano bene che Caravaggio era un pittore di capricci poichè, immerso, nella sua fase formativa nel mondo di Leonardo e Arcimboldo.
Torno al committente o all’acquirente dell’Incoronazione di spine, questo sommo capriccio. Vincenzo Giustiniani è un collezionista, un banchiere. Compra i quadri di Caravaggio e forse li commissiona. Ecco il punto interessante, nell’ambito di questo giallo: Vincenzo Giustiniani apre una strada acquista il primo quadro, certamente proibito, cioè la prima versione di San Matteo e l’Angelo, con l’angelo-bambina. Compra il quadro bocciato. E abbiamo perfettamente capito perchè quell’opera non fosse finita sull’altare di san Luigi dei Francesi, Chiesa che sta proprio di fronte a Palazzo Giustiniani, abitazione della famiglia dei banchieri. Compra questo quadro e, probabilmente, sullo stesso registro, ne acquista o ne commissiona un secondo: l’Incoronazione di spine che contiene, in capriccio, numerosissimi elementi erotici. Poi, altri.
Da ciò si potrebbe arguire che il banchiere, avendo compreso le potenzialità “capricciose” di Caravaggio abbia , con acquisti o idee di committenza, rafforzato questa linea che univa il mondo della carne a quello dello spirito. Un divertissement equivoco?
Io penso che ci fosse, in maniera indubbia, il divertimento del disvelamento, ma collegato ad altre questioni di natura filosofica. Possiamo solo immaginare quale fosse il coup de théâtre davanti agli ospiti selezionati di casa Giustiniani…
Proviamo ad immaginare cosa succedesse. Lui, Giustiniani, apriva la tendina. Avvicinava le candele. E gli ospiti dicevano: splendida flagellazione, superba incoronazione di spine. Ma Giustiniani invitava a guardare meglio. “Notate qualcosa di strano”? (e le candele sommuovevano l’e immagini). Probabilmente i presenti dicevano di no. Dicevano che era un bel soggetto religioso. A questo punto, probabilmente, Giustiniani avvicinava il candeliere alla parte inferiore del dipinto e indicava il panneggio a forma di vulva. Avendo aperto un dispositivo sorprendente a livello di testo velato, si aprivano le altre porte.
Come in qualsiasi testo ermetico. Rilevata la presenza di una chiave semantica, appaiono decine di altre porte congruenti.Materia naturale e materia spirituale convergono. Il milieau del Caravaggio era dedito alla filosofia ermetica e all’alchimia. Oggi pensiamo all’alchimia come a una stupidaggine, ma essa fu fondamentale elemento di conoscenza spirituale ed empirica. L’alchimia e il pensiero ermetico anche quando neoplatonico e pertanto assai vicino al cristianesimo – erano banditi dalla Chiesa, ma erano oggetto di approfondimento e di pratica da parte di numerosi prelati, tra i quali il cardinale del Monte, protettore e amico del Caravaggio, per il quale il pittore realizza il dipinto parietale del casino alchemico, a villa Ludovisi. L’ambiente è quello.
Ed Ermete Trismegisto, considerato uno dei padri dell’alchimia,invita a considerare la materia e lo spirito come una cosa unica. A considerare quello che sta sopra e quello che sta sotto come una cosa unica. Dice esattamente “È vero senza menzogna, certo e verissimo, che ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli di una sola cosa. E poiché tutte le cose sono e provengono da una sola, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento”.
Al di là degli aspetti di provocazione, l’Incoronazione di spine rappresenta il punto di incontro tra materia – sessualità- e la parte più alta dello spirito.
E’ stata avanzata l’ipotesi che il cavaliere in primo piano, nell’Incoronazione di spine, fosse il marchese stesso… Questo qui, sotto, alla nostra sinistra. Alla nostra destra ho messo il ritratto che ne fa Regnier nel 1630 circa, una ventina d’anni dopo. Le immagini non sono incompatibili. Quello alla nostra destra è certamente il ritratto di Vincenzo Giustiniani. Sotto il profilo antropometrico non sono incompatibili…
Concordo.
Quindi Giustiani,avrebbe potuto richiedere a Caravaggio un’opera dotata di un guscio edificante e di un contenuto erotico ancor più potente, rispetto a San Matteo e l’Angelo, versione prima…
E’ un’ipotesi plausibile. Giustiniani capisce le potenzialità del motore semantico e compositivo del Caravaggio…
… e lo induce ad osare, ancor di più. Peraltro c’è un legame nascosto e potente tra Caravaggio e Giustiniani. Entrambi amano la stessa donna, la cortigiana Fillide, che posa per Caravaggio in un ritirato ordinato da Giustiniani stesso.
Possiamo fondatamente inserire questa osservazione in un percorso logicamente plausibile.
E’ ipotizzabile che Vincenzo Giustiniani fosse particolarmente incline ai piaceri della carne. Ecco, infatti, che tra i capelli di Cristo, Caravaggio inserisce una piccola donna elegante
Guardiamo questa immagine, qui sotto. Questo è ciò che appare ruotando il quadro nel punto in cui appare il ritratto del cavaliere o del marchese Giustiniani.
Sì, molto divertente. E’ evidente il fatto che due riccioli, che assumono una forma circolare, non sono messi lì a caso. E l’orecchio del committente sembra trasformarsi nel grugno vibratile di un maialino o di una creatura fantastica. Quindi, in questo punto del quadro, potremmo essere di fronte a un elemento giocoso legato alle pulsioni molto intense del cavaliere…
Questa non è una parte casuale. Fa parte del modo consueto di comporre, in Caravaggio. Un metodo di derivazione arcimboldesca. Osservi un vaso di fiori e, se lo giri, ti appare un uomo con il cappello. Poi chi conosce le dottrine ermetiche sa bene che arrivi a Dio anche attraverso il sorriso. Anche attraverso il corpo femminile.
Altre immagini erotiche sono state evidenziate da te, in Vincit om nia amor, un altro quadro da doppia tendina, anch’esso appartenente alla Collezione di Vincenzo Giustiniani. L’ipotesi che Giustiniani avesse promosso o acquistato opere ambigue legate all’unione tra corpo e spirito, prende sempre più consistenza…
Si è aperta una strada nella strada. Le opere del Caravaggio presenti nella collezione Giustiniani erano circa 15. Sarà interessante verificarle alla luce di questa contaminazione tipicamente ermetica. Frattanto diamo alcune anticipazioni di Vincit omnia amor. I particolari sono curati con grande precisione dal pittore, come possiamo vedere qui sotto. E i particolari sono particolarmente scabrosi.
Bambine o ragazzine, intendi…
E’ presto per dirlo, ma certo qualche indizio pittorico esiste e non andrà sottovalutato nell’ambito di nuove ricerche. Il dipinto legge, in una partita doppia, l’amor sacro e l’amor profano. Per questo anche l’opera in questione contiene immagini legate all’eros, al di là del primo piano della figura completa. Vediamone alcune
Altro quadro in cui Caravaggio mette a punto dispositivi altamente ambiguì è la Natività di Palermo, quella poi rubata dalla mafia.
Direi che il quadro è molto inquietante. Farebbe pensare ad una radicalizzazione del pittore su posizioni di contestazione violentissima al cattolicesimo. E’ pieno di elementi di proiezione onirica. Deformazioni di rabbia febbricitante
E’ davvero molto impressionante. E inequivocabile. Probabilmente Caravaggio si basava sul concetto che il perbenismo era talmente diffuso – anche a quei tempi – che se qualcuno si fosse accorto di quello che vedeva non avrebbe creduto ai propri occhi…. nessuno ha il coraggio di dire: “Il re è nudo”…
E’ così. Poi, come dicevo in interventi precedenti, si basava sul concetto dell’Omnia munda mundi. Cioè tutto è puro per chi ha gli occhi puri. Oggi è un concetto che ci sfugge. Un bambino, non passato ancora attraverso la conoscenza e la malizia, è in grado di vedere le scene più turpi senza averne cognizione morale e sostanziale. Chi non ha cognizione del Male (secondo gli schemi in cui veniva inserito il Male) non vedeva il Male.Il povero di spirito avrebbe visto solo una scena edificante. Il quadro sarebbe apparso pulito a uno sguardo pulito. Il quadro sarebbe apparso pulito al suo sguardo pulito. Il quadro sarebbe apparso sporco allo sguardo di uno sporco. Il peccatore, non avendo lo sguardo pulito – poichè conosce la fonte del peccato – sarebbe trasalito, di fronte a un quadro contenente elementi erotici, fino a nascondere a se stesso e agli altri la frequentazione profonda del sesso. Chi avrebbe avuto il coraggio di rivelare di aver visto una scena peccaminosa, un particolare sessuale, in un dipinto religioso? Anche oggi, andando da uno psicanalista che ti mostra un’immagine speculare, che ti fa venire in mente un organo sessuale femminile, certo non dici cio che è. Non pensi di rivelarti come uno con il chiodo fisso. Preferisci dire; “Vedo una farfalla”. Possiamo immaginarci cosa volesse dire nel Seicento riformato e illibertario vedere un panneggio, come quello dell’Incoronazione di spine. Non credere ai propri occhi poichè credere significava avere gli occhi immondi.
Di fatto, le criptofigure contraddicono l’idea che ci siamo fatti di Caravaggio, come pittore omosessuale….
Non ho assolutamente nulla contro gli omosessuali. Ognuno è libero d’essere quello che è, con dignità e rispetto. Ma teniamo conto del fatto che, purtroppo, nel passato l’accusa di omosessualità portava, minimo, all’apertura di inchiesta giudiziaria e, in molti casi, a una condanna. Comunque fosse chi era additato come omosessuale finiva, terribilmente, per essere escluso. Per far fuori un avversario o un concorrente, bastava far circolare la voce che fosse omosessuale… L’omosessualità di Caravaggio si basa sulla dichiarazione di uno straniero che passa da Roma, qualche decina d’anni dopo la morte del Caravaggio stesso e che disse che Caravaggio dormiva con il suo garzone, Cecco. Io ho una precisa ipotesi sull’identità di Cecco, che non era certo l’amante di Caravaggio. La presunta omosessualità di Caravaggio servì al Pci per creare un collegamento tra Caravaggio e Pasolini. Collegamento politico forzoso e forzato. Comunque sia i fondi dei dipinti restituiscono l’immagine di un eterosessuale pieno di amore per le donne. Del resto conosciamo bene anche i problemi giudiziari avuti dal pittore nell’ambito dell’amore uomo-donna. Ah, divertente. In alcune preparazioni, appaiono immagini di stanze proibite, come nel passante di Marta e Maddalena, vizio e virtù, modestia e superbia. Maddalena è il Peccato. Ed ecco cosa è dipinto, sotto la superficie…Volevo aggiungere un aspetto non secondario. E’ stato scritto, nel passato, che probabilmente Caravaggio dipingeva su tele di risulta, di recupero, già dipinte. E’ un’affermazione errata. Caravaggio dipingeva su tele di grandi qualità e creava imprimiture lievi e resistenti, dopo aver preparato il fondo con decine di incisioni e figure. Tutto Caravaggio è sostenuto da una sostruttura lieve, possente e prodigiosa. Lui domina la tela. E’ un atto liturgico la preparazione e l’incisione della tela, attraverso il tutto pieno. Le figure che dipingerà sopra, sono secondarie. E’ ciò che deve dipingere. Ma ciò che vuole dipingere, sta sotto, come motore pulsionale.
Rilievo inedito delle figure del fondale. Caravaggio, Marta e Maria Maddalena, fotografia in luce passante proiettata dal verso.Il prelievo è avvenuto attraverso incorniciatura del soggetto, in aumento di contrasto, senza alcuna aggiunta di punti o linee o lumeggiature o altri interventi che possano averne modificato minimamente la struttura grafica[/caption]
L’eros, in altri punti, ha una finzione diversa.
Sì, è vero. Tenuto conto che, comunque questi giochi di immagine potevano essere visti, divertendo lo spettatore, con uno specchio appoggiato alla superficie del dipinto o girando il quadro stesso, possiamo notare che, in alcuni casi, le scene d’amore sono utilizzate per dare potenza e vigore a un panneggio, come avviene, ad esempio, in Marta e Maria, qui sotto. La forza pulsionale dell’eros contente all’artista di modellare con vigore la materia. Risulta chiaro che il trasporto erotico tra l’uomo e la donna abbracciati non è un’evocazione di maniera. Ha una notevole potenza generatrice che si trasfonde alla stoffa evocata.