A monseigneur Mario Neva
con stima e amicizia
di Maurizio Bernardelli Curuz
Il pregiudizio del realismo e la limitatezza dell’approccio critico, al Caravaggio, ne ha ridotto, per decenni, non solo la reale poetica, ma la semplice e doverosa lettura di particolari meno evidenti, eppur nettamente dipinti e motore delle opere. Elementi iconici, anche di dimensioni notevoli – com’è quello che proponiamo ora – che sfuggono, in modo assoluto, a qualsiasi forma di pareidolia – non sono cioè frutto di elementi proiettivi – ma che si impongono come precisi costrutti iconografici voluti fortemente dall’artista, nella piena consapevolezza della funzione linguistica della rappresentazione dei dettagli stessi. La chiave che emerge, sotto un sontuoso manto realista, è un insieme di meccanismi simbolici. Nessuna immagine è stata ritoccata né integrata.
E’ il caso della figura vigorosa posta all’estremità del telo, raccordo tra la creatura celeste e il vecchio evangelista, elemento che pubblichiamo oggi, in giusta evidenza, in prima assoluta. Il quadro a cui ci riferiamo è San Matteo e l’Angelo (1602) conservato a Roma, in San Luigi dei Francesi – cappella Contarelli -. Il giovane angelo, come ben sappiamo, detta a San Matteo il primo Vangelo. Il bordo estremo del panneggio che si protende verso l’anziano Matteo, intento,con difficoltà a stendere la propria diretta testimonianza, è incisivamente trasformato da Caravaggio in una figura composita. Vista da lontano essa appare come un animale che s’avventa contro il santo, con rabbia.
Il motivo del comportamento aggressivo è provocato dalla lentezza con la quale, l’anziano apostolo stende la Buona Novella. Matteo è come un alunno che non sa scrivere, forse vorrebbe sottrarsi al compito, ma viene obbligato da un grido a starsene sul banco – in una posizione di instabile di sofferenza – mentre l’Angelo enumera, sulla mano la concatenazione degli eventi che il pigro e riottoso allievo deve scrivere. Una sorta di dettato scolastico.
Osservata da vicino la creatura bestiale – un pipistrello? – rivela, all’altezza del muso, la presenza di un angelo con le mani sul busto, dotato di due ali immense.
Il minuscolo angelo è molto probabilmente una firma parlata che trae origine dal nome di battesimo del pittore – Michel Angelo o Michelangelo – e costituisce un elemento guida nell’ambito del complesso sistema di autografia – posto in luce da chi scrive e oggetto di imminente pubblicazione -. Le figure di arcangeli di dimensioni diverse affioranti o presenti sull’imprimitura o negli strati velati intermedi – sono leggibili in molto dipinti del maestro lombardo, e si presentano, con maggior frequenza, nelle opere giovanili dell’artista. Illuminante è l’angelo posto in luce da Nadja Scardeoni, durante una ricognizione per un restauro virtuale, nell’area del vetro dipinto ne La Vocazione di San Matteo. Anche in questo caso ci troviamo al cospetto di una figura che non era mai stato evidenziata in precedenza e che si riferisce sia al simbolo evangelico di Matteo che al nome del pittore.
Di seguito, altre figure nascoste portate alla luce da Maurizio Bernardelli Curuz nei dipinti di Caravaggio. Per accedere al saggio – cliccare sulla foto, qui sotto. Accesso gratuito