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di Maurizio Bernardelli Curuz
Attratti dal mistero e dal sentimento, dall’essere uniti in un mare di nebbia- e appare, già subito, il riferimento a Caspar Friederich, che poi vedremo di esplicitare meglio – gli utenti di Facebook mostrano, nonostante la pittura dell’Ottocento non sia generalmente amatissima sul social network, una predilezione per un quadro misterioso che, nella maggior parte dei post, appare con una stringatissima didascalia. Ma di chi è l’opera? E chi è l’autore? E perchè questo suo “sentire” e rappresentare con dolcezza e dolore? Certo Jakub Schikaneder è il pittore della malinconia. I suoi soggetti e le sue vedute sono crepuscolari; i protagonisti dei suoi dipinti si abbandonano al pianto, sono colti nella neve e nel freddo; i lampioni delle sue strade illuminato un flagellato angolo di umidità e di ghiaccio.
La pittura del Romanticismo tedesco e di Caspar Friedriech costituiscono un punto di riferimento per l’artista praghese. Ma se le donne e gli uomini, nella natura misteriosa evocata da Friedrich, accettano sempre, come divinità, anche con la più terribile sfida psicologica con la natura, sul bordo di scogliere, su rocce, su mari di nebbia, in angoli di spettrali paesaggi invernali o sul bordo del mare infinito, i personaggi di Jakub Schikaneder si perdono nel dolore assoluto della propria umanità senza padre. Non c’è più scontro epico, beethoveniano, dell’uomo-titano contro gli elementi avversi; ma la sconfitta dell’umanità inurbata; la disperazione; la mancanza di vie d’uscita. Ciò che domina l’orizzonte di Schikaneder sono il freddo e la morte. E’ interessante notare il passaggio tra Romanticismo titanico d’inizio secolo e il trascolorare progressivo delle atmosfere in situazioni che appartengono, come nell’autore praghese, sempre più a quelli che saranno definiti, nell’estensione del fenomeno del secondo Romanticismo, come Decadentismo e Crepuscolarismo. Non è eccessivo nemmeno sottolineare il fatto che il pittore operava a Praga mentre nella stessa città viveva e cresceva Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924).
E sembra simbolicamente non appartenente alla sfera del caso che entrambi siano morti, appunto nel 1924. E’ a Praga che si esprime con l’acutezza che Kafka trasformerà nei vertici della letteratura novecentesca quel nichilismo, quella morte di Dio, quell’assurdo che spingono l’uomo in labirinti, in castelli d’incubo, in processi incomprensibili; ciò che manca all’uomo della modernità è la figura del Padre buono- che è Dio – , del quale è rimasto solo un gigantesco calco negativo. Poche, in questa dimensione, risultano le consolazioni,sia in Schikaneder che in Kafka. Tra queste, nelle opere del pittore, camminare vicini, uomo e donna, quando la notte-fatta impasta un mare di nebbia.
Jakub Schikaneder è nato a Praga il 27 febbraio 1855, secondo figlio di Karel e Leokadie Schikaneder. Il padre Karel Fridrich (1811-1871) aveva avuto mansioni impiegatizie nell’esercito. Poi, ricevuto il congedo militare per disabilità, nel 1836, era divenuto impiegato nell’ufficio doganale e, successivamente, era stato designato Consigliere-deputato alla Dogana Reale di Praga. Sua madre Leokadie (1819-1881), nata Běhavá, veniva da una famiglia di insegnanti ed era sorella di un buon pittore, Antonín Běhavý (1811-1860). Gli antenati paterni di Jakub avevano raggiunto la notorietà un secolo prima, quando Emanuel Schikaneder (1751-1812), scrisse il libretto per l’opera di Mozart, Il Flauto Magico. Anche il nonno del pittore aveva avuto un ruolo di rilievo in campo teatrale. Carl Joseph Schikaneder (1773-1845) era stato cantante, attore, compositore e drammaturgo. Le sue cinque figlie, zie del futuro artista, avevano continuato la tradizione, mentre il suo unico figlio maschio – padre di Jakub – aveva scelto la professione più sicura di impiegato. Una sicurezza nella continuità, che però sfiorava spesso l’indigenza, in quel ruolo impiegatizio che sarebbe risultato soffocante per lo stesso Kafka. Jakub, nonostante la nuova professione del padre, crebbe in un ambiente artistico tra la musica e il canto delle zie, dei cugini e del fratello maggiore Karel, che aveva intrapreso la strada del teatro.
La morte del padre del pittore, avvenuta nel 1871, quando il ragazzo iniziava la frequenza dell’accademia di Belle Arti, aveva fatto precipitare la famiglia nell’indigenza, al punto tale che il Comune aveva stabilito di assegnare alla vedova dell’impiegato un assegno di povertà.
Schikaneder si diplomò nel 1878 e ottenne il passaporto che gli permise di viaggiare nei paesi tedeschi, poi in Francia e in Inghilterra. La situazione economica era, per la famiglia, sempre più terribile. Schikaneder accettava ogni sorta di commissione. Egli mandò i suoi disegni a riviste e illustrò il poema epico di Adolf Heyduk, nel 1883. Collaborò con l’architetto Antonín Wiehl, progettando la decorazione a graffito per la casa di Wiehl stesso. Nel 1884, il municipio gli commissionò un ciclo di dipinti raffiguranti le stazioni della Via Crucis.
Schikaneder non abbandonò l’ambizione di diventare un noto pittore sulle scene artistiche locali ed europee. Espose la tela monumentale (250 x 400 cm) Il pentimento dei Lollardi, al Salon Lehmann nell’autunno 1882. Un anno dopo espose a Monaco di Baviera e, nel 1884, a Vienna.
Il 5 luglio 1884, Schikaneder sposò Emilie Nevolová (1859-1931), figlia di Josef Nevole, un impiegato delle ferrovie. Nell’anno successivo fu nominato assistente di František Ženíšek alla Scuola di Arti Decorative di Praga. Più tardi, divenne direttore di una scuola specializzata nella di pittura di fiori e nel nel 1896, professore di pittura decorativa. Schikaneder si ritirò dalla vita pubblica, alla fine del primo decennio del ventesimo secolo e non espose più i propri quadri. Lo studio era aperto solo a un piccolo gruppo di amici e collezionisti. Il pittore morì improvvisamente il 15 novembre 1924, a 69 anni.