L’arte in Italia negli anni Sessanta e Settanta, le performance, le installazioni, la vivacità artistica e intellettuale di un periodo storico unico che ha acceso i riflettori internazionali sulle sperimentazioni avvenute nel nostro Paese e dato lustro ai moti creativi di artisti come Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Joseph Beuys, Marina Abramovic e molti altri.
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia continua il percorso di valorizzazione del ruolo della fotografia tra i grandi linguaggi del Novecento, in particolare nel suo rapporto con le più importanti correnti artistiche del XX secolo.
Dopo la grande mostra dei capolavori del MoMA, CAMERA DOPPIA offre due percorsi paralleli, dedicati alla fotografia e all’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, un periodo straordinariamente ricco di stimoli visivi, intellettuali e sociali.
La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977 e Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975 sono le due grandi mostre, una collettiva e una personale, a CAMERA dal 14 luglio al 2 ottobre 2022, che raccontano il clima di quegli anni tra sperimentazione, ricerca e invenzione di nuove forme artistiche.
La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977
La mostra La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977, curata da Ludovico Pratesi e organizzata e promossa da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con CAMERA, si propone di raccontare l’evoluzione dell’arte in Italia dal 1967 al 1977, attraverso una ricca documentazione fotografica realizzata da fotografi del calibro di Claudio Abate, Mimmo Jodice, Paolo Pellion, Paolo Mussat Sartor offrendo uno sguardo diretto e partecipato su eventi che hanno ridefinito i canoni dell’arte contemporanea internazionale.
In quel periodo, sulla spinta delle contestazioni del ’68, l’arte esce dalle gallerie e dai musei per entrare a contatto con la vita quotidiana, spesso con opere strettamente collegate ai profondi cambiamenti sociali e politici in atto, che si concretizzano anche nelle continue e sempre più frequenti contaminazioni con il teatro, il cinema, la letteratura e la poesia.
Artisti come Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Alighiero Boetti e Jannis Kounellis sperimentano nuovi linguaggi come performance, installazioni e happening, in relazione con la scena internazionale. L’arte esce dalla cornice del quadro per invadere il mondo, entrare nelle strade e nelle piazze, nei garage e nei parcheggi sotterranei, in un incredibile intreccio con la realtà e la vita quotidiana, sia individuale che collettiva, dell’epoca. I galleristi e i critici italiani aprono le porte agli artisti internazionali più estremi, come Joseph Beuys, Hermann Nitsch, Marina Abramovic, che trovano nel nostro paese occasioni di sperimentare linguaggi visionari e provocatori con grande libertà.
In questo frangente storico la fotografia diventa indispensabile per raccontare e documentare pratiche altrimenti effimere. Attraverso 150 immagini provenienti dagli archivi delle gallerie e dei fotografi che parteciparono a questi eventi, ritraendo mostre, performance, dibattiti e azioni, la mostra descrive l’evoluzione di una scena internazionale che vede l’Italia al centro della cultura artistica del tempo. Paolo Mussat Sartor e Paolo Pellion raccontano l’avventura dell’Arte Povera a Torino, nelle gallerie Sperone, Tucci Russo e Christian Stein.
Claudio Abate documenta la scena artistica della capitale, con le mostre e le azioni alla galleria L’Attico e le rassegne Vitalità del Negativo del 1971 e Contemporanea, allestita nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese nel 1973, con la partecipazione di artisti internazionali europei e americani, da George Segal a Robert Rauschenberg, da Ben Vautier a Christo. A Napoli – dove agisce uno dei maggiori fotografi italiani della seconda metà del secolo, Mimmo Jodice, presente in mostra – la Modern Art Agency di Lucio Amelio ospita le performance dell’artista sciamano Joseph Beuys, mentre lo Studio Morra propone le performance di Marina Abramovic ed Hermann Nitsch, giocate sul rapporto tra corpo, violenza e sacrificio. Un percorso per immagini attraverso tre città italiane aperte all’avanguardia, che scandiscono il ritmo del percorso di mostra, attraverso fotografie in grado di farci scoprire e capire il grande fermento culturale di questi anni.
L’esposizione segue l’uscita di La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977, il documentario di Ilaria Freccia da un’idea di Ludovico Pratesi, prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà.
Ad accompagnare la mostra, un volume in co-edizione Luce Archivio\Marsilio Arte.
Le magnifiche immagini di questa mostra prodotta dall’Archivio Luce, recano dei valori singolari, che ne fanno una summa preziosa. Sono un documento storico inestimabile, una fonte d’archivio che ci racconta un momento epocale per l’arte in Italia, e nel mondo. Ma oltre che documento, sono una trasmittente di energia: come in un big bang, i gesti, le azioni, le provocazioni dei protagonisti ritratti, riescono dopo 50 anni a darci ancora il senso di quell’esplosione creativa.
Infine, queste foto sono, semplicemente, delle opere d’arte. Non solo ci parlano di grandissimi artisti, ma sono esse stesse forme e tagli di tempo in cui lo sguardo si perde e gioisce.
Per l’Archivio Luce è una gioia raccogliere e presentare gli scatti di “La rivoluzione siamo noi”, specchio di una memoria collettiva, di un momento in cui l’Italia è stata una centrale creativa internazionale.
Significa fare immaginario, che è quello che il Luce fa ogni giorno. E ricordare – come recita il titolo della mostra – quanto ognuno di noi può essere veicolo di cambiamento.
Enrico Bufalini, direttore Archivio Luce.