Dopo la morte del gladiatore o di un personaggio del mondo dei giochi gladiatori, il corpo venne posto sul letto funebre e bruciato. Ceneri e frammenti ossei furono temporaneamente collocati in un punto riparato poi inseriti in una “coppa” riservata ai campioni romani.
Alcuni frammenti incombusti dell’apparato scheletrico hanno permesso di stabilire, alla fine di sofisticate indagini di laboratorio, che quell’individuo aveva, al momento della morte, una quarantina d’anni e che, nonostante fosse stato sepolto in terra britannica, aveva origini probabilmente origini europee. Uomo del continente, insomma. Non un britannico. Un campione giunto da Roma e morto nel corso di uno spettacolo nell’anfiteatro di Colchester?
Colchester costituì il primo insediamento romano di rilievo in Britannia, dopo la conquista a opera dell’imperatore Claudio. L’imperatore, proprio a Colchester, ricevette, nel 43 d.C., fu oggetto di un’accoglienza trionfale.
Frank Hargrave, direttore del Colchester and Ipswich Museums (CIMS), ha detto all’Observer che la ricerca ha portato a “nuove sorprendenti conclusioni”, mostrando il suo vero significato nel registrare un vero spettacolo di gladiatori a Colchester, città nota ai romani come Camulodunum .
“È l’unica prova di un combattimento di gladiatori nell’arena romana effettivamente organizzato in Gran Bretagna”- ha detto Hargrave . Il vaso è di così alta qualità che, con un po’ di snobismo al contrario, si riteneva che non potesse provenire dalla Gran Bretagna, mentre tutte le analisi ora hanno escluso questa ipotesi”.
La cittadina romana – che disponeva di due teatri romani – aveva certamente anche un’arena per i combattimenti – come quella di Verona o, in dimensioni ridotte, come il Colosseo -, che non è ancora stata portata alla luce.
Ma torniamo al prezioso vaso – che , a partire dal 15 luglio 2023 sarà uno dei pezzi di maggior interesse all’interno della mostra che il museo dedica ai gladiatori – e ai resti umani in esso contenuti. L’opera fu realizzata intorno al 175 d. C.. Essa è decorata con tre scene principali:
1) due uomini che combattono tra loro
2) due uomini che ingaggiano una lotta con un orso
3) un cane che insegue due cervi e una lepre
Il contenitore ceramico racchiude le immagini di tre tipi di intrattenimento che erano comunemente offerti negli anfiteatri romani: uomini che combattono uomini, uomini che combattono animali e animali che combattono animali.
I recentissimi studi – svolti, appunto, in previsione della mostra dedicata ai Gladiatori romani – hanno permesso di stabilire che il vaso non fu importato, ma realizzato con l’argilla locale e che un’iscrizione contenente quattro nomi di gladiatori, vergata sulla parte superiore del contenitore, non fu “graffiata” dopo la cottura dell’opera, come si riteneva, ma venne realizzata sull’argilla fresca. La scritta è pertanto collegata strettamente alle immagini.
Che significa tutto ciò? Significa che il legame tra contenitore e resti mortali in esso contenuti è strettissimo e che, con alta probabilità, il vaso non è stato adattato per un riuso. Forse fu realizzato per la morte di uno dei quattro gladiatori, il cui nome appare sulla ceramica – un dono da parte di colleghi, che in questo modo si univano eternamente all’amico? – o forse era una sorta di trofeo, poi utilizzato per contenere le ceneri di uno dei quattro “uomini di spettacolo”.
I quattro nomi incisi sono quelli dei protagonisti dei combattimenti nell’arena: Secundus e Mario stanno combattendo l’orso; Memnone e Valentino sono il secutor e il reziario. Quindi siamo di fronte a quella che possiamo pensare come una piccola squadra. Accanto al nome Memnon c’è l’abbreviazione SAC e il numero romano VIIII, a indicare che Memnon, un secutor , aveva combattuto e vissuto nove volte. Accanto a Valentino (la ‘s’ è omessa) c’è la parola LEGIONIS e il numero XXX. Ciò indica che Valentino aveva probabilmente militato nella 30a legione dell’esercito romano. La XXX era stata fondata da Traiano nel 105 dc per la guerra contro i Daci.