Si fanno più frequenti i ritrovamenti di mansiones o stazioni di servizio, maggiori e minori, dell’antichità romana, in Italia e nelle diverse località che appartenevano all’Impero.
Il reticolo di servizi stradali, di posta, di accoglienza, di assistenza, di refrigerio e di ristorazione era molto fitto, accanto alle strade.
Il viaggiatore non era lasciato solo. Esistevano mansiones gestite direttamente dello Stato – sempre lussuose e con i servizi migliori – o piccole stazioni con taverne gestite dai privati. Ma ora sembra di poter formulare un’ipotesi. Le grandi mansiones avevano probabilmente simboli che consentivano di identificare il personale e il luogo, come il logo di un grand hotel a noi contemporaneo. E questi simboli si riferivano direttamente a Roma, alla lupa o al nome della città.
Una strada esplorativa da percorrere, che pare comunque assai plausibile, dopo alcuni ritrovamenti recenti.
Gli scavi archeologici condotti in queste settimane nel sito di Coriglia, situato nel comune di Castel Viscardo, in provincia di Terni, hanno portato alla luce una serie di reperti che gettano nuova luce sulla storia antica della regione. Tra le scoperte più significative, spiccano oltre 350 monete di epoca romana, rinvenute durante i lavori che hanno riportato alla luce una “mansio”, un’antica stazione di sosta menzionata anche nella famosa “Tabula Peutingeriana”, una sorta di carta geografica medievale che riporta anche la posizione dei principali ostelli degli antichi Romani.
Uno dei reperti più affascinanti scoperti in questi giorni è un anello con l’incisione “ROMA”. Un sigillo ufficiale appartenuto al personale di direzione della mansio? Considerato che l’anello serviva per imprimere un timbro sul sigillo di pacchi o di corrispondenza l’ipotesi sembra prendere sempre più corpo.
L’archeologa Silvia Simonetti, responsabile degli scavi, spiega che l’anello e le monete rappresentano solo una parte dei tesori emersi nei 17 anni di scavi. “L’anello con l’incisione ‘ROMA’ è un reperto di grande importanza, che ci offre uno spaccato della vita quotidiana e delle connessioni culturali e commerciali di questo sito,” ha dichiarato Simonetti.
Nel museo locale sono conservati numerosi altri reperti, tra cui terrecotte, arredi architettonici degli antichi impianti termali e intonaci dipinti. Gli scavi non solo hanno portato alla luce reperti romani, ma anche testimonianze di epoca etrusca, dimostrando che il sito era conosciuto e abitato ben prima dell’età imperiale. Tra i materiali esposti nelle teche museali vi sono fibule a sanguisuga e una serie di ex voto in terracotta e bronzo, che attestano la lunga e continua frequentazione del sito.
Durante l’ultima campagna di scavi, è stata rinvenuta una vasta area di accoglienza e di ricovero per mezzi e animali, confermando l’importanza della “mansio” come stazione di sosta.
Situata su un terrazzamento artificiale affacciato sulla valle del fiume Paglia, a circa 600 metri dall’attuale corso del fiume, la “mansio” di Coriglia era un punto di riferimento cruciale per i viaggiatori lungo la via Cassia e la via Traiana Nova, nonché lungo le rotte fluviali del fiume Paglia. Attiva dalla fine del secondo secolo a.C. fino alla metà del quarto secolo d.C., offriva ai viaggiatori la possibilità di rigenerarsi nelle vasche termali con acque sulfuree, come documentato dalla Tabula Peutingeriana, una pergamena itineraria del XIII secolo che riproduceva le principali infrastrutture viarie della tarda romanità.
Spostiamoci in Spagna, tra i resti di un’altra mansio. La Conselleria de Cultura de la Generalitat Valenciana ha recentemente presentato una fibula recante l’immagine di una lupa che allatta Romolo e Remo.
L’identificazione del luogo dell’Hostalot con la posta romana di Ildvm, venne avanzata nel 1923 dall’archeologo José Senent, ed è stata rafforzata negli anni ’90, dalla scoperta della pietra miliare meglio conservata nel territorio valenciano. Questa è alta 2,72 metri, risale agli anni 213-214 ed è dedicato all’imperatore Caracalla.
L’Assessorato alla Cultura della Generalitat Valenciana ha reso pubblica la scoperta – e il restauro – nel sito archeologico di Hostalot-Idlum, nel comune di Vilanova d’Alcolea, a Castellón, di una spilla d’argento di epoca romana che gli esperti hanno datato al II secolo.
La fibula, utilizzata per l’abbigliamento, presenta Romolo e Remo allattati dalla Lupa. E’ ancora perfettamente integra. E presenta la parte di chiusura perfettamente integra e funzionante, parte che risulta quasi sempre danneggiata o mancante in simili reperti.
Ciò che è eccezionale, in questo ritrovamento, è l’assoluta fede capitolina. Pare quasi che chi la portasse volesse sottolineare la propria origine romanissima. Un’altra ipotesi è collegata al fatto che la mansio – una sorta di hotel con stazione di servizio e servizio di posta, gestita dal governo romano – potrebbe aver voluto, per il personale, insegne che ricordassero ai viaggiatori la potestà della Patria geograficamente lontana, ma onnipresente a livello di servizi.
Secondo l’archeologo responsabile dello scavo, Josep Carbó, si tratta di un pezzo “eccezionale” per la sua rarità e qualità, poiché sono pochissimi i reperti di questo tipo studiati.
Nel Palazzo Ildum, come è noto anche questo sito di Vilanova, sono stati rinvenuti alcuni dei reperti archeologici di epoca romana più significativi degli ultimi decenni nella Comunità Valenciana. Secondo gli studiosi spagnoli, il luogo ospitava proprio una mansio di evidenza pubblica e non uno degli ostelli minori che erano stazioni inferiori di sosta, in buona parte gestite da privati. Qui si poteva soggiornare secondo gli standard migliori stabiliti da Roma. Si potevano cambiare i cavalli. Ci si poteva lavare, rinfrescare, cambiare, rifocillare e ritemprarsi in attesa di una nuova tappa. In tutta sicurezza poichè, certo, tra il personale di servizio c’erano guardie ben selezionate.
Nell’area sono stati trovati resti di attività produttive, di una villa – probabilmente la mansio – e resti di un impianto termale.
Secondo gli archeologi spagnoli, l’edificio nel quale è stata trovata la spilla con la Lupa e i gemelli dovrebbe essere stato costruito contemporaneamente alla Via Augusta, accanto alla quale si trova, tra gli anni 15 e 7 a.C. e potrebbe essere stato frequentato e abitato fino al V o addirittura VI secolo d.C. Nel XVI secolo, sui resti romani, all’incrocio del Camino Real, fu costruito un ostello, che diede il nome a questo sito. Forse in continuità con il passato del luogo.