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Le stilettate di Zana. Con Courbet. L’insostenibile leggerezza della nostre cerimonie d’addio



Il Funerale a Ornans è un dipinto a olio su tela di Gustave Courbet, realizzato nel 1849-1850 e conservato al Musée d’Orsay di Parigi
STILETTATE
di Tonino Zana
​Si sono persi i passi per il camposanto. Il funerale resiste in chiesa e finita la Messa, il sacerdote monta vicino all’autista su una specie di Chevrolet americana lunga sette metri, attende dieci minuti, intanto il sagrato sbriga abbracci e prenotazioni per il prossimo addio, quindi con un microfono avverte di mettersi in fila, in auto e i grandi passi verso il campo santo sono persi.
Finisce il modo di salutare il morto, di consolarsi tra i vivi, di scambiarsi gli accadimenti del paese, di sorridere e narrare la vita di chi c’é e di chi non c’é più. Altra disfatta del reale, altra virtualità nel motore.
Dunque, quando si saluta il morto con il corpo da vivo? Quando tutto va bene, nella visita rapida alla casa del commiato dove si anima un clima di tristezza molto soffocata e sono licenziate da un bel po’ le prefiche padane mai scombinate, del resto, come le colleghe siciliane. A me sembra sia avaro, il saluto per quanto sia stato angosciante il saluto di una volta con morto tre giorni in casa e la dichiarazione di un lutto con tanto di bottone nero all’asola del vestito della festa o addirittura una fascia nera da capitano di calcio.
Cerco una via di mezzo, temo l’arrivo di una stagione in cui si rischia troppo di essere sotterrati e bruciati da vivi. E forse succede già.