Sir Joshua Reynolds, Il colonello Acland e Lord Sydney, (Gli arcieri), 1769, olio su tela, 236×180 cm, Tate Britain, Londra
Le STILETTATE
diTonino Zana
Sereni, non è una pretesa di trattare sull’amicizia, greci e romani sono stati maestri. I greci non conoscono l’amicizia di oggi e dunque tre righe abbiamo il piccolo diritto di proporle.
Il bisogno dell’amicizia è alto, quasi inflazionistico, lo sforzo per viverla è basso, poca volontà, l’amicizia è volontà, la quale volontà è un mezzo e anche un fine dell’amicizia e con l’amicizia. L’amicizia è sempre faticosa, va coltivata e insieme collaudata con presenze e assenze calibrate. Una volta errato il dosaggio tra l’esserci, il pensarsi e l’apparire, allora si è nei guai, ci si trova subito alla dizione “il mio caro e vecchio amico” e lì, dovete credermi, l’amicizia di lotta e di governo, è agli sgoccioli: l’amicizia si vive o non è.
L’amicizia, oggi, non so ieri, è più avanti dell’amore, anzi, per certi versi lo rinforza o gli è supplente, in ogni cosa è alleanza non controversia, non si elide l’amore se ci si iscrive all’albo dell’amicizia e non si elide l’amicizia una volta che si è scelto amorevolmente e amicalmente la compagna.
Il nostro è un tempo di ricerca dell’amicizia. Ne abbiamo bisogno come l’acqua e sapete che l’acqua scarseggia. Presto abbonderà. Scommettete?
E’ facile trovare un amico, difficile mantenerlo. Io ho un amico e lui lo sa. Io voglio amicizia e la raggiungo, a costo di saltargli addosso nella notte se non alza il culo e viene a trovarmi, fisicamente a trovarmi, perché ho bisogno di vederlo ascoltarlo annusarlo, studiare dal vivo pause e assenze, distrazioni e commozioni.
Il resto è un tirare avanti, portarsi a sera. Pochino, anche se necessario.
Ma vuoi mettere la vista di un amico che ti compare e ti avverte: ehilà, io ci sono nella vita e nella morte. Cibiamoci di ostriche beviamo barbera.