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Le stilettate di Zana. Con Manet. Come le epidemie e le guerre cambiano il senso della morte


Edouard Manet, il Funerale, 1867, olio su tela, 72,7 × 90,5 cm., Metropolitan Museum of Art, New York. K’opera rappresenterebbe le esequie del poeta Baudelaire. Il senso del compianto cambia durante i periodi di crisi mondiale gravissima?

STILETTATE
di Tonino Zana
Mi assale, spesso, la sproporzione tra la vitalità della resistenza ucraina e questi nostri giorni annoiati di un’estate senza acqua. Ritorno alle immagini e alla conoscenza delle nostre guerre mondiali, a queste madri e a questi padri, nonni e bisnonni e trisnonni, con i figli andati via a 20 anni e anche meno, alcuni tornati altrettanti persi chissà dove. Angosciante la sparizione nella Caporetto del 1917 e nella Russia del 1942. Fantasmi bianchi, identici ai fantasmi ucraini e russi. Di nuovo, sono i soldati semplici, più contadini che operai, più campagna che città a finire nel nulla.
Anche allora, i soldati al fronte e le donne nella sofferenza faticosa e mostrata normalmente sui campi, nei fienili di pianura e di montagna, a guidare tram e gestire banche e scuole, nel fronte interno.
La morte assume un dolore secondo la misura della circostanza. Morire in guerra è morire di più e morire di meno. La guerra, la più orribile delle vicende umane, attutisce il patire di chi rimane, forse per la quantità delle morti, forse per una ragione assurda di stato dilatata e assunta come attenuante proprio per costruire una diga alla pena.
E i nostri giorni, al di là delle pandemia e al di là della guerra, si erano già messi a scandire un modo diverso di parlare con la fine, di assumere il dolore della morte. Meno sofferenza, secondo me, meno lutto, restrizione dei riti e delle liturgie. Non è un razionale contropiede determinato dalla considerazione laica dell’andarsene, invece, temo molto, sia un prendere le distanze dalla sofferenza, accettare la morte dell’altro con distacco, con una febbricola di cinismo mai vista prima. Se n’é andato Tonino? Pace all’anima sua. Non credo sia sempre stata così, credo, invece, a una depressione, a un calo proprio dell’altruismo, di un calcolo sul fare a meno dell’altro, in vita e in morte.
Contento se mi sbaglio, infelice se trovo molta condivisione. In ogni caso si può cambiare.
A proposito: nel frattempo Tonino non se ne è andato.