Lungo viaggio in Italia, tra sogno e magia

Ottocento opere esposte, millecinquecento metri di percorso, tante emozioni nella mostra allestita a Genova, Palazzo Ducale, fino al 29 luglio - Non un racconto del Grand Tour, bensì l’omaggio alla rivisitazione peculiarmente visionaria di personaggi di forte identità intellettuale - Quando il marchese De Sade andava in estasi di fronte alla “Sibilla” di Guido Reni e Proust si entusiasmava per i dipinti di Carpaccio.

intervista di Eda Benedetti

In occasione della mostra “Viaggio in Italia”, in corso a Genova, abbiamo intervistato Giuseppe Marcenaro, curatore dell’evento insieme a Piero Boragina.

ital31Com’è nata l’idea di questa mostra?
Non volevamo fare una mostra sul Grand Tour, ma allestire una rappresentazione magica dell’Italia come doveva essere stata vista e vissuta da alcuni personaggi di forte identità, che per diverse ragioni erano venuti nel nostro paese. Abbiamo scelto il dipinto attribuito a Girolamo da Carpi intitolato “Corteo magico” (1525) quale logo dell’evento, perché ci è parso che la visionarietà dei personaggi raffigurati andasse bene per il nostro progetto.
Perché sono stati scelti questi protagonisti a non altri?
Perché abbiamo puntato su alcune peculiarità che davano ai personaggi una originalità intellettuale e umana. Facciamo alcuni esempi. Montaigne è il grande umanista del Cinquecento che viene in Italia per “curarsi i calcoli renali”. L’erotico De Sade si nasconde in Italia perché è inseguito dalla polizia francese. L’esteta Winckelmann è innamorato dell’antichità romana ma, essendo omosessuale, muore a Trieste assassinato da un fornaio conosciuto in una locanda. Goethe vuole viaggiare in incognito, arriva in Italia sotto falso nome e a Malcesine, sul lago di Garda, viene preso per una spia perché sorpreso a dipingere alcune rovine situate nel punto in cui passava il confine tra Venezia e l’Austria. Chateaubriand, che vive il passaggio storico fra l’Impero napoleonico e la Restaurazione borbonica, è inviato a Roma in missione diplomatica perché in patria è un personaggio troppo critico e quindi scomodo. Stendhal, il grande romanziere innamorato del melodramma, vuole essere “milanese” anche da morto. Ci sono personaggi francesi, tedeschi, inglesi, un americano e uno spagnolo. I russi non sono stati scelti proprio per la mancanza di evidenti peculiarità.
Nei diari di viaggio dei protagonisti sono menzionate alcune opere d’arte ammirate durante il loro soggiorno in Italia.
Certamente. Facciamo ancora qualche esempio. Montaigne ammira le sculture del Giambologna. Rubens è entusiasta delle facciate dei palazzi genovesi. De Sade è in estasi di fronte alla “Sibilla” di Guido Reni e alla “Maddalena” del Domenichino. Montesquieu a Bologna ci rende partecipi delllo smarrimento provato davanti ai dipinti di Guido Reni e dei Carracci. Henry James, durante il suo soggiorno fiorentino, è affascinato da Botticelli. Proust a Venezia si esalta per i quadri del Carpaccio.
Quanto ha inciso l’intervento del comitato scientifico consultivo nella scelta delle opere d’arte?
Devo premettere che non siamo storici dell’arte e che abbiamo voluto fare una mostra per il pubblico fuori delle diatribe attributorie. Perciò abbiamo demandato agli studiosi il compito di rassicurarci sulla bontà delle opere. Il comitato scientifico artistico, composto da Antonio Paolucci, Claudio Strinati, Nicola Spinosa, Germano Mulazzani, ha avuto un ruolo importante ed è stato da noi consultato ogni qualvolta avevamo qualche dubbio, per avere l’assoluta certezza delle nostre scelte.
Quante e quali difficoltà si sono presentate nel recupero delle opere da esporre?
Le difficoltà in tal senso sono state molte ed estenuanti, perché avevamo bisogno di opere mirate, che non potevano cioè essere sostituite da altre: quelle citate nei “Diari di viaggio”, quelle coeve ai personaggi come nel caso dei paesaggi, i ritratti di alcuni protagonisti, i libri, i manoscritti, le lettere relative a determinate situazioni. In qualche caso abbiamo scelto alcune curiosità, come la ciocca di capelli di Lucrezia Borgia e le pantofoline di Paolina Borghese, allusive al ruolo giocato da figlie e sorelle nella politica matrimoniale dei potenti.
La complessità della mostra, il numero delle opere da ammirare, la lunghezza del percorso espositivo, potrebbero causare al visitatore qualche sintomo da “sindrome di Stendhal”…
Vorrei vivamente che i visitatori avessero la sindrome di Stendhal, perché la presenza di questi sintomi significherebbe essere stati travolti dalla bellezza.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa