L’uomo che impugna il fallo tra bestie feroci, scultura di 11mila anni fa. Studi sull’identità dell’eroe

Attributi di genere maschile lottano contro le forze terribili della natura, per assoggettarle. Il piano-sequenza descrive azioni correlate e rappresenta, probabilmente, uno dei racconti articolati più antichi del mondo

L’uomo brandisce la propria verga, tra le belve. Una sfida? L’equiparazione – molto generosa – tra il fallo e le forze più feroci della natura? L’adorazione fallocratica del mascolino, come elemento protettivo della comunità? L’Università di Cambridge e Antiquity – Volume 96 , Numero 390 , Dicembre 2022 (pp. 1599 – 1605) – dedicano un approfondimento al singolare fregio del Neolitico, risalente a 11mila anni fa, venuto alla luce durante scavi archeologici in Turchia nel 2021. Secondo gli studiosi la dettagliata scena rappresenta il racconto, in sequenza, per immagini più antico dell’area.

Osserviamo l’intera sequenza.

Alla nostra sinistra troviamo un grosso toro – un uro – che affronta e viene affrontato da un uomo rappresentato di profilo. Nella mano destra l’uomo tiene un serpente. La mano sinistra è orientata in direzione dell’animale.

Dietro di sé c’è una belva che è in fase di attacco di una seconda figura umana, più tozza, che brandisce la propria virilità. L’uomo viene accostato da un altro grosso predatore. Ma egli pare trarre forza dal proprio minuto e aggressivo organo riproduttivo.

Il fregio -. trovato tra alcune case comunali Sayburç – decorava un luogo sacro scavato nella roccia. Una sorta di luogo di culto o un punto di aggregazione, caratterizzato dalla presenza continua di una panca per la seduta degli astanti – anch’essa ricavata dalla scalpellatura della pietra – e dal potente elemento figurativo scolpito e graffito. La gente doveva sedersi e ascoltare il racconto. E vederne rappresentata una sequenza, in loco. Ciò che ci può apparire oggi è che questi uomini si configurano come padri mitici e antenati, che affrontarono le forze ostili della natura, evidentemente per difendere la comunità. Il fallo – come elemento della mascolinità si connette con forze guerriere maschili, in una società già molto strutturata, con precise suddivisioni dei compiti.

“L’edificio comunale misura 11 m di diametro ed è stato scolpito nella roccia calcarea, con muri in pietra che poggiano su una panchina che si alza dal pavimento”. – scrivono gli studiosi inglesi. – ” La panchina misura circa 0,6-0,8 m di altezza e 0,6 m di larghezza e mostra una serie di cavità larghe circa 0,4 m che si estendono lungo il muro, suggerendo che fosse stata originariamente divisa da pilastri. Le immagini incise sulla faccia interna del banco ( Figura 4 ), in combinazione con le dimensioni e le caratteristiche strutturali dell’edificio, suggeriscono che questo doveva essere un luogo per incontri speciali”.

“Cinque figure sono rappresentate una accanto all’altra sulla faccia interna della panca sotto forma di un pannello di 0,7–0,9 × 3,7 m. – proseguono gli inglesi – A parte una figura maschile modellata in altorilievo, le altre figure sono scolpite a rilievo piatto. La direzione e la posizione delle figure implicano la presenza di due scene correlate. Mentre le altre figure sono una di fronte all’altra, solo la figura maschile – in altorilievo – si affaccia nella stanza, fissando l’interno. Questa figura umana principale tiene il suo fallo nella mano destra. È paragonabile alle figure umane neolitiche discusse da Müller-Neuhof (Riferimento Muller-Neuhof, Becker, Beuger e Müller-Neuhof. Le sporgenze arrotondate sull’estremità superiore delle gambe sembrano rappresentare le ginocchia, come se fossero piegate in avanti mentre si è seduti, e fornire prospettiva. Sebbene la testa sia danneggiata, sono evidenti una faccia tonda, orecchie grandi, occhi sporgenti e labbra carnose. In particolare, è degna di nota una collana o un collare di forma triangolare. Questa figura maschile è fronteggiata su ciascun lato da due leopardi raffigurati di profilo. Le loro bocche sono aperte, i denti visibili e le loro lunghe code sono arricciate verso il corpo. Il leopardo a ovest è raffigurato con un fallo, mentre l’altro no”.

“A ovest c’è una scena simile, in cui sono raffigurati di lato una seconda figura umana e un toro. L’umano appare di sesso maschile, con un’estensione fallica sull’addome, ed è rappresentato in posizione leggermente accovacciata, con la schiena rivolta alle prime tre figure. La sua mano sinistra sollevata e aperta ha sei dita, mentre la destra tiene un serpente, o un sonaglio, con la testa rivolta verso il suolo. Sebbene il corpo del toro sia ritratto di lato, la sua testa è raffigurata come dall’alto, con entrambe le corna visibili. Questa prospettiva distorta è paragonabile a quella vista in altri siti preistorici (ad esempio SchmidtRiferimento Schmidt2006a : fig. 46) e deve essere stato volutamente scelto per enfatizzare le corna, esagerate come i denti di leopardo nella scena precedente”.

I rilievi Sayburç corrispondono allo stile e ai temi del Neolitico. I falli sono gli unici elementi che identificano il sesso delle figure, e l’accento è posto sugli aspetti predatori e aggressivi del mondo animale, come rappresentato dalla raffigurazione di caratteristiche pericolose, come denti e corna, che è stata osservata in altri siti. le due singole scene che sembrano essere correlate l’una all’altra. “Le figure erano senza dubbio personaggi degni di descrizione. – spiegano gli studiosi inglesi – Il fatto che siano raffigurati insieme in una scena in corso, tuttavia, suggerisce che vengono raccontati uno o più eventi o storie correlati. Nelle tradizioni orali, storie, rituali e forti elementi simbolici costituiscono il fondamento delle ideologie che modellano la società oltre la spiritualità. Schmidt (Riferimento Schmidt e Yalcin2013 : 152) ha interpretato Göbeklitepe, con i suoi potenti simboli, come un nuovo punto di connessione per la memoria in un mondo che cambia. I rilievi di Sayburç, quindi, possono essere visti sotto una luce simile: il riflesso di una memoria collettiva che ha mantenuto vivi i valori della sua comunità”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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