Nell’ultimo decennio esiste una contrapposizione feroce – dietro alla quale si manifestano possenti interessi politico-economici e precisi disegni di egemonia del mondo – tra la civiltà etxra-europee e il mondo occidentale. In questo quadro si inseriscono anche le manifestazoni anti-razziste che giungono a devastare statue antiche che raffigurano personaggi condiderati razzisti. Persino la statua di Colombo, scolpita da un italiano in America, come elemento di raccordo tra i due Paesi, è stata annientata. Peraltro Comuni e Governi subiscono forti pressioni dalle sinistre affinché sia adottata, su larga scala, una politica di revisione della statuaria pubblica, escludendo gli indesiderati. E’ chiaro che è un’operazione folle. Poichè una civiltà sopravveniente – il mondo sta diventando africano, post-africano, arabo e cinese – non può devastare cioò è venuto prima di lei e che, in alcuni casi, le è stato avverso. Il grande Banksy , artista di strada protagonista di un’infinità di poetiche provocazioni, trova un punto di equilibrio. La storicizzazione del dissenso e della contestazione che integri l’opera stessa, senza distruggerla o rimuoverla. Il progetto, rapidamente lanciato da Banksy attraverso un’immagini su intsgram, riguarda il monumento Edward Colston, gettato nel fiume dai manifestanti perchè era un personaggio legato alla tratta degli schiavi.
“Ecco un’idea sia per coloro che rimpiangono la statua di Colston che per quelli che non se ne pentono”- ha scritto sul suo account Instagram. Lo trasciniamo fuori dall’acqua, lo rimettiamo sulla base, leghiamo il cavo attorno al collo e ordiniamo statue di bronzo a grandezza naturale di manifestanti che lo tirano. Tutti sono felici. Un giorno famoso commemorato”. Ecco lo schizzo del monumento integrato. Non solo una bella idea di colloqui con l’antico e di assunzione di nuove istanze. Ma un’apertura al dialogo che abbiamo assolutamente dimenticato.