[googlemap src=”” align=”alignright” ][box type=”note” ]Seurat-Van Gogh-Mondrian
Il Post-impressionismo in Europa
Palazzo della Gran Guardia, Verona
28 ottobre 2015 – 28 marzo 2016
Orario apertura
Dal lunedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30
Biglietti
Intero € 13,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 11,00 (audioguida inclusa)[/box]
[U]n’anteprima europea a Verona: la mostra Seurat-Van Gogh-Mondrian. Il Post-impressionismo
in Europa vede esposti 70 incredibili capolavori conservati al Kröller Müller Museum di
Otterlo, tra cui il famoso Autoritratto di Van Gogh (1887), la Domenica a Port-en-Bessin di
Seurat (1888), la nota La sala da pranzo di Signac (1886-87), e la Composizione con rosso,
giallo e blu di Mondrian (1927).
La mostra è prodotta alla Gran Guardia è aperta al pubblico fino al 13 marzo 2016.
La mostra è curata da Liz Kreijn e Stefano Zuffi
Il percorso espositivo racconta l’epocale svolta che avviene tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento, quando le sorprendenti tele di George Seurat e di Paul Signac aprono una pagina
nuova nella storia dell’arte.
Il “Post-impressionismo” nasce in Francia a partire dal 1886, caratterizzato dalla tecnica francese
del pointillisme detto anche divisionismo in Olanda e Belgio, per via della composizione “divisa” del
colore, che non è steso sulla tela in maniera uniforme e tradizionale, bensì ottenuto tramite puntini
o trattini di molti colori diversi, che danno all’occhio una percezione diversa dalla realtà.
Moltissimi artisti si sono cimentati con questa tecnica, in particolare i francesi, i belgi e gli olandesi,
e i più importanti tra loro sono stati collezionati da Helene Kröller-Müller, moglie di un ricchissimo
industriale olandese e fondatrice dell’incredibile museo che sorge sperduto in mezzo alle
campagne dell’Olanda e che nasconde un patrimonio difficilmente accessibile.
Tra questi artisti spicca il nome di Vincent Van Gogh: nei brevi drammatici anni trascorsi in
Francia, dà alle pennellate un’inedita drammaticità, una forza profonda capace di imprimere forti
emozioni sulla tela. Nel volgere di pochi decenni queste premesse porteranno alla rivoluzione
radicale dell’astrattismo: quello di Piet Mondrian.
La mostra veronese è un’occasione unica per ammirare il patrimonio del Kröller-Müller e le opere
dei grandi artisti in esso contenute.
Grande spazio è dato in mostra anche agli esperimenti scientifici sul colore, ai processi otticovisuali
e alla fotografia, la cui invenzione è legata strettamente alla tecnica divisionista.
LA MOSTRA
La ventata di libertà portata dagli impressionisti scuote il mondo dell’arte: la luce naturale irrompe
nella pittura, l’abitudine di dipingere en plein air porta radicali innovazioni ma ben presto prende
corpo una nuova “rivoluzione del colore”: gli studi di fisica e di ottica, gli sviluppi della fotografia, la
ricerca scientifica sulle modalità con cui l’occhio umano percepisce le tinte, aprono una stagione
sperimentale e innovativa.
La mostra si apre con “l’artista-chiave” del post-impressionismo, Georges Seurat. Pittore dalla vita
breve (muore a soli trentadue anni) e dallo stile raffinatissimo che mette a punto una complessa e
rigorosa teoria scientifica sui rapporti tra luce e colore: nasce così il Pointillisme, l’inconfondibile
tecnica pittorica basata su una fitta picchiettatura di punti di colore divisi e separati, che vengono
“fusi insieme” dall’occhio di chi guarda. In apparenza, si tratta di un esperimento rigoroso e quasi
impersonale: ma il risultato è di una straordinaria poesia, grazie alla pacata immagine del mondo
che Seurat ci offre soprattutto nei paesaggi – tra cui la memorabile Domenica a Port-en-Bessin
(1888) – caratterizzati dalla presenza delle acque di fiumi, mari e canali, dalla luce che scintilla, dai
riflessi delle imbarcazioni e delle case, dalla profondità degli orizzonti che segnano una fase nuova
per l’arte.
Due rari e preziosi disegni (Ragazza. Studio per “Una domenica pomeriggio nell’isola della
Grande Jatte”, 1884-85 e Donna con manicotto, 1884 ca.) mostrano con quale delicatezza
Seurat concepisce ed esprime la figura umana, utilizzando come punto di riferimento l’effetto delle
immagini che affiorano sulla lastra fotografica.
Accanto a Seurat, Paul Signac utilizza magistralmente la tecnica del pointillisme, applicandola a
paesaggi accesi dai toni luminosi e più solari, spesso legati alla Costa Azzurra. Un capolavoro
assoluto è La Sala da pranzo (1886-87) con cui Signac dimostra come questa tecnica
particolarissima di stesura del colore si presti non solo a indagare la natura, ma anche a rivelare
emozioni nascoste, intimità dell’anima, segreti trattenuti.
La seconda sala mette in luce lo sviluppo internazionale del “colore diviso” e l’apertura verso nuovi
soggetti. Nato prima di tutto come metodo d’indagine della realtà, il pointillisme viene applicato
inizialmente ai paesaggi: ne sono un efficace esempio le due vibranti tele di Henri Edmond Cross
tra cui la più rappresentativa è Studio per “Le Ranelagh”: Parco con figure (1889 ca.). Presto,
tuttavia, la tecnica del colore diviso si apre a nuovi scenari. Se ne fa interprete il belga Theo Van
Rysselberghe sensibile, versatile e affascinante pittore della fine dell’Ottocento. In mostra sono
presenti sei tele di questo pittore tra paesaggi marini, nudi femminili e scene familiari, tutte di
grande importanza tra cui, eccezionale per dimensione, luminosità e poesia è la splendida In
luglio, prima di mezzogiorno (1890), un’opera decisiva nello scenario della pittura europea di fine
Ottocento.
Un pagina del tutto particolare è quella del Simbolismo, accompagnato da un ritorno a temi mistici
e religiosi. L’interprete più autorevole di una rinnovata sensibilità cristiana alle soglie del Novecento
è Maurice Denis, che trasferisce la tecnica dei “nabis” (il gruppo di cui Denis era stato tra i
fondatori, insieme a Gauguin) a temi di forte slancio ideale. In mostra anche Johan Thorn Prikker
che parte dal pointillisme per una ricerca di misticismo, in cui tradizionali soggetti sacri – come
Cristo in croce (1891-92) e la Presso la croce (Madonna dei tulipani) del 1892 – vengono
affrontati con uno spirito e uno stile legato al simbolismo internazionale.
In questi stessi anni, in un’altra regione della Francia si consumava la bruciante avventura umana
di Vincent Van Gogh. Due esperienze parallele con esisti sorprendentemente opposti: alla
paziente analisi, Van Gogh contrappone una stesura fremente tradotta in pennellate dense e
appassionate. Affascinato prima dalle luci di Parigi e poi abbagliato dal sole della Provenza, Van
Gogh va oltre l’Impressionismo. Il suo strumento è senza dubbio il colore, steso con colpi forti e
carichi, talvolta quasi spremuto direttamente dal tubetto sulla tela, per proporre una nuova,
drammatica intensità.
Attraverso un gruppo eccezionale di ben otto dipinti e due disegni di Van Gogh, tutti risalenti al
periodo trascorso in Francia (1887-1890), la mostra mette a confronto la visione del mondo serena
di Seurat con quella nevrotica di Vincent: capolavori appassionati come Il seminatore (1888) e il
Paesaggio con fasci di grano e luna che sorge (1889) sono punti di partenza fondamentali per
lo sviluppo dell’espressionismo europeo.
Senza nemmeno accorgersene, Van Gogh sta rovesciando le regole tradizionali della pittura per
conferirle una nuova energia. Lo testimonia in mostra un gruppo di opere di artisti francesi, belgi e
olandesi, chiaramente influenzati dalle pennellate accese dell’olandese.
Uno degli aspetti più significativi dell’uso del “colore diviso” è il cospicuo gruppo di opere legate ai
temi del lavoro e degli sviluppi sociali di un’epoca di rapidi e profondi cambiamenti, con la dialettica
tra città e campagna, sviluppo industriale e dinamiche produttive. Nella veduta parigina di
Maximilien Luce, quale Dintorni di Montmartre, rue Championnet (1887), spicca una ciminiera
fumante che ritroveremo nelle tele di Lemmen (Fabbriche sul Tamigi del 1892) e di Sluijters
(Metamorfosi del 1908).
Una figura significativa è quella dell’architetto e designer di Anversa Henry van de Velde, uno dei
massimi maestri europei dell’Art Nouveau. In mostra i suoi interessantissimi esordi, con studi di
figure umane ma soprattutto con il bellissimo Crepuscolo (1889 circa), in cui la scena è
semplificata in lineari campi di colore.
Con il suo essenziale Ponte a Londra (fine 1888 – inizio 1889), Toorop ci guida verso l’ultima
sezione della mostra, dedicata a uno dei più significativi sviluppi della ricerca sul colore: il
progressivo passaggio verso l’arte astratta.
L’ultimo capitolo dell’esposizione è dedicato alla scelta radicale di Piet Mondrian, che negli anni
della Prima Guerra Mondiale compie il passaggio all’astrattismo, suddividendo il campo della tela
in riquadri di colore. Sono in mostra quattro opere storiche, a partire dal 1913 quali Composizione
n. II (1913), Composizione a colori B (1917), Composizione con griglia 5: losanga,
composizione con colori (1919), Composizione con rosso, giallo e blu (1927).
La mostra racconta come sulla scia dell’Impressionismo nasca il Post-impressionismo che
individua e raccoglie tutte le molteplici esperienze figurative sorte negli ultimi anni dell’Ottocento in
Europa. Mentre sboccia la fotografia, l’estro della pittura diventa ben diverso e decade l’idea
secondo la quale obiettivo dell’arte è il perfetto naturalismo. La pittura deve ricercare un’altra
specificità.
Il Post-impressionismo non è stato uno stile vero e proprio ma ha accomunato artisti i quali a un
certo punto della loro esperienza non potevano più porsi il problema della mera riproduzione: i loro
strumenti diventano così un modo per comunicare qualcosa invece di rappresentarlo.
Nel breve volgere di pochi decenni, le premesse di questo atteggiamento porteranno a rivoluzioni
totali nel campo dell’arte con la nascita delle Avanguardie.