Il festino degli Dei – A più mani. Ma quante? Quando dipingere era un atto collettivo

Giovanni Bellini, Tiziano e Dosso Dossi lavorarono sulla stessa opera.Ma alcuni studiosi ipotizzano anche altri interventi successivi di adattamento anche da parte di Durer e Campagnola. In bottega o presso il committente le convergenze erano più numerose di quanto possiamo oggi immaginare
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Dalì: aragoste come telefoni, orologi di bronzo fusi e kitsch programmatico. Il video delle sculture

 Salvador Dali fuse la metafisica - fu, evidentemente, il surrealista più vicino al mondo di De Chirico - in un forno di immaginazione kitsch che precorse il neo-pop ironico dei nostri anni. Nell'ambito della produzione di sculture e oggetti d'arredamento, Dalì procedette per accumulo formale e sovraesposizione semantica: grosse labbra di donna, invasione di orologi fusi, accese dissonanze cromatiche, aragoste come cornetti del telefono eccetera. Ma lo sapevate che esiste un museo, in Francia, che espone la più bella collezione di sculture dell'artista, nel mondo? Uno spazio dedicato al surrealista, nella sua roccaforte di Montmartre.
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Frida Kahlo vista dall'amante fotografo Nickolas Muray. La storia. Le foto

Nel maggio 1931, Nickolas Muray, (Seghedino, 15 febbraio 1892 – New York, 2 novembre 1965), fotografo di origine ungherese, viaggiò in Messico dove incontrò l'artista Frida Kahlo, (Coyoacán, 6 luglio 1907 – Coyoacán, 13 luglio 1954) una donna che non avrebbe mai dimenticato. Figlio di un postino, Nickolas era emigrato negli Stati Uniti, facendo l'incisore e successivamente il fotografo. Scelse di immortalare le dive ed ebbe fortuna. L'incontro con Frida, che divenne passione amorosa ed amicizia, fu favorito da tanti elementi in comune. Il papà delle pittrice, infatti era un fotografo ungherese come Muray. Tra le più belle e intense fotografie di Frida figurano, appunto quelle scattate da Nickolas, che pose in luce i tratti caratteriali della donna, le sue passioni. E che utilizzò il colore come elemento in grado di fare luce su una donna che viveva in un mondo di divine policromie
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Fiori primaverili di cartoncino. Creano gioia. Come realizzare queste semplici e allegre decorazioni

Le immagini con le quali otteniamo una proiezione psicologica e spirituale, nei nostri spazi personali, contribuiscono notevolmente alla nostra gioia e alla nostra salute. La psiche percepisce trasformando in reazioni fisiologiche le immagini con effetto calmante. Poiché, ad esempio, guardare un prato fiorito è ben diverso che osservare lo stesso spazio sconvolto da esplosioni di bombe?  Serenità e inquietudine. I fiori portano colore e serenità Prosperità. Ritagliamoli nei cartoni colorati. 
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Ihs, trigramma. Un "logo" taumaturgico per due santi. Cosa significa. La potenza nella meditazione

Un sole a dodici raggi, una sigla antichissima e plurisignificante, una complessa simbologia. Il più celebre dei trigrammi fu eletto a proprio “marchio” da due protagonisti della storia della Chiesa: Bernardino da Siena ed Ignazio di Loyola
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Il dna degli uomini primitivi: i segni "innati" sopravvissuti nei ritratti moderni. Mosche, farfalle, libellule, stelle…

L’arte rupestre appare come l’espressione di un linguaggio primordiale, anche se con differenti dialetti, che può essere letto indipendentemente dall’idioma moderno nel quale una persona pensa e comunica. Gli archetipi sono ancora funzionanti e trasmettono messaggi immediati e profondi
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Cos'era la Scuola di Resina? I quadri dei pittori meridionali che si ribellarono all'Accademia. Il video

Resina antica localita' che oggi fa parte di Ercolano, diede il nome all'omonima scuola: un gruppo di pittori in polemica antiaccademica dipinge dal vero, negli anni che vanno dal 1863 al 1867, rifacendosi ai pittori macchiaioli e alla scuola di Barbizon.
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Marica Fasoli, le avventure divine degli origami dipinti

Il realismo è a un punto tale, al di là di se stesso, che i dipinti appaiono davvero carte giapponesi piegate o pezzi di cielo di Giulio Romano dominati da Zeus, brillanti, diamanti gemme geometriche, che spesso assumono i colori déco dei tessuti della de Lempicka. Non ho usato volutamente termini quali trompe-oeil, illusione ottica, inganno visivo. Perchè il fine di Marica Fasoli - pur imponendo sé stessa come virtuosa - non è quello di un prestigiatore che fa apparire o scomparire la materia. In lei si fa avanti questa programmatica nobilitazione dei materiali visivi all'apparenza poveri, ai quali riservare una tale celebrazione ottica da trasformarli in qualcosa che è battuto da un vento-luce divino. Marica Fasoli interpreta il rapporto tra ordine e caos
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