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Radiografia innovativa rivela la presenza di una camera sepolcrale antichissima e segreta sotto il rione Sanità di Napoli


E’ una tecnologia avanzata che viene utilizzata anche in Egitto per scoprire tombe antichissime. A Napoli, sotto il rione Sanità, è stata individuata una camera funeraria sotterranea, posizionando, in una cantina – che nell’Ottocento veniva utilizzata per la stagionatura dei salumi – una macchina che produce radiografie muoniche. La tomba risulta, almeno per ora, inaccessibile, nascosta da rocce e meandri, sotto vecchi palazzi napoletani, ma lo spazio è stato definito, documentato a livello di posizione e ricostruito tridimensionalmente. La scoperta è stata compiuta da un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Napoli Federico II e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), in collaborazione con l’Università di Nagoya. La ricerca è pubblicata sulla rivista Scientific Reports di Nature. Lo studio è firmato da Valeri Tioukov, Kunihiro Morishima, Carlo Leggieri, Federico Capriuoli, Nobuko Kitagawa, Mitsuaki Kuno, Yuta Manabe, Akira Nishio, Andrej Aleksandrov, Valerio Gentile, Antonio Iuliano e Giovanni De Lellis.

A sinistra il tavolo con lastre speciali installato 18 metri di profondità. registrando sulla pellicola il fullo di particelle provenienti dall’altro è in grado di stabilire gli apzi pieni e quelli vuoti. A destra alcune immagini degli ipogei appartenenti al sistema funerario di Neapolis

La camera sepolcrale appartiene al complesso della necropoli di Neapolis costruita dai Greci tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. i cui resti si trovano oggi a circa 10 metri sotto l’attuale livello stradale, in corrispondenza del rione Sanità. “Purtroppo, l’altissima densità abitativa e le caratteristiche urbanistiche dell’area rendono molto difficile procedere con scavi sistematici, ma le ricerche archeologiche svolte, che avevano condotto anche al rinvenimento degli Ipogei dei Togati e dei Melograni, hanno portato i ricercatori a ipotizzare la presenza di ulteriori monumenti sconosciuti” – commenta la redazione di Unina, organo di informazione dell’università napoletana Federico II.

I vuoti e i pieni nel sottosuolo di Napoli, in corrispondenza del punto indagato mostrano la presenza di una struttura che doveva appartenere alla necropoli di Neapolis. Foto dallo sudio pubblicato su Nature

La radiografia muonica, o muografia, è una tecnica che utilizza i muoni, particelle prodotte nella cascata che segue l’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, per ricostruire un’immagine della struttura interna di un oggetto. Il principio è simile a quello delle radiografie, con il vantaggio di poter investigare oggetti molto più grandi e distanti dal punto di osservazione, per la maggiore capacità di penetrazione dei muoni rispetto ai raggi X.

“Per svolgere questa indagine sono stati impiegati due rivelatori di muoni costituiti da film di emulsioni nucleari, speciali lastre fotografiche che consentono di “fotografare” con grande precisione il passaggio delle particelle che le attraversano, registrandone le traiettorie. – spiega l’Università Federico II – I rivelatori sono stati posizionati a circa 18 metri di profondità rispetto al livello stradale, a 2 metri di distanza tra loro, in una antica cantina, utilizzata nel XIX secolo per conservare alimenti. Gli strumenti hanno raccolto dati per circa un mese, catturando circa 10 milioni di muoni, grazie a cui è stato possibile ricostruire una visione stereoscopica degli strati sovrastanti, definendo la posizione tridimensionale di una nuova camera funeraria”.

“La prima sfida è stata ideare un rivelatore di muoni compatto con alta risoluzione angolare, trasportabile in un posto angusto e privo di accesso alla rete elettrica”, spiega Giovanni De Lellis dell’Università Federico II e dell’INFN di Napoli, portavoce dell’esperimento SND@LHC al CERN e tra gli ideatori del progetto. “Il rivelatore che abbiamo sviluppato” – continua – “si basa sulle tecnologie che impieghiamo negli esperimenti di fisica subnucleare al CERN, e ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, che studiano le proprietà dei neutrini e ricercano la materia oscura”.


“I muoni prodotti nell’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera penetrano nei palazzi e nella roccia sottostante e possono attraversarla fino a raggiungere i rivelatori. Tuttavia, a seconda della densità e dello spessore della roccia attraversata, una parte di questi muoni viene assorbita”, spiega Valeri Tioukov, ricercatore dell’INFN di Napoli, che ha coordinato il progetto. “Dal numero di muoni che arriva sul rivelatore dalle diverse direzioni è possibile stimare la densità del materiale che hanno attraversato. Abbiamo trovato un eccesso nei dati che si spiega solo con la presenza di una nuova camera funeraria” conclude Tioukov.

La presenza di ulteriori ipogei funerari ipotizzata per tanti anni viene oggi confermata dai risultati della radiografia muonica”, conclude Carlo Leggieri di Celanapoli, associazione che custodisce questo sito promuovendone il recupero e la fruizione.