Resti di un tempio etrusco dedicato all’acqua di sorgente trovati durante gli scavi del castello di Ceparano

Vestigia etrusche sono emerse a Brisighella, in provincia di Ravenna. In particolare gli archeologi dell'università di Bologna, guidati dal professor Enrico Cirelli, hanno individuato materiali relativi a un tempietto che era forse dedicato all'acqua proveniente da una fonte sorgiva. Oltre a materiale ceramico riconducibile a quell'antica civiltà, i ricercatori hanno portato alla luce un fregio con iscrizioni. L'edificio di culto risalirebbe al V secolo a. C.

Vestigia etrusche sono emerse a Brisighella, in provincia di Ravenna, al Castello di Ceparano. In particolare gli archeologi dell’università di Bologna, guidati dal professor Enrico Cirelli, hanno individuato materiali relativi a un tempietto che era forse dedicato all’acqua proveniente da una fonte sorgiva. Oltre a materiale ceramico riconducibile a quell’antica civiltà, i ricercatori hanno portato alla luce un fregio con iscrizioni. L’edificio di culto risalirebbe al V secolo a. C.

“Le ceramiche che abbiamo trovato in varie parti del sito”, ha spiegato Cirelli al Resto del Carlino -, “in particolare quelle cosiddette ‘a vernice nera’, appaiono simili a quelle riemerse dalle sepolture etrusche di Palazzuolo sul Senio”. “Come tutti i popoli” – prosegue Cirelli – “gli etruschi si espansero sul territorio secondo le proprie esigenze, sfruttando le risorse che giudicavano preziose, e imbattendosi in altre genti. In queste zone vivevano a contatto con gli umbri, una popolazione italica (contrariamente agli etruschi che avevano un’origine preindoeuropea, ndr). La scelta di Ceparano pensiamo fosse dovuta alla presenza di una risorgiva. Il santuario da cui proviene quel fregio – che originariamente doveva essere collocato immediatamente al di sotto dell’architrave del tempio – è ipotizzabile fosse dedicato al culto di una divinità legata al mondo delle acque”.

“Il castello di Ceparano (castrum Cipariani, oppure Ceparani o ancora Cipriani) – è scritto nella scheda analitica dell’Università di Bologna – si trova al di sopra di uno sperone roccioso in calcarenite (spungone), posto nelle vicinanze del Rio Crete sulla destra idrografica del fiume Marzeno, un tributario del Lamone, sulle prime alture appenniniche nelle vicinanze di Faenza. La prima menzione del toponimo risale all’anno 965, in un documento dell’Archivio del monastero di S. Andrea Maggiore e poco dopo, nel 970, nell’Archivio arcivescovile di Ravenna. Il castello era forse una delle proprietà di Ängelrada figlia del comes palatii ravennate, e in seguito risulta tra le proprietà del monastero di Santa Maria del Sacro Palazzo. Nella metà del XII secolo apparteneva ai Guidi. Probabilmente già a partire dal XII secolo viene realizzata una zona signorile, forse una Rocca sull’altura del sito. Nel 1167 il castello di Ceparano fu parzialmente distrutto dai Faentini che lo contesero alla potente famiglia toscana per tutto il Medioevo, alternandosi con nuove fortificazioni e distruzioni”.

“Oltre al castello nelle testimonianze scritte vengono anche menzionate diverse abitazioni e strutture che dipendono dal fortilizio ma che si trovano all’esterno. – scrivono gli studiosi dell’Università di Bologna – + Nel 1258 per esempio la comunità del Monte di Ceparano viene costretta a demolire dal podestà faentino il castrum e tutte le strutture fortificate e a ricostruire il castello e la pieve in una diversa posizione e le abitazioni “in loco qui non sit in fortiliciis”. La fortificazione passò nelle mani dello stato pontificio (sotto il controllo del cardinale Albornoz), come gran parte della Romagna ma poco dopo ne entrarono in possesso i Manfredi che lo occuparono fino al 1467. Il più importante esponente di questa famiglia che intervenne all’interno dell’insediamento fu Astorgio Manfredi che vi fece edificare un’imponente torre, come indica un’epigrafe del 1378, dotata di becco a scarpa e pianta ogivale, adatta per le nuove tecniche di assedio con armi da fuoco.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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