Le paludi nord europee – ma probabilmente anche quelle dell’Europa centro meridionale, nelle aree celtiche – furono luoghi di sacrifici umani o di esecuzione di sentenze.
La maggior parte dei resti di defunti deposti in queste aree ebbe una morta violenta. Queste, in sintesi, le conclusioni che possono essere ricavate da uno studio compiuto da un gruppo di ricerca sui dati raccolti in 266 siti, relativamente a più di 1000 individui, in un arco di tempo molto ampio, compreso tra il 9000 a.C.-1900 d.C.
Lo studio, pubblicato da Antiquity e dall’Università di Cambridge, è firmato da Roy van Beek – studioso di Geografia del suolo e gruppo del paesaggio, Università di Wageningen, Paesi Bassi – Cindy Quik – Geografia del suolo e gruppo del paesaggio Università di Wageningen, Paesi Bassi – Sofia Bergerbrant – Dipartimento di Studi Storici, Università di Göteborg, Svezia – Floor Huisman -Drents Museum, Assen, Paesi Bassi – Picne Kama – Consiglio Nazionale del Patrimonio dell’Estonia.
“I risultati di questo studio – affermano gli autori della ricerca – contribuiscono ai dibattiti in corso riguardanti i processi e le motivazioni sottostanti potenzialmente dinamici e diversi relativi al “fenomeno dei corpi di palude”.
Più in generale, forniscono nuove informazioni sul modo in cui le società preistoriche e protostoriche dell’Europa settentrionale percepivano le paludi e altre zone umide e il ruolo che questi luoghi svolgevano nelle pratiche relative alla morte e alla sepoltura”. Elementi legati anche alle culture e alla loro evoluzione. Il numero di mummie di palude aumenta fortemente dal 1000 a.C. in poi ciò significa che si è instaurato un mutamento.
“Si è discusso molto del motivo per cui i resti umani sono stati depositati nelle paludi. – proseguono gli studiosi – Le ipotesi possono essere suddivise in cinque categorie 1) i resti di sacrifici rituali a poteri soprannaturali, ad esempio per la fertilità o il successo agricolo; 2) sepolture di individui deceduti (e talvolta giustiziati) che avevano trasgredito le convenzioni sociali e non potevano essere sepolti in un cimitero “normale”; 3) vittime di atti criminali; 4) usanze funerarie “devianti”; o 5) morti accidentali in circostanze pericolose (ad es. annegamento). Poiché queste spiegazioni possono in parte sovrapporsi, un approccio contestuale è la chiave per interpretare i singoli reperti”.
“Mettendo da parte le morti accidentali, le prove significative di morti violente e il gran numero di siti ripetutamente utilizzati fanno presumere con certezza che la maggior parte dei ritrovamenti di resti umani nelle paludi riflettano deposizioni intenzionali. dicono i ricercatori -.
Sui 1000 casi presi in esame è stato possibile stabilire le cause di morte per 57 individui. In ben 45 casi, i corpi o i resti presentano segni di violenza.
Tra i numerosi casi, quello della donna Stidsholt, la cui testa mozzata, scoperta nel 1859, è conservata al Museo di Copenaghen. Questo reperto – non ancora sottoposto a datazione – dimostra che la giovane donna fu decapitata da un colpo alla terza e quarta vertebra.
E’ difficile dire se le vittime di esecuzioni o di riti sacrificali fossero deposte nelle paludi affinché i loro resti fossero lontani dalla comunità o se i riti avvenissero proprio presso gli stagni e i corpi fossero poi deposti nel luogo del sacrificio stesso.
Interessante, a tal proposito, una scoperta delle scorse settimane avvenuta a Egedal, in un’ex zona paludosa della Danimarca. Si tratta di un essere umano che fu probabilmente sacrificato, durante il Neolitico. Numerosi reperti portati alla luce, in passato, indicano che, nell’antichità, l’area della palude era un luogo utilizzato per sacrificare oggetti, animali e persone.
Una sorta di santuario in cui portare le offerte propiziatrici alle divinità che si muovevano tra le coltri nebbiose e l’ambiente sinistramente sonoro della palude stessa. L’articolo relativo a queste recente scoperta è qui sotto.
https://stilearte.it/var/www/vhosts/stilearte.ithttpdocs/un-sacrificio-umano-nella-palude-durante-gli-scavi-trovati-i-resti-di-una-vittima-sacrificale-del-neolitico/